Informazione/2. Lavoro e Repubblica divisi sul calcio

Sulle vicende calcistiche di questa estate le pagine nazionali di la Repubblica hanno ospitato interventi di grande chiarezza: L’Italia che pretende la serie A garantita, Ivo Diamanti, 31 luglio; Sentenza pesante colpa di Preziosi, Maurizio Crosetti, 9 agosto e Addio Gaucci, Preziosi & C, gli avventurieri del pallone, 11 agosto; L’Italia nel pallone, Michele Serra, 10 agosto e Calcio, uno sport finito nel pallone, Edmondo Berselli, 19 agosto.


Non altrettanto si può dire della sua edizione ligure, il Lavoro, e della sua voce più autorevole, il direttore Franco Manzitti.
Scontata la critica della cosiddetta giustizia sportiva e della relativa sentenza di retrocessione del Genoa in serie C, che è apparsa abnorme a tutti, sorprende la virulenza dei suoi attacchi alla magistratura.
Il 17 agosto, in Quei giudici tra diritto e rovesci, Manzitti scrive che “è’ stato un giudice genovese a dare inizio al calvario del Genoa…e due mesi dopo è un altro magistrato di questa città a tenere nelle proprie mani il destino della società rossoblù condannata alla serie C”. Sarebbero i giudici, e per di più di Genova, non Preziosi, non l’imbroglio, l’origine e anche la soluzione dei guai!
Il 20 agosto, dopo l’ordinanza del giudice Alvaro Vigotti, sfavorevole per il Genoa, Manzitti osserva che “se il giudice avesse accettato il ricorso dei legali del Genoa si sarebbe aperta finalmente la grande questione del governo della giustizia del calcio in Italia…Purtroppo Vigotti non ha offerto questa possibilità….”. Quindi, secondo Manzitti, la magistratura dovrebbe amministrare la giustizia, non secondo diritto, ma secondo opportunità. Magari (ma solo in caso di sentenze favorevoli) continuando a svolgere quel ruolo di supplenza che la colpevole disinvoltura di questo governo di fatto sollecita.
Il 23 agosto, Manzitti, in un fondo di titolo eloquente, Se i giudici sono liberi, torna personalmente su Vigotti, non sulla motivazione della sua ordinanza:

Le voci e i rumori che hanno circondato la decisione di Vigotti sono state insistenti ed anche pesanti, quasi che quel giudice, che prolungava i tempi del deposito della fatale ordinanza, avesse dovuto subire qualcosa di esterno…
Nessun dubbio sull’autonomia di Vigotti, un giudice monocratico che avrà pur costruito la sua decisione guardando le carte, le leggi, le clausole, ma guardandosi anche intorno, consultandosi, confrontandosi, non solo con il codice e le sentenze….

Un linguaggio nemmeno tanto obliquo che – nello stesso articolo – contrasta con le blandizie profuse sul presidente del Tribunale che deve intervenire sull’ordinanza Vigotti:

Il collegio chiamato a decidere sul ricorso è quanto meglio può offrire la magistratura genovese…Il presidente Martinelli è certamente uno dei magistrati più preparati e più liberi del nostro Tribunale, con una storia personale di grande autonomia, indipendenza e competenza professionale.

Ma, il 28 agosto, dopo la sentenza sfavorevole del Tribunale, scrive:

C’era un sottile filo di speranza. Si è spezzato ieri mattina… Bisogna inghiottire questo ultimo boccone amaro e guardare a quel palazzo di Giustizia dove è maturato il destino rossoblù con molti interrogativi sulla lingua, ma oramai inutili.

Un giornale che si è sempre distinto per la sua costanza nel difendere l’autonomia della magistratura e l’indipendenza della giurisdizione dai continui e devastanti attacchi dell’attuale maggioranza, da quando si è aperto il caso Genoa, sembra di aver abdicato a questo ruolo in un misto di confusione tra fatti, responsabilità e ruoli davvero sorprendente.
(Oscar Itzcovich)