Gelmini – Studenti in piazza e scheletri nell’armadio

I quotidiani scrivono da settimane della protesta contro la riforma Gelmini. Dopo anni di buio le manifestazioni studentesche hanno contribuito ad accendere i riflettori su ogni settore della scuola, a cominciare da quella primaria. Maestre, bambini, genitori hanno unito le loro ragioni a quelle degli studenti. Lo stesso hanno fatto i ricercatori e la popolazione dei precari. Nel movimento degli studenti si sono affacciati anche docenti e rettori universitari, quelli almeno che hanno finalmente capito che rischiano di assistere in tempi brevi alla smobilitazione delle università dove insegnano e che governano. Si sa già quando avverrà: tra l’inverno e la primavera del 2010 buona parte delle università dovranno dichiarare lo stato di insolvenza ed essere commissariate (Repubblica 30 ottobre “Il funerale dell’università”).


Professori e rettori – almeno una parte di loro – si sono ricordati che hanno per legge oltre l’obbligo della docenza anche quello del governo; per l’università la legislazione italiana prevede l’autogoverno. In verità se lo ricordavano benissimo e alcune pubblicazioni recenti sull’uso familiare, parentale e affaristico delle cattedre universitarie, sugli scandali relativi al patrimonio edilizio delle università, sulla manipolazione dei concorsi di ogni ordine e grado mostrano l’uso osceno che ne è stato fatto e le complicità – anche politiche e sindacali – di cui hanno goduto.
Ma inchieste brucianti, libri, denunce, lettere ai giornali avrebbero avuto una eco modesta se qualche settimana fa “l’onda” non avesse cominciato a muoversi. Solo grazie al movimento degli studenti è possibile leggere le denunce del malaffare ministeriale e di quello universitario senza provare nello stesso tempo vergogna e sconforto. Il movimento degli studenti ha obbligato politici e sindacalisti a misurarsi dal vivo con problemi di cui a malapena conoscevano l’esistenza. Ha mostrato la polvere sui documenti prodotti più per giustificare il proprio stipendio che per volontà di affrontare la scuola malata. Se giorno dopo giorno centinaia di migliaia di ragazzi hanno preso a riflettere e a confrontarsi sulla loro vita d’oggi e di domani il merito è solo del movimento degli studenti. Una discussione emozionante per un paese che vive nel balbettio politico.
Sono in molti a tirare per la giacca il movimento degli studenti. Ci sono i disinteressati che hanno capito e apprezzato e si vogliono unire ma ci sono anche quelli che pensano che gli servirà a fare cassa o quelli che vorrebbero decidere già da ora dove affondare i paletti col cartello “non oltre”. Tra coloro che hanno segnalato questi rischi il pezzo più bello l’ha scritto (Repubblica 21 ottobre ’08) Adriano Prosperi docente di Storia dell’età della Riforma e della Controriforma presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Parlando della sua generazione, solidamente abbarbicata a cattedre, ministeri e seggi di vario tipo ha scritto che gli studenti dovrebbero guardarsi dalle pacche sulle spalle che vengono dai loro docenti. E che “il loro eventuale appoggio andrebbe esorcizzato come una minaccia da chi vuole veramente che la scuola e l’università italiana riprendano la loro funzione di cuore pulsante della società.” (clicca qui per leggere l’articolo di Prosperi)
(Manlio Calegari)