Nuove tecnologie – Per la cultura europea una gabbia digitale

“i2010″(http://europa.eu.int/information_society/eeurope/i2010/index_en.htm): nome in codice per una società europea dell’informazione per la crescita e l’occupazione. Il Consiglio Europeo ha delineato il quadro strategico per il futuro prossimo e, se l’informazione è alla base dell’opinione pubblica e genera tendenze culturali, allora sì, c’è da preoccuparsi. Nel documento ufficiale emesso lo scorso giugno, i primi obiettivi sono crescita e l’occupazione, ottenibili mediante lo sviluppo delle tecnologie di informazione e comunicazioni (TIC).


Ma l’aspetto che genera qualche perplessità è il cosiddetto “mercato dei contenuti”, nonché il fatto che “l’iniziativa i2010 contribuirà attivamente a rimuovere gli ostacoli che separano i frutti della ricerca dalle ricadute economiche”. Uno dei frutti dell’i2010 sarà la creazione di biblioteche digitali, per rendere “più piacevole e attraente l’utilizzo delle fonti multimediali”, basandosi “sul ricco patrimonio dell’Europa”. Questo punto rimanda ad un processo che è iniziato a fe rmentare qualche anno fa. E’ infatti dal 2000 ( Consiglio Europeo di Feira), che gli obiettivi di digitalizzazione dei contenuti europei sulle reti globali sono stati ufficializzati. Per tracciare un ponte con un altro documento ufficiale europeo, il 4 Aprile 2001 sono stati siglati i cosiddetti principi di Lund (Svezia). Essi dovrebbero tracciare le linee guida dei progetti di digitalizzazione in corso nei diversi paesi europei, al fine di creare una “memoria collettiva in perenne evoluzione” fornendo, allo stesso momento, “una solida piattaforma di partenza per lo sviluppo dell’industria europea dei contenuti digitali”.
Tornando quindi, con un balzo in avanti, alla recente i2010, la memoria collettiva europea risulta senza equivoci un piacevole strumento per rendere attraente la multimedialità.
Il fatto che memoria, cultura e marketing siano messi allo stesso livello in più documenti ufficiali europei dovrebbe muovere ad un cenno di reazione i produttori di cultura (Atenei, biblioteche, archivi ecc, centri di ricerca, ecc), per non rischiare di finire in una sorta di gabbia. Anzi, una doppia gabbia: la prima è la scelta dei contenuti da digitalizzare e quindi patrimonializzare e diffondere (non tutti gli argomenti sono abbastanza piacevoli o attraenti), e, a monte di essi, dei progetti di ricerca sui quali far piovere i finanziamenti. La seconda gabbia riguarda invece l’accesso alla cultura digitalizzata: le chiavi in questo caso sono detenute dai produttori di software proprietari. Il caso della perdita di dati nella migrazione da un sistema di catalogazione e un altro è emblematico: la necessità (di marketing) di creare dipendenza dalla tecnologia e bisogno di nuovi software è talmente intrinseca da venire esplicitata all’interno dei documenti europei. Domanda : è la cultura ad aver bisogno delle tecnologie informatiche, o sono queste ad aver bisogno della cultura?
(Eleana Marullo)