C’era un certo Riccio esploratore
Che alle Primarie voleva dar valore;
Sperava che qualcuno discutesse di Fatti
Affinché poi diventassero Atti,
Quell’ingenuo Riccio esploratore
(GU.R)
Cos’è una provincia? E’ un posto dove accadono le stesse cose delle altre parti ma chi ci abita non se ne accorge. Prendete il caso di Genova in questi giorni. Il 23 ottobre 2006 compaiono sul Corriere Economia, supplemento del Corriere della Sera, due pagine di servizi con titolo in prima.
La cronaca locale ha dato notizia dei comitati sorti per opporsi alla costruzione di nuovi edifici su aree rimaste libere all’interno del tessuto edificato. Le proteste hanno di solito due motivazioni: quella più ovvia, che nasce dalla imminente privazione delle vedute godibili dalle abitazioni intorno all’area libera, e quella più astratta, ma certo non meno valida, che nasce dalla imminente perdita di un bene culturale: la vegetazione che cresce sulle aree libere la quale è davvero considerata dalla gente comune un bene più importante della volumetria edilizia che si vorrebbe realizzare.
A fare le spese delle “cubature spostate” sono state tutte le aree ancora libere nelle parti pregiate della città le quali non avrebbero avuto un indice di fabbricabilità capace di accogliere cotanta volumetria edilizia. Ma ha mostrato la corda anche il rapporto di 1:1 che il meccanismo permetteva (demolisco 1 metro quadrato, perciò ricostruisco 1 metro quadrato); in realtà non si è mai verificato il caso di una ricostruzione integrale della superficie, giacché la porosità del tessuto urbano non è poi così ampia come si pensava. Perciò il Comune ha deciso di modificare le regole del meccanismo, giustificando apparentemente la modifica col desiderio di accogliere la protesta montante.
Con il consenso tacito o esplicito di tutte le forze politiche genovesi sta andando in porto l’operazione fortemente voluta dal partito trasversale degli affari. Ognuno ha fatto la propria parte. I Ds utilizzando il “metodo Telecom” (consistente, per chi non lo sapesse, nel controllo dell’azienda attraverso una catena di partecipate); l’Ulivo (o Partito Democratico allo stato nascente) tacendo o assentendo (Tullo, segretario Ds:”Molto meglio separare le due vicende: come l’Ulivo affronterà il dopo Pericu e dove sta andando il Partito Democratico” intervista pubblicata dal Secolo XIX, 9 ottobre); il nuovo rassemblement di sinistra (Prc, Pdci, ex Correntone Ds, ora “Unione a sinistra”) proponendo un candidato di bandiera, forse la miglior scelta possibile come qualità della persona, ma certamente non tale da impensierire il candidato Ds.
Ho letto con interesse le vostre note circa la Margherita e la sua trasparenza (o meglio la trasparenza dei suoi dirigenti). In proposito, anche la mia personale esperienza potrebbe risultare di qualche utilità.
Nella galleria degli uomini politici degni di essere ricordati anzitutto per lo stile elevato, un posto di rilievo spetta di diritto a due personaggi straordinariamente lontani tra loro, quali Bossi e Putin, diversissimi, eppure accomunati da alcuni tratti forti, a cominciare dall’eleganza del linguaggio. Per chi ama collezionare perle espressive da tramandare, le cronache di questi giorni hanno fornito spunti memorabili di entrambi.
Anna Politkovskaja è stata ammazzata e non c’era nulla da scrivere. Se non della rabbia. Bisognava aspettare, e osservarla un po’ più da lontano questa morte per rammentare che l’ambasciatore italiano a Mosca non ha presenziato alle esequie. La diplomazia internazionale suggerisce distanze, evita contaminazioni d’idee, annusa l’aria. Il fatto che solo Pannella, di tutti i politici italiani, parlamentari, senatori, sottosegretari, abbia ritenuto “naturale” la sua presenza al funerale, è un segnale a dir poco allarmante. Se non altro perché di questo assassinio si è scritto tantissimo, su tutti i giornali e per molti giorni. Quindi ci riguarda.
Anche Massimo D’Alema, a suo tempo in visita a Mediaset, ne aveva esaltato il valore e l’importanza per l’economia nazionale. Massimo D’Alema è uomo d’onore, tuttavia vorrei opporgli alcune considerazioni.
Duole – si fa per dire… – scriverlo, ma gli interventi di Pietro Citati lasciano spesso un inconfondibile retrogusto di cartolina illustrata, al punto che, letti, si sarebbe tentati di sondarne il rovescio, in cerca dell’immagine che invariabilmente li accompagna. Passi per Goethe e Kafka trasformati in portatori sani delle stimmate aneddotiche del genio; l’affare si complica quando, su Repubblica del 28 agosto, il nostro si lancia nella genealogia breve dell’antisemitismo. Qui il problema è tale, che dritto e rovescio si confondono in una logica implacabile e cristallina di cui il Citati surrettiziamente si aureola.