Esternazioni – La scorza della triviliatà e la sostanza politica

Nella galleria degli uomini politici degni di essere ricordati anzitutto per lo stile elevato, un posto di rilievo spetta di diritto a due personaggi straordinariamente lontani tra loro, quali Bossi e Putin, diversissimi, eppure accomunati da alcuni tratti forti, a cominciare dall’eleganza del linguaggio. Per chi ama collezionare perle espressive da tramandare, le cronache di questi giorni hanno fornito spunti memorabili di entrambi.


Al vertice europeo di Helsinki, il premier russo prima di salutare l’Italia come culla della mafia e la Spagna come scuola di corruzione, ha voluto porgere calorosi complimenti al presidente israeliano Katzav, “che ha violentato dieci donne (è indagato nel suo paese per molestie sessuali, ndr), per cui noi tutti lo ammiriamo e invidiamo”. Frase seguita da compiaciute quanto rumorose risate del suo seguito evidentemente avvezzo a simili battute. Nelle stesso ore, forse per effetto di particolari congiunzioni astrali, Umberto Bossi esplodeva a Vicenza in uno dei suoi disperati appelli alle risorse ormonali: “Silvio, ce l’abbiamo duro -ha esclamato volendo confortare il settantenne cavaliere – e per questo le donne verranno con noi in piazza a rovesciare il governo…”
Fermo restando che ciascuno si definisce con le proprie parole (e il riguardo verso l’altro sesso è indicativo), nel caso del campione leghista sarebbe un errore attribuire le sue performance alle prec arie condizioni in cui si trova. Nulla o quasi è cambiato nella trivialità del suo eloquio: e la conferma è venuta dalle bordate di fischi dei fedelissimi che per sei volte hanno impedito alla banda musicale di intonare “Fratelli d’Italia”, memori dell’invito bossiano a usare il tricolore come carta igienica. Un tocco di classe dopo l’altro, un insulto continuo ai valori condivisi, una gran voglia di sfascio; benché i compari facciano finta di niente.
Anche a Helsinki non si è trattato di semplice gaffe. Dietro le espressioni cialtrone ci sta sempre un modo di pensare, di sentire, di agire. Se a livello di spettacolo il battutista Putin sembra avere preso il posto dell’intrattenitore italiano, elargendo barzellette ed espressioni da caserma ai summit internazionali, sul piano politico il personaggio ha risvolti inquietanti. Una settimana ha taciuto, lui così loquace, sull’omicidio politico della giornalista invisa al Cremlino; e difficile da dimenticare resta il suo recente discorso ad Auschwitz, per commemorare le vittime del lager: una lunga orazione dove non ha mai pronunciato la parola “ebreo”.
(Camillo Arcuri)