Ambiente – Il pericolo amianto e l’assenza politica

Cosa si aspetta un cittadino, uno qualsiasi di noi, che per un qualche caso della vita si trovasse a vivere in una zona che ha il primato europeo del mesotelioma pleurico, tumore provocato dall’esposizione ad amianto?


Si aspetta che le istituzioni politiche e le strutture tecniche, di servizio, Arpal, Asl, e altri analoghi uffici provinciali, comunali (tecnici degli assessorati all’ambiente, igiene ecc.) lo proteggano. Il che vuol dire che gli dicano chiaramente quali rischi corre; cosa facciano per controllare la situazione – si chiama “monitoraggio” – ed eventualmente per fronteggiarne gli imprevisti di ogni tipo. Se davvero quel cittadino esiste farà bene a cambiare idea quanto prima. Perché le cose nel nostro paese vanno in un modo molto diverso. E le conseguenze non sono solo gravi per il cittadino ma per tutta la vita pubblica che ne esce stravolta. Prendete il caso della cava di “pietre verdi” (serpentino) di Rocchetta Vara (SP), una delle 24 c he esistono in Liguria. Di proprietà dell’ente locale, è gestita dalla società VITI che in prossimità della sponda destra del fiume Magra possiede un frantoio di materiale lapideo dove macina serpentino proveniente da quella cava, sospetta di concentrazione di amianto.
La VITI ha avuto, nel 2002, dalla Regione Liguria la concessione di continuare a coltivare la sua cava di serpentino sino alla fine del 2009, ottenendo anche un incremento estrattivo di 230.000 metri cubi. Contro l’attività della VITI e lo sviluppo della sua concessione si sono mossi gli abitanti di Senato, un quartiere di Lerici, posto sulle rive del Magra e nell’area protetta del parco di MonteMarcello, che trovandosi nell’area di influenza del frantoio sono da anni esposti agli effetti della lavorazione del serpentino, cioè alle fibre d’amianto. Ebbene quello che è successo nel corso degli ultimi due anni attorno a questo problema ha messo in scena un intreccio dove profitto, malavita, irresponsabilità, corruzione, disinformazione stringono tra loro un patto diabolico con ovvi effetti nefasti sulla salute dei cittadini e sul destino di coloro che per caso o per scelta ne hanno rappresentato o giudicato valide le ragioni. Ci sono stati tecnici pubblici che hanno affermato c he la testa dei cittadini era piena di bubbole e che i luoghi erano sanissimi, magistrati messi sotto inchiesta e minacciati di trasferimento per la loro ostinazione ad indagare, periti di fama messi alla berlina solo perché le loro perizie confermavano la situazione di grave pericolo, spioni che informavano i titolari della cava dell’imminenza dei sequestri… fino a quando a fine ottobre 2005 i carabinieri del Noe di Firenze non hanno arrestato un po’ di gente per disastro ambientale.
Resta una domanda, quella fatta all’inizio. Perché in questo nostro paese tutto deve finire in carta bollata? Perché l’unica possibilità di salvezza per il cittadino resta il magistrato (con gli ovvi effetti di intasamento dell’attività giudiziaria?). Di che cosa si occupano le strutture tecniche come Arpal, Asl, e tutte le altre provinciali, comunali sotto il cui controllo sono poste ad esempio le attività di cui sopra? E di cosa si occupano le strutture politiche che di fronte ai cittadini ne garantiscono l’efficienza?
(Manlio Calegari)