Lettere – Figli e cani in soccorso della politica

Camminando per strada in questi giorni, non si può fare a meno di osservare grandi manifesti che riportano volti sconosciuti ma anche (aimè, rieccoli!) volti più noti, di persone che si propongono come candidati per le prossime amministrative regionali. Uomini e donne (più uomini che donne), volti sorridenti, esibiti con cura fotogenica, vezzosamente immortalati al meglio della loro espressività.
E ancora, una candidata per un partito dei pensionati che ci mette la faccia, ma quella che aveva più di trent’anni fa, diventando protagonista di una foto d’epoca. E’ paradossale voler rappresentare i pensionati, gente di una “certa” età, ma non accettare il cambiamento che il tempo ha stampato sul proprio volto. La vecchiaia è dunque un disvalore? Cos’altro ci può dire questa candidata?


Qualcun altro invece, oltre alla propria faccia, ci mette anche quella del proprio cane. Un messaggio politico? Forse per i protagonisti è un capolavoro comunicativo. Questi volti sono per se stessi delle pantomime personali. Solo riconoscendo con fatica i simboli dei partiti e leggendo di promesse solenni, di soluzioni di problemi, di impegni da mantenere, ecc., ecc., questi volti possono rinviare a qualcosa di politico e non ad un concorso di bellezza.
In tutta questa galleria di volti, la cosa che mi ha fatto trasecolare, è stata la vista di due donne candidate di partiti antagonisti, mettere non solo la propria faccia, ma anche quella dei propri figli: aiuto! Qualcuno chiami Telefono Azzurro. Perché un bimbo di pochi mesi, e una bimba di 6/7 anni mettono le loro faccie e partecipano alla campagna elettorale? Non sarebbe più giusto aspettare che raggiungano la maggiore età per svolgere questa parte in libera scelta?
Perché alcune donne, come oggetto di promozione esibiscono e mostrano i figli? Gli uomini non lo fanno! Forse si bastano. Forse i figli appartengono solo alle madri? Forse le donne si sentono più accettate dalla società mostrandosi prima di tutto madri? Ruolo di garanzia, di concretezza per le faccende politiche?
Oppure, atto rivoluzionario e tanto rivendicato da altre donne: “il privato è politico”. Ma questa è tutta un’altra storia, e mi chiedo se queste donne ne conoscano il significato.
L’idea dei volti dispensati con molesta insistenza non mi sembra né convincente né strategicamente propizia.
Allora mi viene in ricordo una frase dal Contratto Sociale di J.J. Rousseau: “Il corpo politico, al pari del corpo umano, comincia a morire fin dalla nascita, e reca in sé stesso le cause della sua distruzione”.
(Luciana Brunod)