Crocifissi – Come si misura la laicità di uno stato?

A proposito del crocifisso nelle aule ritengo estremamente vergognoso ciò che sta accadendo. In che senso il crocifisso può turbare qualcuno? Francamente non trovo questa affermazione molto dissimile da quella di chi si batte affinché nessuna moschea venga edificata nel proprio quartiere perché anche lui ha paura di esserne “turbato.” Il crocifisso è un simbolo che non obbliga nessuno a diventare cristiano, ma in un periodo di estrema violenza, verbale e fisica, come quello attuale può ancora ricordare quella straordinaria vena d’oro che attraversa le Scritture: amore. Mi rendo conto che affermazioni come: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, ai più possono suonare stonate, eppure è di questo che avremmo tutti bisogno. Amore.


Il crocifisso non è il simbolo del Vaticano bensì quello di un messaggio di pace e solidarietà. Bene ha fatto il preside del Liceo Lanfranconi che da ateo ha scelto di lasciare il crocifisso sui muri. Chi lotta per una società “giusta” ha estremo bisogno di chiunque porti un messaggio di pace e solidarietà. Caso mai al crocifisso aggiungerei i simboli di altre religioni e i simboli di chi, non credendo, si riconosce in valori che esprimono un netto rifiuto della violenza.
Se chi si ritiene offeso da un crocifisso fosse coerente chiederebbe parimenti l’abolizione di festività quali il Natale, la Pasqua, i Santi… Dubito però che qualcuno di loro voglia essere coerente fino a quel punto perché quelle festività, pur non rappresentando nulla di spirituale per lui, significano la possibilità di non lavorare in quei giorni andando in vacanza e soprattutto la possibilità di far muovere l’economia. Mi rendo conto che quando ci sono di mezzo i soldi allora anche i simboli religiosi vanno bene.
Non credo che la laicità di uno Stato si possa misurare dal numero di crocifissi appesi alle pareti, ma dalla presa di distanza da quell’opportunismo che, a seconda dei casi, chiede o dà appoggio al Vaticano.
(Pino Petruzzelli)