Ambiente/1 – Spostare le cubature rende più dei parking

La cronaca locale ha dato notizia dei comitati sorti per opporsi alla costruzione di nuovi edifici su aree rimaste libere all’interno del tessuto edificato. Le proteste hanno di solito due motivazioni: quella più ovvia, che nasce dalla imminente privazione delle vedute godibili dalle abitazioni intorno all’area libera, e quella più astratta, ma certo non meno valida, che nasce dalla imminente perdita di un bene culturale: la vegetazione che cresce sulle aree libere la quale è davvero considerata dalla gente comune un bene più importante della volumetria edilizia che si vorrebbe realizzare.


In qualche caso in effetti, la vegetazione sopravvissuta sulle aree libere è davvero un valore culturale come mi pare di poter dire a proposito dell’uliveto murato di Via Scala a Quinto e a proposito del frutteto di Via Riboli in Albaro. Il fatto è che le trasformazioni urbanistiche della città non sono governate da fattori culturali, ma da fattori reddituali e spostare le cubature da una parte all’altra è diventato un affare più lucroso della costruzione di parcheggi interrati.
La norma che permette la dislocazione di volumetrie era da tempo presente nel Puc (che non è un Piano Regolatore Generale, ma un Piano Urbanistico Comunale; dunque cade in secondo piano l’effetto “regolatore” che viene invocato da chi attua le proteste). Questa norma introduce un meccanismo che permette a chiunque di acquisire superficie edificabile sul proprio terreno libero, demolendo una pari superficie edificata da qualche altra parte del territorio comunale. Testualmente recita: “Gli edifici residenziali esistenti incompatibili con le funzioni e gli obiettivi di riqualificazione possono, se demoliti, essere ricostruiti nell’ambito delle sottozone BA, BB, BE…”
Significa che i caseggiati residenziali situati in aree che il Puc destina ad altri usi (non residenziali) possono essere demoliti e la superficie lorda abitabile che questi edifici avevano prima della demolizione, può essere realizzata (costruendo ovviamente nuovi edifici) in qualsiasi altra parte del territorio comunale purché si tratti di una zona B (di completamento) nelle sue tre possibili categorie: BA (di pregio ambientale), BB (meramente residenziale), BE (agricola).
Il meccanismo si appoggia ad una registrazione notarile, attuata dal Comune di Genova, che garantisce la conservazione del diritto a ricostruire le volumetrie a partire dalla loro demolizione. La registrazione consente dunque la vendita del diritto a ricostruire. Difatti c’è chi ha intrapreso le demolizioni pur non disponendo di superfici su cui ricostruire le cubature acquisite. Si è aperto perciò un inusitato mercato delle volumetrie che, come tutti i mercati, fa lievitare i prezzi a seconda del rapporto fra offerta e domanda. Perfino il Comune ha potuto vendere volumetrie residenziali (e incassare imprevedibili entrate) demolendo i fabbricati residenziali che insistevano sull’area in cui era previsto il nuovo mercato ortofrutticolo.
Il meccanismo messo in moto, privo com’è di qualsiasi criterio che orienti la ricostruzione, è apparso a più d’uno come una macchina ingovernabile.
(Rinaldo Luccardini)