Il bingo degli assegni familiari

Gentili Ministri,
da oltre sette anni lavoro per un Ente locale, dopo aver lavorato per circa dieci anni come “libero professionista senza garanzie”, ovvero come atipico/precario; da 13 anni sono padre e da sei sono sposato. Prima di essere un lavoratore dipendente consideravo l’assenza sostanziale di forme di riconoscimento e sostegno economico alla mia condizione di genitore come un portato “naturale” della mia “scelta di libertà”, inoltre non ero sposato e quindi – pensavo – lo stato non vuole darmi nulla perché io non mi sono impegnato a costruire una “vera famiglia”.
Questo accadeva prima del 2000, ancora si parlava poco di atipici e di stabilizzazione, tanto meno di Dico, Pacs ecc. Poi mi sono allineato: il matrimonio e un lavoro stabile! Adesso – pensavo – sono membro della società a tutti gli effetti avrò quello che mi spetta!


Ma non conoscevo in maniera approfondita la legge 153/88 che all’articolo 2 comma 10 dice che gli assegni famigliari spettano solo se il reddito famigliare complessivo è costituito per almeno il 70% da redditi da lavoro dipendente… questa apparentemente innocua formuletta ha fatto sì che al variare della tipologia di contratto mio o di mia moglie di accendesse o si spegnesse la benevolenza dello stato/datore di lavoro. Risultato su tredici anni di anzianità come genitori abbiamo avuto assegni famigliari per un totale di tre anni (due io non consecutivi e uno mia moglie).
In particolare fa riflettere il fatto che se non avessi deciso di sposarmi (rimanendo nell’aborrito limbo delle coppie di fatto) avrei potuto avere gli assegni con continuità da quando sono stato assunto come dipendente (o meglio dall’anno successivo visto che il reddito che viene valutato è quello dell’anno precedente); fa riflettere il fatto che se nel 2006 avessi guadagnato poco di più (ad esempio avendo l’agognato rinnovo del contratto) nel 2007 avrei avuto diritto agli assegni; fa riflettere il fatto che se mia moglie non fosse stata costretta ad aprire partita Iva (avete in mente i precari/atipici dei nostri tempi…) per poter continuare a lavorare ma avesse un normale contratto di lavoro potrei prendere o potrebbe prendere lei l’assegno; fa riflettere infine che stiamo parlando di una erogazione di circa 400 euro all’anno (almeno questo è quanto ho ricevuto l’ultima volta che ne ho avuto diritto).
Penso che sarebbe ora di rivedere tale norma che non ha più alcun senso se si pensa alla realtà del mercato del lavoro italiano ed è assolutamente contraria a quanto proclamato da ogni politico italiano a proposito della volontà di sostenere le famiglie.
(Giovanni Daniele)