Simboli. Quel finto campione di antirazzismo

A volte per stravolgere una notizia nella sua essenza basta che la si limi all’osso, per rappresentarne una sola sfaccettatura. Il moncherino è così pronto per essere messo nella bacheca dell’informazione, senza che si renda conto del percorso che l’ha generato. Un esempio? La recente discussione del bando dei simboli nazisti, che si è tenuta a Bruxelles lo scorso 24 febbraio. Si possono ripercorrere le tappe della vicenda.


In concomitanza col sessantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz e con la carnevalesca comparsa del principe inglese Harry in divisa nazista con tanto di svastica, due eurodeputati tedeschi propongono il bando dei simboli del nazismo.
Frattini, commissario europeo per la giustizia, aderisce immediatamente, ricevendo per questo motivo una lettera minatoria dal Regno Unito. La proposta ha una vita travagliata fin dal principio, non c’è accordo sui simboli da bandire, alcuni paesi avanzano la possibilità di comprendere quelli comunisti, alcune minoranze (gli induisti) rivendicano l’uso della svastica come simbolo sacro (“Il Manifesto”, 24 Febbraio, Nazisti fuori dal bando- The Times”, 24 Febbraio).
Si propone una versione alleggerita del bando, che tuttavia viene respinta: “ i 25 hanno dimostrato una grande difficoltà a trovarsi d’accordo sull’esclusione dei simboli che incitano all’odio” (“Il Manifesto”, 25 Febbraio, L’Ue divisa dai simboli).
Atto finale. alla discussione si abbandona la proposta del bando dei simboli, per non appesantire il percorso già travagliato della direttiva europea contro razzismo e xenofobia. Il ministro Castelli reagisce immediatamente: “’Pochissimi Paesi hanno sostenuto la necessità di affrontare anche il tema dei simboli mentre invece io credo che sia fondamentale”
(http://wwwext.ansa.it/europa/fattidelgiorno/200502241948188592/200502241948188592.html). Pone quindi la ripresa della questione come una delle tre condizioni per riprendere i negoziati e deplora gli Stati che hanno abbandonato l’argomento dei simboli per una più veloce approvazione della direttiva.
Quello che non risalta sufficientemente dalla corposa rassegna di quotidiani che se ne sono occupati è che la direttiva Ue su razzismo e xenofobia è ferma dal 2003 per veto dell’Italia e per la richiesta di continue modifiche al fine di “non sanzionare le idee e salvaguardare la libertà di pensiero” (comunicato stampa del Ministro Castelli, 27 Gennaio 2005).
Castelli da paladino della libertà di pensiero a fervente crociato contro i simboli razzisti, fino a diventare novella penelope che tesse nuovi boicottaggi all’iter della direttiva in discussione? A prima vista forse non si direbbe, ma a leggere per intero la vicenda dal 2003 ad oggi, l’impressione è proprio quella.
(Eleana Marullo)