Migranti – Liguria ultima per “integrazione”
E’ ufficiale: nessuno in Italia accoglie a braccia aperte la massa di migranti che riempiono sempre più i nostri cantieri e le nostre case: nel migliore dei casi sono sopportati come un male necessario. Sono questi i sentimenti del nostro paese su cui ha scavato il sesto rapporto del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro www.cnel.it) che misura l’indice di integrazione degli immigrati in Italia. Stabilito che gli immigrati sono in generale poco graditi – si legge nel rapporto – quali sono le regioni e le province italiane che hanno verso di loro un atteggiamento costruttivo? Che ne facilitano l’integrazione con misure diverse (assistenza sanitaria, politiche abitative, scolastiche e simili)?
La risposta è che “La Liguria è la regione del Nord in cui per gli immigrati è più difficile integrarsi” (Repubblica 21 febbraio 2009). E la causa non sta nella scarsa “attrattività” della nostra regione o l’insoddisfazione (dei migranti) per l’inserimento occupazionale – che c’è ma non è questo che fa la differenza. E’ invece dovuta al fatto che l’inserimento sociale in Liguria – rispetto alle altre regioni – risulta a livelli minimi a cominciare dalla abitazione dove risultano gli affitti più cari e le discriminazioni più pesanti. Poi c’è la dispersione scolastica, il basso numero di naturalizzati, il basso numero di ricongiungimenti familiari. Nella classifica per province l’ultima è La Spezia, penultima Genova e, poco più sopra Savona e Imperia.
Questo dicono i numeri: la regione del centro sinistra, con tre province su quattro di centro sinistra, con le ben note tradizioni antifasciste e resistenziali, con sindacati prestigiosi e densi di orgoglio operaista, è agli ultimi posti in Italia – dove nessuna regione brilla particolarmente in materia – per l’accoglienza degli stranieri.
La notizia pubblicata con un titolo a piena pagina non è stata giudicata, nei giorni successivi, degna di alcun commento da parte dei protagonisti dell’economia e della politica locale. Come se il rapporto del Cnel parlasse d’altro.
(Manlio Calegari)