Affresco/2. Troppo Piano e la ricerca del colpevole

Prima di tutto le date. Eccole. 13 maggio 2005, venerdì (l’esito era da prevedere!). Piano fa con “i tecnici portuali” una riunione sui destini del suo progetto. All’uscita la definisce “illuminante”.


Al punto che prende carta e penna e scrive una letterina a Burlando, Pericu, Repetto e Novi. Per lavorare al progetto Waterfront, scrive, ci vogliono “energie nuove e menti sgombre” e persone “indipendenti dai condizionamenti anche mentali di ciascuna delle istituzioni”. Poiché quelle che ci sono non hanno queste caratteristiche o ne trovate delle altre o io lascio perdere e amici come prima. E’ la bomba! Stupore, quasi scandalo. Ma come è possibile? Le cose non andavano bene? Evidentemente no, scrive Repubblica che sembra la più informata sui retroscena. Non andavano bene perché in troppi hanno tirato il freno. Chi? A frenare, scrive Repubblica (18 maggio 2005), sono due blocchi di potere: la burocrazia di palazzo che da tempo tiene in scacco Novi e gli interessi che si sono coagulati intorno ai terminal privati. Tradotto: gli stessi dipendenti della Autorità portuale e alcuni misteriosi (al lettore) terminalisti. Dal fronte politico invece vengono solo approvazioni; di più: i rappresentanti degli enti locali confermano che dopo la lettera dell’Architetto “il progetto sta entrando nella fase operativa”. E prima in che fase era? Ma lasciamo perdere. Repubblica insiste (13 giugno 2005): Waterfront è stato silurato da “piccoli e grandi poteri”. Novi, presidente del Porto è un “impolitico assoluto, ma di grande onestà morale intellettuale” (sic). Purtroppo contro di lui si è schierata la “burocrazia di palazzo, quell’ordine permanentemente costituito a San Giorgio,… da decenni regista influente della macchia portuale” sin da quando si chiamava CAP. A questo punto la cosa sembra più chiara. Novi è deciso a venirne a capo anche se è costretto a muoversi “nello stagno dei poteri politico affaristici come un pesce fuor d’acqua e nuota nel mare grigio della burocrazia consortile…” (Repubblica 16 e 21 giugno 2005).
Deduzioni: questa burocrazia consortile deve essere ben forte per mettere in stallo tutto il quadro politico istituzionale. Meno male che Piano ha tirato il sasso nello stagno così ora la metteranno a posto…
Manlio Calegari