Scuola – Immigrati al 30%: soglia, non sbarramento

Autobus n. 1, da Cornigliano verso il centro. Ad una fermata sale una scolaresca, si direbbe una media. L’autobus appena uscito vuoto dalla rimessa si riempie interamente, e tre ragazzine occupano i posti accanto a me, chiacchierando e scherzando tra loro. L’interessante è che lo fanno passando con indifferenza dall’italiano allo spagnolo e viceversa. Poi si avvicina un’altra compagna di classe, ma da questo momento in poi si parla solo italiano. Pensiero: se ragazze e ragazzi italiani non stanno attenti di qui a un po’ finiranno in coda, superati da compagni immigrati bilingui e determinati a farcela, a conquistarsi un futuro. I licei sono ancora fuori portata, ma una amica insegnante mi dice che nelle scuole professionali gli stranieri ci vanno con un progetto di vita, ed hanno rendimenti migliori degli italiani che ci approdano come ultima scelta, privi di cultura, interessi e motivazioni.


Ma nei primi anni di scuola? Lì c’è il peso della differenza linguistica, del primo ambientamento. Si viene a parlare del famoso 30% della Gelmini: le chiedo cosa ne pensa. La risposta non è schematica. Mi ricorda il caso della scuola media Baliano, nel centro storico, che anni fa venne alle cronache per essere stata la prima con classi interamente o quasi formate da alunni stranieri. Per affrontare il problema Comune, Provincia, Università, Ufficio Scolastico Regionale e Forum Antirazzista concordarono una serie di azioni (http://www.scuolenuoveculture.org/MaterialiScaricabili/Normativa/Protocollo.pdf), e in alcune circoscrizioni nacquero intese tra i Dirigenti scolastici e il Comune per contrastare le “concentrazioni di minori portatori di disagio in alcune scuole” (Protocollo Circoscrizione Centro Est: http://www.aice 2004.comune.genova.it/pdf/132-16.pdf). Nel disagio era incluso quello dei bambini immigrati arrivati in classe senza conoscere l’italiano. Il problema delle classi squilibrate quindi era stato riconosciuto, ma venne contrastato con indicazioni di soglia (25%) non vincolanti, accompagnate da una serie di misure utili: pubblicità alla iscrizione nelle varie scuole gestita dalla Circoscrizione e non dai vari direttori didattici in concorrenza tra loro, interventi per rendere omogenea l’offerta formativa, finanziamenti alle scuole più problematiche perché potessero offrire iniziative di qualità, concorrenziali, capaci di attirare la frequenza degli italiani. Mi cita il caso della scuola elementare Ferrero di Cornigliano dove ci sono tanti stranieri, e che viene sostenuta con un finanziamento particolare per il bilinguismo (italiano e spagnolo), per cui sta diventando una scuola di eccellenza.
Il problema, l’odore di razzismo, viene dall’enfasi governativa sulla imposizione di una soglia rigida, mentre il riequilibrio va raggiunto gradualmente con interventi complessi (e faticosi) da finanziare adeguatamente. La Gelmini ha ereditato dal precedente ministro Fioroni un fondo ministeriale per “L’italiano lingua 2”, e un fondo, previsto dal Contratto nazionale di lavoro, per gli insegnanti di scuole in zone a rischio, entrambi utili per finanziare misure di sostegno, ore aggiuntive di didattica.
Per ora non sono stati messi in discussione. Auguriamoci che almeno questi resistano.
(Paola Pierantoni)