Sicurezza FS. Niente tecnologie e neanche petardi

“Ci sentiamo tutti colpevoli” dice dopo Crevalcore il ministro delle fanta-infrastrutture alla commissione parlamentare. Affermazione condivisibile se circoscritta alla classe politica che si è avvicendata a partire dagli anni ‘80.


Basta ricordare negli ultimi decenni la “sinistra ferroviaria” – le “”lenzuola d’oro” – le “assunzioni clientelari” – i ministri laureati in ingegneria dei trasporti o scelti tra i consulenti in grandi opere pubbliche. Dopo decenni in cui si è privilegiato il trasporto su gomma, erogando alla Fiat finanziamenti indebiti e facendo assorbire alle partecipazioni statali i fallimenti dell’iniziativa privata, ora si pensa che l’unica via sia privatizzazione ed esternalizzazione.
Lo stato di degrado è sotto gli occhi di tutti. I quotidiani ritardi dei treni per pendolari crescono in misura esponenziale. Ma il problema più grave è la sicurezza sia per quanto concerne il materiale rotabile che l’armamento ferroviario.
I vecchi funzionari sorridono amaro sul problema sicurezza e ricordano che da quando la politica è entrata nelle ferrovie i costi prima sono lievitati, poi il livello di servizio è crollato ed il saper fare si è azzerato. Ricordano i “collaudatori” di un tempo, terrore delle aziende fornitrici, ma anche i sistemi di sicurezza primitivi quanto efficaci. Quali? Giornalisti, politici e passeggeri si sono dimenticati dell’umile figura del “casellante” che presidiava tratti di ferrovia prima dell’esternalizzazione selvaggia. Era preposto alla ispezione quotidiana di un tratto di linea, al funzionamento dei passaggi a livello e, in presenza di nebbia, a mettere in vicinanza dei segnali ferroviari dei petardi che detonavano al transito del convoglio richiamando l’attenzione del macchinista sulle condizioni di pericolo.
I soloni di strategia e finanza hanno creduto possibile passare dal sistema manuale all’era tecnologicamente avanzata senza implementare i meccanismi di controllo sostitutivi.
Sorprende anche l’atteggiamento sindacale, con le sue imbarazzanti difese, ai TG, sulla sicurezza delle ferrovie italiane, di fronte allo sciopero di 24 ore proclamato dall’assemblea dei macchinisti tenuta a Bologna. Uno sciopero che pare riuscito e condiviso dai passeggeri, perché in ballo c’è la sicurezza collettiva.
(Vittorio Flick)