La laurea a Kung. La filosofia secondo Bertone

Il “Settimanale diocesano” su cui il cardinal Bertone ha garbatamente stigmatizzato la laurea honoris causa in Filosofia concessa dalla Facoltà di Lettere ad Hans Kung è un mezzo di informazione che il nostro Osservatorio dovrebbe mettere nella lista dei soggetti da considerare con la massima attenzione.


Non solo per cogliervi le linee culturali e politiche del governo della Chiesa genovese. Ma anche per uno spaccato del pubblico che lo legge e quindi ne assorbe in qualche modo i suggerimenti e le direttive. Su questo faccio un’ipotesi.
Il cardinale ha messo in dubbio che Kung sia un buon filosofo con questo logicismo di scuola: Kung afferma che anche quando parla di Dio il linguaggio dell’uomo non può che farlo con i propri limiti e imperfezioni e quindi non può pretendere di enunciare verità assolute. Ma allora, obietta il cardinale, anche questa affermazione di Kung non è una verità assoluta, contiene delle imperfezioni e perciò non è filosoficamente solida.
Non sto al giochetto che ci imporrebbe di dimostrare che, se invece Kung avesse detto che l’uomo può enunciare verità assolute, il suo ragionamento non sarebbe stato per questo meno confutabile, e passo subito a una domanda. Il lettore del “Settimale diocesano” è così sottilmente “loico” come il diavolo di Dante da cogliere in pieno pregi (e magari anche difetti) dell’acuto argomentare del Cardinale? Se così fosse, me ne rallegrerei molto, perché un tale tipo di lettore sarebbe a sua volta perfettamente in grado di notare la leggerezza dell’argomentazione di Bertone e comunque vorrebbe dire che un pubblico di colti e intelligenti sfoglia le pagine di un Settimanale che è, lo dico a scatola chiusa, certo meglio di “Panorama”. Ma se così non fosse? Se i lettori del “Settimanale” fossero pie donne che in genere vi cercano buoni consigli, considerazioni morali, informazioni pratiche, allora la sottigliezza del cardinale a chi era rivolta?
Facile rispondere: ai mass media genovesi, ai lettori dei quotidiani di politica e cronaca, ai professori dell’Università locale. Ma sorgerebbe una nuova domanda: alle pie donne, allora, cosa voleva dire il cardinale? Di non andare a sentire Kung? D’accordo: ma perché farglielo sapere in modo così difficile per loro e offensivo per lui? Sarebbe bastato l’elenco delle condanne inflitte al teologo tedesco dal Sant’Uffizio e la cosa sarebbe stata più semplice e più chiara. Uno può essere teologicamente non ortodosso, ma non demeritare per questo una laurea in filosofia. Forse si potrebbe fare una controprova: prendere un teologo non condannato, ad esempio uno che abbia sostenuto che Silvio Berlusconi è l’Unto del Signore, e dargli una laurea honoris causa in filosofia e vedere che succede…
(Vittorio Coletti)