Referendum – Le ragioni per dire no alla “porcata” bis

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Poche settimane ci separano dal referendum. Il 25 e il 26 giugno si vota sulle modifiche costituzionali volute da Calderoli (già autore della “porcata”, com’egli stesso definì la sua legge elettorale) e con lui da tutti i partiti del centrodestra. Dopo il deludente risultato delle amministrative, Berlusconi punta a un’ampia conferma della riforma Calderoli. Sarebbe la riprova che la risicata vittoria elettorale del centrosinistra del 9 aprile – come ossessivamente continua a ripetere – è inaccettabile.


Con una legge approvata in terza lettura dalla Camera dei Deputati il 20 ottobre 2005 e in quarta lettura dal Senato della Repubblica il 16 novembre 2005, e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005, il Parlamento ha approvato una profonda riforma della Costituzione, la legge fondamentale della Repubblica Italiana che disciplina i principali diritti e doveri dei cittadini e le funzioni dei più importanti organi dello Stato (le Camere, il Presidente della Repubblica, il Governo, la Magistratura, gli Enti locali e la Corte Costituzionale). Le modifiche non sono ancora operative perché bisognerà attendere l’esito del referendum popolare che deciderà definitivamente se questa legge dovrà entrare in vigore (la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ha solo lo scopo di consentire la richiesta di referendum e infatti alla legge costituzionale non è stato ancora assegnato un numero). Non è la prima volta che il Parlamento apporta del le modifiche alla Costituzione, tuttavia, mentre i precedenti interventi riguardavano solo alcune disposizioni costituzionali, in questo caso la riforma interessa ben 50 articoli.
In particolare, sono stati completamente modificati i rapporti tra Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica, nonché quelli tra Stato ed Enti locali. Siamo in presenza di un completo stravolgimento delle regole che disciplinano i rapporti tra questi organi sin dall’entrata in vigore della nostra Costituzione, il 1° gennaio 1948.
Se la riforma sarà approvata dai cittadini, l’Italia non sarà più una Repubblica parlamentare, in cui cioè il Parlamento esprime il Governo e può costringerlo alle dimissioni votandogli contro. Secondo la legge di riforma, infatti, la vita politica ruoterà intorno alla figura del Primo Ministro, che potrà sostanzialmente imporre al Presidente della Repubblica lo scioglimento della Camera dei Deputati. Inoltre, l’introduzione di un’accentuata autonomia regionale in delicate materie quali la scuola e la sanità potrebbe minacciare i principi di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e di unità e indivisibilità della Nazione.
(estratto da “La nostra Costituzione”, comitato milanese Salviamo la Costituzione)
Per più informazioni:www.referendumcostituzionale.org