Telecamere. Siamo tutti (o quasi) sorvegliati e contenti

“Truffe ad anziani, presa ventenne” titolava placido il Corriere Mercantile (10/11/1004) qualche settimana fa. Ma era il sommario a meritare un balzo sulla sedia: “Incastrata dalle immagini registrate in una banca di Quinto”. Ma allora è vero? Le telecamere funzionano??
Un passo indietro.


Solo una settimana prima all’assessore provinciale alle Scuole, Eugenio Massolo, era arrivata una richiesta di chiarimenti da parte di Stefano Rodotà, il Garante della Privacy. A rendere Genova particolarmente interessante per l’autorità romana era stato il caso delle sette scuole superiori che avevano deciso di utilizzare sistemi di videosorveglianza per controllare gli ingressi e le uscite, nonché altri spazi dell’edificio. Il problema – almeno per il Garante – era capire se le telecamere fossero usate solo di notte o anche durante lo svolgimento delle lezioni, come avveniva ad esempio – almeno secondo Repubblica (4/11/2004) – al Convitto Nazionale Colombo di via Bellucci. “Perché sono in funzione di giorno?” si domandava il sommario della stessa La Repubblica. Un amletico “perché sono?”, invece, nessuno sembrava doverselo chiedere. La ragione per cui ci fossero delle telecamere in una scuola sembrava più che altro la conseguenza di una catena (il)logico-burocratica. Riduzione del personale della scuola, conseguente diminuzione della sicurezza e del controllo dell’edificio, conseguente aumento della paura delle famiglie, conseguente richiesta di videosorveglianza da parte delle stesse ai presidi. Almeno a ricostruire l’origine di questi sette “grandi fratellini” nostrani dalle dichiarazioni di Massolo: “C’è da tenere presente che con il calo del personale ausiliario, dei bidelli che non sono stati riassunti, ciascun capo di istituto si è trovato nella difficoltà di poter controllare gli spazi comuni. La telecamera, perciò, se utilizzata nel giusto verso, diventa un elemento di sicurezza per gli stessi alunni. D’altra parte la richiesta di sorveglianza arriva anche dalle famiglie…”.
Un altro passo indietro. Un passone.
Qualcuno ricorderà la questione telecamere sì/ telecamere no nel centro-storico. Siamo nel 2002. La Regione Liguria stipula un protocollo d’intesa con la Questura e ARTE (Azienda Regionale Territoriale per l’Edilizia) per installare un sistema di videosorveglianza nel centro storico “più grande d’Europa” (non perdiamo mai occasione, noi genovesi, di ricordarlo; così lo ricorda, quasi come una excusatio non petita, anche il protocollo…). Anche in questo caso, si precisa nella delibera della Giunta, la richiesta di sicurezza arriva dai cittadini. Alla fine le telecamere sono state installate. Ventiquattro. Costo complessivo di realizzazione (leggiamo sulla delibera della giunta): 600 mila euro. L’aspetto interessante è che per quanto riguarda la privacy il responsabile dei dati è la Questura.
Torniamo avanti.
Ottobre 2004: un’altra delibera – ma questa volta del Comune – prevede di installare altre sette telecamere in centro storico. Costo: 199 mila euro. Anche in questo caso l’obiettivo è la “riqualificazione”.
Ancora un passo in avanti.
Negli Stati Uniti esistono dei siti Web (uno fra tutti, www.parentwatch.com) che permettono ai genitori di monitorare continuamente i propri figli in centinaia di asili attraverso il generoso controllo delle telecamere. Il miglioramento della qualità – di vita, dell’insegnamento, del lavoro – passerà dunque attraverso l’occhio di un piccolo grande fratello? Ad esser già passata, per ora, è la sua ristretta visione.
(Carola Frediani)