Assistenza – L’emergenza anziani in una città di vecchi
In una città di vecchi l’assistenza agli anziani può considerarsi una emergenza? Dal fatto che la stampa non se ne occupi mai la risposta dovrebbe essere no. Eppure il quadro è nero: posti letto largamente insufficienti; enti pubblici che si ritirano dalla erogazione diretta dei servizi e si dimostrano sempre meno interessati e capaci di regolare e controllare un sistema per il 70% gestito da privati; vita difficile per chi cerca di dare un buon servizio a costi equi e un contratto di lavoro decente al personale; ottimi guadagni per chi scarica i costi su utenti e dipendenti; tempi medi di attesa per un ricovero definitivo in regime di convenzione che si aggirano sui 18 mesi.
Il tutto in una città sempre più vecchia. Tra 2001 e 2008 (Repubblica 31 marzo 2009) a Genova l’età media è cresciuta dai 46,6 ai 47,1 anni; la percentuale delle persone con più di 75 anni è aumentata del 14,7%. Genova, da qualche tempo città della domenica, è sempre più una città a due velocità, in crescita e ringiovanita nei quartieri dove si concentrano gli immigrati, della vecchiaia e della solitudine negli altri: quasi centomila le persone che vivono sole, la metà di loro ha più di 65 anni, le donne anziane sole sono 40 su 100. La solitudine: a volte è una scelta autonoma, serena, tranquillizzante, che mette d’accordo figli e parenti. Fino a quando – spesso da un giorno all’altro – l’equilibrio si spezza. E’ allora che scatta l’emergenza, e ci si scopre a doversi arrangiare, soli, in confusione e senza informazioni.
In teoria (lo prevedono le leggi regionali) il cittadino dovrebbe trovare in ogni distretto un “Polo di assistenza socio sanitaria” cioè un servizio unificato che mette insieme le competenze e i servizi del comune con quelli della Asl3, ma i bene informati (ad esempio Marina Pettini della Direzione distretto 2 ASL3) dicono che è vero solo sulla carta. Comune e Asl, nei fatti, vanno ognuno per la propria strada.
Il cittadino che per orientarsi nella selva delle proposte e dei costi assistenziali si rivolga a qualche sportello pubblico riceverà solo un elenco di nomi, e con quello in mano si dovrà affidare al telefono e alle peregrinazioni. Non esiste un elenco delle strutture convenzionate con la specificazione: a) della retta a carico dell’utente; b) dei servizi compresi e dei servizi esclusi da questa retta; c) di una valutazione della qualità complessiva del servizio assistenziale e sanitario.
Lo ha scoperto stupita, all’inizio dell’estate 2008, anche Michela Costa (all’epoca direttore generale del Brignole) che per confrontare le tariffe del suo istituto con quelle degli altri dovette ricorrere ad uno stratagemma. Incaricò un collaboratore – presentandosi al telefono come parente di una novantenne non autosufficiente – di mettersi in contatto una per una con le altre 30 strutture convenzionate. Semplice no?
(Paola Pierantoni)