Anticensura. Ed ecco il teatro di rianimazione

Per due giorni ci siamo ritrovati studenti, professori, genovesi più o meno impegnati, a seguire Paolo Rossi, venuto in città con lo spettacolo: Il signor Rossi contro l’impero del male.


Clima d’avanspettacolo, sketch, per un teatro di “rianimazione” e civile; sul palco, a far bella mostra di sé, la sagoma di Totò.
Il Signor Rossi ci racconta l’Italia della P2, col suo progetto d’annegare la cultura in un minestrone di paillettes e lustrini, un’idea che il Cavaliere sta portando avanti per conto del venerabile Licio Gelli (cui dovrebbe pagare i diritti d’autore).
Siamo tanti, tantissimi, sia nell’aula Magna dell’Università, sia in teatro. Davvero tanti, un segno dei tempi “bui, della funzione catartica della risata.
Il comico ci ricorda d’esser stato censurato, afferma che la censura è il segno d’una debolezza, d’una fragilità cui, però, ha deciso di non mostrare più “l’altra guancia” (Rossi ha dato mandato ai suoi avvocati per far causa alla RAI, dopo il veto imposto alla seconda puntata del suo Molière).
Una debolezza di fatto mostrata anche dalla coordinatrice dell’incontro all’Università, quando, interrotta la lettura d’un brano di Aristofone per non pronunciarne i turpiloqui, ha implicitamente ammesso che, in Italia, l’arte è sottoposta a vincoli.
Una debolezza, un timore dell’altro, che ha spinto il “Cavalier Bellachima” (cito Marco Travaglio, giornalista che ironizza sui guasti del potere dalle pagine dell’Unità) a ridurre i giochi politici ad una crociata contro il “male”, consegnando ai suoi “guerrieri del bene”(nell’ultimo congresso di F.I.) un corposo opuscolo contenente un’”analisi” su 500 numeri del quotidiano fondato da Gramsci.
Censure e autocensure. Dallo spettacolo all’informazione: nessuno può – o deve – contraddire il pensiero unico.
All’Università, fra una domanda ed una censura, fra un lungo spazio concesso all’epifania del candidato Burlando, è emerso il desiderio di riappropriarsi della cultura, della conoscenza.
(Tania del Sordo)