Iran – Senza un filo di paura

“Al fondo del mio cuore sento che succederà una cosa buona, sento che cambierà… No. Non possono durare così tanto”
Il fondo del cuore di questa donna iraniana – a Genova da più di cinque anni – è negli occhi neri luminosi e pacati. “Sono contenta che un’azione sia iniziata… Non se ne poteva più”.
Lo dice senza un filo di paura.
Lui, che le è accanto, precisa: “Normalmente un colpo di stato viene fatto contro un governo. In Iran il colpo di stato è contro la gente. Il 90% della popolazione è insoddisfatta. Adesso che un movimento è partito non sarà più come l’anno scorso o cinque anni fa”.


Gli iraniani a Genova sono circa trecento. Impiegati, medici, universitari. Dietro ad ogni persona prende corpo, nelle parole di B e A, una famiglia. Non un singolo medico, o un funzionario ma la famiglia che da quel posto trae sostentamento. “Nella sanità? Ci sono otto, nove famiglie. In alcune società sono presenti quindici famiglie”. Amici e genitori stanno bene, li sentono dall’Italia senza troppe difficoltà. B e A, al loro rientro in Iran, rischiano l’arresto per aver partecipato a manifestazioni in Europa. Ma è un costo previsto per la democrazia che hanno già messo in conto. E osservano: “Siamo in quattro milioni sparsi in tutto il mondo. Ci potranno arrestare tutti al nostro ritorno?”.
La formula basata sull’incapacità di un governo di imprigionare tutti i propri oppositori viene così applicata anche all’interno dei confini iraniani: “Non potranno arrestarli tutti. Le loro famiglie farebbero sentire la loro voce”. Capiscono però che è necessario trovare delle modalità di lotta meno rischiose della strada. Sanno dell’opposizione che dai tetti di Teheran, di notte, canta e grida “Allah akbar” – Dio è più grande – ma si scambiano sguardi solidali alla ricerca di altre soluzioni.
“Allah akbar lo dici contro il dittatore, per dargli il segno che sei contro di lui. La religione quando si mischia con la politica perde la sua sacralità. La religione dice di essere buono, di non far male agli altri…”. La libertà in Iran è nelle feste private e raccontano di milioni di persone scontente. Il danno economico di anni governo di Ahmadinejad è pari a quello dato dalla guerra Iran – Iraq. “Nel passato la frutta iraniana era famosa per la sua qualità. Adesso nei mercati il 90% è frutta straniera”. Il governo tende ad arricchirsi, alle spalle dei lavoratori. “Se tu parti dalla frutta immagina cosa stanno facendo del resto!”.
La comunità internazionale è stata troppo timida nell’opporsi, ma l’Iran possiede troppo petrolio e soldi, per questa ragione da cent’anni è alla ricerca di democrazia e libertà senza trovarle.
Ma in Iran spiega B, pensando a Persepolis della Satrapi, “il nero c’è, ma non è tutto così nero come nel film”. In città si può conoscere l’Iran anche grazie Pasargard, associazione culturale, nata con lo scopo di avvicinare la cultura persiana ai genovesi e di aiutare gli studenti provenienti dall’Iran. A programma iniziative in occasione delle feste di Ialda – in dicembre la notte più lunga dell’anno – e di Chahar Shanbeh suri – la festa del fuoco, l’ultimo martedì dell’anno e anche per Nouruz – festa di primavera. I colori velati dell’Iran passano anche da qui.
(Giovanna Profumo)