OLI 392: SANITA’ – Aspettare un anno ed essere felici
Oggi è una giornata nera. Nemmeno un posto a sedere. Succede spesso ma questa volta è diverso. Nell’aria c’è più tensione. E la pazienza scarseggia. Una signora anziana si lamenta per l’attesa – sono lumache! esclama – ha il cappello di lana calato come un elmetto sulla fronte. Deve essere nuova del luogo, è il tipo di persona che si lamenta allo stesso modo ovunque. La parola lumache le è congeniale, se ne compiace mentre la pronuncia.
Il pannello luminoso scandisce i numeri lentamente. Dei tre sportelli, A B C, solo uno è indicato come operativo. Alle dieci del mattino ci sono già quarantacinque persone in attesa di pagare, prenotarsi e consegnare la cartella clinica. Molti hanno l’appuntamento. Infatti un cartello ribadisce loro di prendere il numero solo dopo la visita. Chi è esperto se la gioca: prende il numero appena arriva in ambulatorio sperando di restare nei tempi tra visita e pagamento senza saltare il turno e fare due code.
Questa sala d’aspetto, in una palazzina bassa vicina alle camere mortuarie dell’ospedale Galliera, raccoglie persone di tutte le età: dal bambino che smanetta sul cellulare al vecchio sulla sedia a rotelle.
Per ortodonzia chi c’è? – grida un’infermiera, una bambina scivola con la madre verso la porta a vetri. Urgenza numero undici? Chi deve togliere i punti? Per i punti si va al box otto. La voce dell’infermiera si mescola a quella dell’interfono, come alla spiaggia: La mamma di Laura C. avanti!
Un padre, la figlia in braccio, racconta che per l’apparecchio della bambina ha chiesto l’appuntamento nel febbraio 2012 e glielo hanno fissato per marzo 2013. Ma è contento – anche se ha dovuto aspettare più di un anno – perché poi è stata seguita bene con appuntamenti programmati, a un costo di 800 euro circa tra visite e apparecchio. Con la grande eravamo andati da un privato, mi sarà costato almeno il doppio. La bambina è pronta per togliere l’apparecchio.
Dentro, oltre la porta a vetri, sembra un alveare, i pazienti vengono smistati in una decina di box dove uno sciame tra medici infermieri e tirocinanti si occupa di loro. Difficile capitare con lo stesso dentista. Ma le infermiere si riconoscono, sono quelle che gestiscono la baracca, parlano ai bambini, sedano gli animi e organizzano i flusso di un’utenza poliedrica, riconoscente o maleducata a seconda degli umori e dei dolori.
Qui più che altrove la lingua batte dove il dente duole.
Ai politici genovesi si suggerisce timidamente di prenotare una visita di controllo.
(Giovanna Profumo – disegno di Guido Rosato)