Porto – La difficile rotta verso la trasparenza

Perché è così difficile farsi una opinione a proposito del porto di Genova? E perché è difficile vista la massa di articoli che sulla stampa quotidiana compaiono quasi giornalmente a proposito di questa materia? E quali sono le ragioni di contrasto tra i vari gruppi di interesse e relativi gruppi professionali che operano in porto? E sarà vero quanto per l’ennesima volta ha annunciato Repubblica (4 marzo ’09) che “L’intesa non è più un miraggio” e che addirittura è “a portata di mano” (8 marzo ’09)? E perché è stato necessario che fosse il prefetto a convocare settimanalmente, da soli o a gruppi, i rappresentanti delle categorie portuali (Compagnie, Sindacati, Autorità portuale, Terminalisti e altre operanti in porto) per sapere cosa pensavano?


E che cosa è cambiato nelle posizioni di costoro che li avrebbe convinti ad accordarsi inducendo così Repubblica a scrivere che la soluzione sia a portata di mano? Ci sono stati e ci sono altri tavoli di trattativa oltre quello ufficiale che è andato avanti per settimane in prefettura? E quali e a favore di quali accordi? E chi ha giocato e sta giocando per arrivare all’ultimo minuto dell’ultima ora dell’ultimo giorno utile – il 31 marzo 2009 – della scadenza del bando di gara relativo alle prestazioni di lavoro temporaneo nel porto di Genova? E perché da parte di quasi tutti i soggetti – tra le eccezioni la Sindaco – tante manifestazioni di ostilità verso il bando e l’adempimento di legge? E perché da parte degli stessi tanta nostalgia per i tempi andati e il “patto del lavoro” che dal 2002 e a tutt’oggi regola l’organizzazione del lavoro del porto di Genova? E perché nel 2002 le Imprese terminaliste e le due Compagnie portuali genovesi (la Compagnia Unica operante nelle Merci Varie e la Pietro Chiesa operante nelle rinfuse solide), erano arrivate a siglare tra loro quel “patto” – ratificato nello stesso anno da un decreto dell’Autorità portuale (trasmesso al Ministero dei Trasporti) e integrato nel 2004 a seguito di un ulteriore accordo? E visto che una legge che regolava la materia esisteva anche allora qualcuno poteva dubitare che il “patto” servisse solo ad eluderla? E quali erano le ragioni, gli interessi a sostegno del “patto”? E di chi in particolare?
Una buona raccolta di materiali per rispondere a queste domande si trova su www.portogenova.blogspot.com e su economiadelmare.splinder.com. Più difficile invece farsi una opinione sulla natura degli scambi passati e in corso in termini di quattrini, potere e politica. L’inchiesta sulle aree demaniali occupate abusivamente, gli accordi pasticciati per l’occupazione di terminal, i pagamenti per cassa integrazione di dubbia attribuzione e altre marachelle, è in corso da oltre due anni e la risposta delle categorie portuali è stata solo di negare o minimizzare. Che fosse quella la materia del famoso “patto”?
(Manlio Calegari)