Cultura – L’inquietudine: male o bene oscuro?

La pioggia ha lucidato il bianco e nero del ciottolato e il sole si fa strada nei vicoli, illuminando le facciate colorate, le piazzette, sulle cui panchine pigramente si alternano turisti e abitanti. Siamo a Finalborgo, uno dei cento borghi più belli d’Italia, che rispetta la sua fama, venerdì 14 maggio, il primo della tre giorni del “Festival dell’inquietudine”.
Il tema di quest’anno è il limite: l’uomo di fronte ai limiti della conoscenza, della filosofia, della religione, della scienza.


E’ affollato il bell’auditorium di Santa Caterina, vuote le prime tre file riservate, che si riempiono all’arrivo degli ospiti. Dopo il saluto mordi e fuggi del neoassessore regionale al turismo, si confrontano sul “limite della decenza” Vauro, Vincino e Francesco Cevasco del Corriere della Sera. Non ai giornalisti, ma ai vignettisti è tutto permesso, anche l’indecenza della parola e dei sentimenti. E se Vincino racconta delle feste in redazione ogni qualvolta Il Male veniva sequestrato, Vauro definisce falso moralismo la crociata contro la satira. Le parolacce? Non sono parolacce le parole dette da chi ancora ha la capacità di ribellarsi contro il reato di clandestinità, che è un reato contro l’umanità, il conformismo cronico e il silenzio della cultura. Nel paese delle favole dove si regalano case e si racconta di giovani senza valori, che fanno invece volontariato e a cui si sono fatti sparire opportunità e futuro. Nessuna pietas nelle vignette? La satira può essere feroce , non è violenta però: qui si vota bipartisan per le missioni di pace, inerti di fronte ai morti di guerra e di lavoro.
“Noi della satira siamo i guardiani della decenza, in un Paese quietamente indecente, dove il potere distribuisce medi e piccoli privilegi e si sono minati il diritto alla sanità, al lavoro, alla legalità”. Con la speranza di dare voce ad un’Italia non raccontata, alla ricerca di un Dio amico, che non sia il grande fratello: l’unico modello di società che va in onda.
Sulla sinistra “scomparsa” si satireggia come si può. Magari si potessero cambiare i soggetti su cui ironizzare, ma l’arroganza di chi ha o ha avuto il potere non tollera il dissenso ed è grazie ad una sentenza di tribunale che lui, Vauro lavora di nuovo, e Anno Zero è in tv.
Ne hanno per tutti i vignettisti, mentre le tre file riservate alle autorità si son pian piano svuotate, resiste da solo in prima fila il sindaco di Finale, di centrodestra, un sindaco illuminato, che ha ereditato il Festival. Mentre nel chiostro a circondare Vauro solo gente comune, come la professoressa precaria dell’istituto alberghiero, che ha prestato gli allievi per l’ aperitivo. La più calorosa, non come taluni esercenti del borgo, che neppure hanno esposto le locandine del festival, all’enoteca offresi serata di cibi e vini… piemontesi.
Eppure sempre turismo è, di qualunque colore sia vestito. E con l’ufficio d’informazione turistica aperto poche ore, senza computer funzionanti e una desolata giovane impiegata. Però c’è soddisfazione nell’apprendere dalla principale responsabile, che dice di “fare ad occhio ” le stime sulla provenienza dei partecipanti, che gli uffici-stampa addetti all’evento sono ben tre. Un evento che ha fatto accorrere tanti inquieti, non importa se di destra o di sinistra e questa è una buona notizia.
(Bianca Vergati)