Russia noir – Più dell’indignazione può la diplomazia

Anna Politkovskaja è stata ammazzata e non c’era nulla da scrivere. Se non della rabbia. Bisognava aspettare, e osservarla un po’ più da lontano questa morte per rammentare che l’ambasciatore italiano a Mosca non ha presenziato alle esequie. La diplomazia internazionale suggerisce distanze, evita contaminazioni d’idee, annusa l’aria. Il fatto che solo Pannella, di tutti i politici italiani, parlamentari, senatori, sottosegretari, abbia ritenuto “naturale” la sua presenza al funerale, è un segnale a dir poco allarmante. Se non altro perché di questo assassinio si è scritto tantissimo, su tutti i giornali e per molti giorni. Quindi ci riguarda.


Ci riguarda per i contratti economici, i protocolli che anche la nostra città ha sottoscritto, il gas, le trattative che l’Italia allaccia con la Federazione Russa. Pensare che questo assassinio vada relegato in una sfera emotiva è un’ingenuità politica di cui prima o poi chi di dovere sarà costretto a rendere co nto. Bisognerebbe essere in grado di guardar lontano. O di guardare indietro:

L’11 novembre 1938, più di diecimila ebrei, nel solo campo di Buchenvald, venivano ricevuti con tutte le raffinatezze d’uso mentre un altoparlante proclamava: “Ogni ebreo che voglia impiccarsi è pregato di avere la cortesia di mettersi in bocca un pezzo di carta recante il proprio nome, perché si possa sapere di chi si tratta”.
Affluiti a decine di migliaia nel porto di Amburgo, gli ebrei tedeschi si scontrarono con la parola d’ordine delle democrazie: Niente visti. Pochi ebrei si buttarono allo sbaraglio in mare; non furono colati a picco per umanità, ma fu loro concesso di morire all’àncora a Londra, a Marsiglia, a New York a Tel Aviv, a Malacca e Singapore e Valparaiso e a tutti gli ancoraggi che vollero. E poiché la consegna democratica non prevedeva funerali, i pii ebrei tedeschi furono sotterrati…in mare.
I cuori democratici si trattenevano. (André Schwarzbart, “L’ultimo dei giusti”)

Chi leggeva gli articoli di Anna Politkovskaja poteva provare ammirazione e stupore: ammirazione per ciò che scriveva, stupore perché era ancora viva. Nei suoi pezzi certamente la Cecenia, ma soprattutto la storia dei popoli dimenticati e di quella “consegna democratica” che induce a negare l’evidenza.
La rabbia per quella morte ha un nome. Chi è tenuto ad occuparsene è ancora vivo.
(Giulia Parodi)