Irak. Nemico comune l’informazione

Non vi sembra che ci possa essere una logica militare a giustificare il rapimento di giornalisti in Iraq (per alcuni la morte) e la morte dell’agente Calipari che cercava di salvare la vita a Giuliana Sgrena?
Dopo le terribili rivelazioni sul comportamento dei carcerieri di Abu Grahib l’insofferenza dei militari verso l’informazione si è manifestata a piena luce con l’adozione, da parte dei governi coinvolti nel conflitto, di provvedimenti legislativi mirati alla restrizione della libertà di informazione.


In occasione del secondo assedio di Falluja (novembre 2004) il governo di Iyad Allawi ha emanato un decreto che minaccia sanzioni giudiziarie ai giornalisti che racconteranno gli eventi in maniera diversa dalla versione ufficiale (informazione tratta da 32718. ROMA-ADISTA).
Nel nostro Paese si è giunti, nel Novembre 2004, a un disegno di riforma complessiva della materia presentato al Senato dai ministri Martino e Castelli. Prevede che quando un corpo armato italiano viene inviato all’estero, nel territorio sottoposto al controllo delle forze armate italiane (ad es. Nassiriya), la legge marziale e la giurisdizione militare si applica a tutti, ivi compresi i volontari in missione umanitaria ed i giornalisti, in barba all’art. 103 della Costituzione che prevede che, in tempo di pace, i civili non possano essere assoggettati alla giurisdizione dei Tribunali militari. In questo contesto la principale vittima della militarizzazione e della possibilità di introdurre la legge marziale, è proprio la libertà di informazione. Infatti la legge-delega non ha revisionato gli articoli 72, 73, 74 e 75 del Codice di guerra, in virtù dei quali non si può diffondere alcuna informazione sugli avvenimenti che non sia autorizzata dalle autorità militari. Per esempio non si può comunicare neppure il numero dei morti o dei feriti, se non si viene autorizzati dal Governo o dalle autorità militari (informazione tratta da: Domenico Gallo: “Legge marziale: la libertà al tempo della guerra infinita”).
La morte di Enzo Baldoni e quella di Raida al Wazan, il cui corpo è stato trovato decapitato ad Erbil (informazione tratta da La Stampa del 23 Febbraio 2005) fanno pensare ad una applicazione giustizialista delle norme compiuta da terroristi che, in questo caso, sopprimono giornalisti, anziché uomini di apparato o suoi servitori.
Anche il rapimento delle giornaliste contrarie alla guerra in Iraq, come Florence Aubenas e Giuliana Sgrena [e prima ancora la sottrazione della libertà ai giornalisti Chesnot e Malbrunot venuti in Iraq dalla Francia che è stata sempre contraria alla missione militare in Iraq] sembra ispirato a una logica di soppressione della informazione libera.
I sequestri dei giornalisti occidentali ed iracheni sono stati usati per incutere timore sui colleghi recintati nell’Hotel Palestine, ai quali è poi stato rivolto l’invito ad andarsene. Invito prontamente accolto.
Forse l’agente Calipari, consapevole di questa logica perversa, sapeva di rischiare la propria vita soprattutto a causa del “fuoco amico”; e ciò innalza ancor più il suo valore sul piano umano e civile.
(Rinaldo Luccardini)