Crocifissi – Un pò di storia dalla Moratti ad oggi

La stampa, con maggiore o minore dettaglio, ha ricordato l’antefatto della vicenda su cui si è recentemente pronunciata la Corte europea: un ricorso di una cittadina finlandese da molti anni in Italia, contro l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, depositato il 25 settembre del 2002 al TAR del Veneto.
Non è stato ricordato invece che il 3 ottobre di quello stesso anno il ministro Moratti aveva emanato una circolare che reintroduceva obbligatoriamente il crocefisso nelle aule scolastiche in cui, nel corso degli anni, era stato tolto o non era stato messo.
La destra immediatamente esultò e trovò in Baget Bozzo il suo portavoce: “Difendere il crocifisso vuol dire ergersi a difesa non solo di una confessione, ma della civiltà dell’Occidente. La cosa è tanto più significativa perchè il fondamentalismo islamico presente negli immigrati maghrebini ha spinto gli islamici a chiedere la rimozione del crocifisso dalle aule, cosa che gli assessori della sinistra hanno concesso”.


Critiche alla circolare della Moratti vennero invece da alcuni partiti (Verdi, Rifondazione Comunista, P.D.), e da soggetti laici e religiosi (comunità ebraiche, Unione degli atei, Centro Culturale Islamico di Roma, cattolici di base, Federazione delle Chiese evangeliche, Protestanti, Unione degli Studenti).
A seguire, il 15 ottobre 2003, ci fu il ricorso di Adel Smith, cittadino italiano di religione islamica. Il clima si infiammò: le tensioni internazionali in rapporto con l’Islam erano alle stelle, e non aiutò la modalità poco equilibrata e aggressiva con cui si poneva questo signore, non a caso intervistato in lungo e in largo giocando sull’equivoco del suo ruolo di presidente di una “Associazione dei musulmani italiani” che contava in realtà cinque (di numero) iscritti, e non era affatto rappresentativa della realtà islamica italiana.
A ricostruire la memoria di questi antecedenti ci aiuta uno studio realizzato a Genova nel 2004, nell’ambito del progetto europeo “E.M.D.G.S. European Managing Diversity Gold Standard”. Capofila era la Hallam Sheffield University, partner italiano del progetto la Cgil di Genova. Lo scopo era formare i dirigenti di imprese pubbliche, private e del privato sociale alla “gestione delle diversità” .
La tesi era che un mondo sempre meno omogeneo a causa delle migrazioni e della conquista di nuovi diritti da parte di chi prima ne era escluso, richiedesse la capacità di gestire queste diversità senza creare esclusioni e conflitti. Tra gli “studi di caso” richiesti ai partners, la questione del velo islamico nelle scuole, e il “caso del crocifisso” che aveva avuto molta visibilità anche sui media stranieri.
Nello studio della Cgil si osservava che in giro per l’Italia “la questione si stava gradatamente e silenziosamente risolvendo nella coscienza collettiva”, mentre la circolare del ministro la aveva intenzionalmente drammatizzata, favorendo lo schieramento delle truppe e mettendo un sacco di gente in imbarazzo e difficoltà.
(Paola Pierantoni)