Informazione – Falsari e complici

Nei giorni scorsi è venuto alla luce un episodio avvenuto qualche tempo fa. Lo scorso 22 novembre Libero aveva pubblicato, onorandola di un titolo a quattro colonne, una intervista a Philip Roth. Intervista particolarmente spinosa, perché rivelava la profonda delusione del grande scrittore americano per Barack Obama, di cui era stato convinto sostenitore: “Obama? Una grandissima delusione. Sono stato fra i primi a credere in lui, ad appoggiarlo, ma adesso devo confessare che mi è diventato perfino antipatico”.


Pier Luigi Battista coglie il ghiotto boccone, e il giorno dopo, 23 novembre, pubblica a sua volta sul Corriere della Sera un articolo dal titolo “Se Philip Roth diventa un disertore”, esercitandosi in analisi, commenti, valutazioni.
Solo che … l’intervista non era mai avvenuta. Inventata di sana pianta dalla prima parola all’ultima. Se ne accorge per caso Paola Zanuttini intervistando a sua volta, ma questa volta davvero, Philip Roth lo scorso 26 febbraio: “Per caso, è insoddisfatto anche da Barack Obama? Da un’intervista a un quotidiano italiano, Libero, risulta che lo trova persino antipatico, oltre che inconcludente e assopito nei meccanismi del potere”.
“Ma io non ho mai detto una cosa del genere. E’ grottesco. Scandaloso. E’ tutto il contrario di quello che penso. … Sono molto seccato per queste dichiarazioni che mi vengono attribuite: non ho mai parlato con questo Libero. Smentisca tutto. Ora chiamo il mio agente.” Internet da tempo è pieno di riferimenti a questo episodio, che sui giornali ha fatto invece timidamente capolino solo in questi ultimi giorni.
Il primo a parlarne è stato il Fatto Quotidiano del 1 marzo che ricostruisce tutta la storia, incluse le reazioni del responsabile culturale di Libero che “descrive ore complicate, annuncia un articolo a sua firma di spiegazioni esaustive per oggi, nega che il fatto di non incontrare sul sito alcuna traccia del pezzo, (lo hanno recuperato i bloggers, inneggiando al dio-cache di Internet che, com’è noto, nulla cancella) dipenda una scelta precisa, riferisce di telefonate e mail di lettori arrabbiati, emana disagio dietro al tono tranquillo di chi ha forse deciso di liberarsi definitivamente di una zavorra che aumenta di peso con il passare delle ore: “E’ una storia che innegabilmente non mette in una bella luce il giornale”.
Repubblica aspetta il 29 marzo per tornare sull’argomento, informando che “Non solo Philip Roth. Anche John Grisham è finito suo malgrado tra gli intellettuali americani delusi da Barack Obama. Suo malgrado e senza essersi mai dichiarato: anche la sua confessione è stata inventata di sana pianta. E dallo stesso intervistatore fantasma che aveva fabbricato la dichiarazione dell’ autore del Lamento di Portnoy”.
Episodi marginali? No, episodi gravissimi. Gravissimo il falso, gravissimo che non ne sia nato uno scandalo e che l’ordine dei giornalisti non abbia costretto la testata ad una smentita. Il divario di discussione che si registra su questo episodio tra la stampa e la rete è clamoroso. Tutti troppo uomini di mondo per sollevare uno scandalo?
(Paola Pierantoni)