Terremoto – Chi salverà i ragazzi dal cinismo dei grandi?

Scorrendo gli elenchi degli scomparsi all’Aquila e le loro date di nascita, leggi che molti sono ventenni, studenti. La loro Casa è la metafora d’Italia, che coccola i suoi cuccioli, piccoli o adulti, con cellulari, pizzerie a gogò, lavanderie, bar e un’ accoglienza fatta di muri di sabbia, quando non sono affitti da 200 o 300 euro per letto mensili. Vengono da tutto il Sud per Economia, Medicina o Ingegneria, una “eccellenza”, con genitori che fanno la spola con olio e formaggi per far dimenticare la pasta incollata della mensa universitaria. Ma non riescono a proteggerli da amministrazioni avare che delle opere pubbliche apprezzano solo visibilità “politica”.


Siamo sempre a spronare i giovani a non impigrirsi, ad andare a studiare qualche paese più in là, ma non consideriamo la disattenzione permanente con cui vengono ospitati; trattati a volte con fastidio perché rumorosi, fanno confusione, occupano spazio. Li si dovrebbe guardare come un investimento, il flusso d’intelligenza che un giorno si trasformerà in una grande forza. Invece da una società che pensa che ormai solo al presente, li ignora o sottovaluta. Sono 27 mila gli studenti all’Aquila su 72 mila abitanti. Una grande industria, quasi considerata sotto traccia: non è una Fiat, eppure è una ricchezza per una città povera d’imprese, dove tanti sono emigrati.
In quell’elenco avrebbe potuto esserci Alessandro R. di anni 24, genovese, laureatosi a Natale in Scienze Infermieristiche, un modo più elegante per essere un po’ più di un infermiere, un operatore sanitario, una delle poche speranze che ancora ci sono a Genova per lavorare. Aveva fretta di concludere Alessandro, non è un figlio di papà, è il figlio piccolo, suo fratello già lavora, la mamma è casalinga, il padre impiegato in pensione. Non voleva continuare a stare sulle croste e sapeva che nella sanità si cercava personale: lui è un tipo paziente, ha sempre fatto volontariato nell’assistenza. Le suore che gestiscono il tirocinio per l’Università qui a Genova però, pare facciano un sacco di storie, lungaggini, non hanno fretta come lui che fra esami complicati come a medicina, pratica e portare pizze, non ha tempo da perdere. Cosi Specialistica all’Aquila, camera a Coppito, sotto con gli esami e laurea non a primavera, ma con tre mesi di anticipo, dopo il tirocinio nell’o spedale che è crollato.
Una grande festa poco tempo fa e gli amici stranitio adesso a farsi incontro, ad abbracciarlo di sfuggita appena lo vedono, a chiedergli “Ma era proprio lì che abitavi, dove c’è stato il terremoto?”. E lui, un po’ infastidito, inquieto a domandarsi perchè, laurearsi tanto di corsa, cos’ era questa frenesia che gli aveva preso. Chissà: forse era stato un angelo custode a pungolarlo, non mamma o papà o i pochi soldi in tasca o l’ansia d’essere indipendente. Ecco perché Alessandro non è nell’elenco: sta già lavorando in ospedale con i bambini, per garantire la pensione a quelli che non hanno vigilato né su di lui né sui tanti che hanno lasciato i sogni sotto le macerie.
(Bianca Vergati)