Europei 2006. Ancora soldi per il calcio?

Abbiamo letto sui giornali della scorsa settimana, che l’Italia si è candidata per ospitare i prossimi Campionati Europei di Calcio (nel 2006) ma che, per poter sostenere questo ruolo, dovranno essere disposti appositi e speciali finanziamenti per l’edilizia sportiva al fine di compiere i “necessari adeguamenti agli stadi”. Ma scherziamo? Ci prendono per idioti?


Il nostro Paese ha ospitano nel 1990 i Campionati Mondiali di Calcio e in quella occasione sono stati costruiti ex-novo gli stadi di Torino (“delle Alpi”), quello di Bari (firmato Renzo Piano) mentre sugli stadi Olimpico di Roma, Marassi di Genova, San Siro di Milano, e non so quanti altri, sono stati eseguiti imponenti lavori di riassetto funzionale sia per dotarli della copertura sulle tribune degli spettatori che per riabilitarne il prato di gioco. Che cosa è successo nei 14 anni trascorsi? D’accordo, le norme di sicurezza hanno avuto un’evoluzione, ma non come quella che riguarda i telefonini (diventano vecchi appena si lanciano sul mercato). Possibile che non abbiamo stadi degni di ospitare partite di calcio da Campionato Europeo?
Mi sembra invece che ci sia un altro aspetto, non trascurabile sotto il profilo economico, che ha impoverito drasticamente gli stadi della loro funzione celebrativa. Si tratta della TV digitale che, essendo criptabile con più efficacia rispetto al segnale analogico, ha privatizzato l’etere al punto che l’accesso a certi eventi sportivi (segnatamente le partite di calcio) può essere davvero limitato ai soli possessori del decoder giusto.
Ecco perché l’intero mondo del calcio è diventato succube dei gestori di rete digitale. Da un lato le squadre di calcio pagano ai gestori di rete una tassa per poter entrare nel novero dei soggetti degni di ripresa televisiva (necessaria soprattutto per ingaggiare contratti con gli sponsor); dall’altro gli appassionati di calcio trovano comodo abbonarsi a un pacchetto che offre ogni giorno quote di calcio da overdose, preferendo la partita sul video anziché andare allo stadio (anche perché la partita in TV gli costa molto meno). Ormai allo stadio ci vanno solo i “tifosi”, o meglio gli “ultras” che hanno un rapporto viscerale con la propria squadra e frequentemente compiono atti di violenza per darne prova.
Guardate una partita di calcio in TV per accorgervi del cambiamento (beninteso: dovete guardare le tribune, non il prato di gioco). Sugli spalti non c’é la folla. Ampie superfici delle gradinate sono del tutto vuote. La gente è a casa, prigioniera dello schermo al plasma.
Dunque perché riversare altri soldi su questo settore? Sarebbe un insulto alla dignità di tante altre discipline rimaste ai margini della notorietà (fanno notizia solo quando un nostro campione vince la medaglia d’oro alle Olimpiadi). E comunque è un insulto alla corretta utilizzazione delle risorse economiche, in un Paese in recessione come il nostro.
(Rinaldo Luccardini)