Funerali. Restò chiuso il Duomo per Don Milani

Tant’è il Vespa è tornato a colpire, ma furbini quelli del Secolo XIX, anziché metterlo in prima pagina, con la fotografia ammiccante di uno che garantisce l’America al posto delle sue piccole analisi, lo nascondono all’interno.


Così non si perdono la vendita della mia copia di giornale, perché non posso sfogliarlo sotto il naso dell’edicolante e lasciarlo lì, se dentro ci trovo il Vespa.
Succede pure che qualche volta lo leggo (per disciplina o sadomasochismo?). Qualche giorno fa si è esibito in un commosso fervorino sui funerali di don Giussani, enfatizzando i ventimila presenti e non mancando di citare tutti quelli che c’erano e che secondo lui contavano (e cantavano). A me è venuto subito in mente un altro funerale, di tanti anni fa: quello di don Milani. Nel piccolo cimitero di Barbiana c’erano i suoi ragazzi, i familiari, i collaboratori.
Era un pugno di gente, rispetto alla folla oceanica convenuta per don Giussani, chiusa in un silenzio che quasi si sentiva. Ma era il pugno di lievito che avrebbe fatto crescere nel mondo l’idea che la pace è il più grande dei beni ed è possibile. Bastava cominciare a pensare che la “obbedienza non era più una virtù”. Da quella piccola idea, che don Milani ha pagato a carissimo prezzo, sono nati i pacificatori del mondo che oggi sono un esercito. E hanno dalla loro il Papa.
(Giovanni Meriana)