Editoriale – Una, cento, mille OLI

Giusto, nel senso che fa riflettere e anche reagire, il provocatorio commento riportato la settimana scorsa, alla vigilia di tagliare il traguardo dei cento numeri di Oli: se decideste di concludere a questo punto la vostra esperienza, pensate che qualcuno, non dico piangerebbe ma vi inviterebbe a cambiare idea, a continuare? La risposta non è stata solo silenzio di indifferenza, anzi, contrariamente alle previsioni, non sono mancate risposte solidali, pacche incoraggianti.


Ma, veniamo al sodo, scopo di Oli –mission, dicono quelli che se la tirano– non è la ricerca di consensi, di popolarità, quanto di contrastare la perenne tendenza al conformismo, agli ammiccamenti, alle tacite intese dell’informazione con gli interessi più forti; nostro compito insomma è fare la voce fuori dal coro, altri diranno fare i rompiscatole: che è già un ruolo ambizioso; e non proprio superfluo nella realtà attuale.
Oggi sono 4.330 i lettori raggiunti ogni settimana dalla newsletter dell’Osservatorio e, tenuto conto che basta un clic per cancellarsi dalla mailing list, vorrà pur dire qualcosa se la linea della diffusione mostra una progressiva crescita. Potremmo dire di avere un pubblico almeno doppio rispetto a certi irreperibili fogli stampati che pure, come ci ha appena spiegato Rai Tre, ricevono contributi per milioni di euro dai fondi pubblici. Senza ombra di vanterie fuori luogo, ci rendiamo conto che il nostro impegno (all’insegna del totale volontariato) è facilitato talora da disinvolture e stecche dell’informazione non solo locale, e più in generale dall’insoddisfazione degli strati più attenti dell’opinione pubblica verso una produzione giornalistica di basso profilo, pattume che dalle tv commerciali sembra debordare sulla carta stampata.
In occasioni “centenarie”, come questa, è anche consuetudine accennare a programmi per il futuro: uno potrebbe essere il tentativo di allungare l’occhio dell’Oli su tutta la realtà regionale, così come vuole la stessa ragione sociale. Tentare di essere meno genovocentrici. Ci abbiamo provato alcune volte senza successo; ci riproveremo con maggiore insistenza. Anche in considerazione dei pesanti interessi che si stanno muovendo come panzer sul fronte delle Riviere, creando emergenze ambientali troppo ignorate. Solo sporadicamente un titolo, una notiziola ci danno un’idea delle colate di cemento in corso sulla costa nel nome dei porticcioli turistici (con annessi residence e shopping center), speculazioni forse coi bolli e i timbri di una legalità solo formale.
Simbolo sconcertante di quanto sta accadendo è l’ecomostro alto 110 metri in costruzione sulla battigia di Savona, a due passi dalla storica “Torretta” che è nello stemma della città. Nessuno ha gridato allo scandalo, addirittura nessuno sembrava saperlo, s’intende salvo i savonesi. Tanto che quando un giornale ne ha pubblicato una foto, i più hanno pensato a un fotomontaggio, a un assurdo progetto-avvenire. Invece la struttura è già lì. Per colpa invigilando, di tutti. Ma assessori all’urbanistica e sopraintendenti ai beni paesistici dov’erano? Ecco un motivo di più per continuare con Oli.