OLI 329: SOCIETA’ – Gli emigranti siamo noi

La ricerca Excelsior di Unioncamere e Ministero del lavoro su previsioni occupazionali per il 2012, ha reso noto che nel primo trimestre 2012 le imprese liguri assumeranno 2200 persone a Genova e provincia. Si offrirà lavoro per l’80% nei servizi contro il 66% della media nazionale e per il restante 20% fra industria e costruzioni, quasi un terzo gli stagionali nei contratti a tempo determinato: 150 gli operai metalmeccanici e a gran richiesta cuochi, camerieri e commessi.
E con salari fermi da dieci anni per i neoassunti, secondo Bankitalia.
Davvero un mercato del lavoro desolante, che sta prospettando più che una bancarotta economica una bancarotta sociale perché la crisi ha di fatto cancellato tutta una larga fascia di impieghi, dagli operai specializzati, ai geometri, carpentieri, impiegati di banca, tecnici.
La folla dei “senza prospettive”, più ancora che dei disoccupati, non può scendere neanche un gradino sotto, ci sono già gli immigrati in attesa, pur se in Liguria ad esempio si registra un meno 20% di assunzioni di lavoratori stranieri (fonte: Fond. Leone Moressa).
Nuove frontiere dunque non solo per i diseredati del Nord Africa, dell’Est europeo o del Sud America, che spesso ora rientrano mestamente a casa, ma pure per i cittadini di grandi Paesi industriali, a cui non resta che attraversare i confini.
E se in Grecia si è invocato letteralmente il “ritorno alla zappa” in versione postmoderna, biodinamica, agrituristica, oggi in Spagna, che nel 2005 celebrava una crescita inarrestabile con arrivi annuali di 500 mila lavoratori, le partenze hanno superato gli arrivi. Si spostano greci, spagnoli, irlandesi, portoghesi e italiani, si cercano altre terre promesse a Berlino, Stoccolma, Oslo, Sydney, Rio.
Per i giovani è forse più facile, una valigia leggera, un biglietto low cost, un primo contatto cui mostrare un diploma, una laurea, l’attestato di specializzazione; e non è solo una fuga di cervelli giovani, perché se ne vanno anche quarantenni e cinquantenni.
L’ufficio federale di statistica di Wiesbasden registra tra i nuovi ingressi cittadini Paesi dell’Est e ultimamente greci, spagnoli e italiani: non sono però le braccia spedite un tempo nelle miniere o nelle acciaierie, sottolinea il Financial Times, raccontando delle iscrizioni al Goethe di Francoforte cresciute di un terzo grazie a matricole greche e spagnole.
Avanguardie di una dinamica sociale che sta acquistando velocità, i nuovi emigranti europei somigliano più a scommettitori che cercano opportunità vere, che ad inconsapevoli profughi del dopoguerra, se come attesta il saggio “Immobilità diffusa” (D.Checchi, il Mulino), sulle “modalità di reperimento del lavoro dei laureati europei”, in Italia i contatti personali pesano per il 23,3%, in Francia contano l’11%, in Finlandia il 9,1% e in Germania il 9,3%.
Ponti d’oro al personale qualificato in Australia dove sono arrivati 4mila greci, metà laureati, mentre gli irlandesi potrebbero arrivare quest’anno a 50mila e l’Angola, ex colonia lusitana, ha accolto circa 100mila portoghesi.
Crisi globale del lavoro? Sicuramente, ma in certi posti un po’ meno, tanto meno.
Tantissimo in Italia, in Liguria, a Genova. Quali le proposte sul tema dai candidati sindaco?
Intanto ci conforta leggere sui maximanifesti del Comune : “più lavoro” con il nuovo Piano urbanistico!
(Bianca Vergati)