Categoria: 174

  • VERSANTE LIGURE


    MALATO TERMINAL

    A volte troppe cose

    producono un casino:

    il Plurimo, è palese,

    fa caos ben più dell’Uno

    (difatti qui il “purpose”

    è “multi”, mica “mono”).



    ASTA TOSTA PER TUTTI I GOSTI

  • Porto/1 – Conflitto d’interessi e pace sociale

    Le paginate di cronache che dovrebbero svelarci nei dettagli lo “scandalo” del porto, ossia come si configurano i pesanti reati contestati ai vertici di Palazzo San Giorgio, in realtà lasciano perplessi se non delusi i lettori, rassomigliando sempre più a verbali di organi amministrativi dove si discute, si critica, si media prima di deliberare. Manca insomma la sostanza “criminogena” dei fatti, l’interesse personale, la ragione occulta, il motivo inconfessabile per cui sarebbe stata operata una scelta anziché un’altra. E forse è inevitabile che sia così, dal momento che, come riconoscono gli stessi magistrati inquirenti, non c’è alcun sospetto di tangenti, ossia di bustarelle a carico dell’ex presidente dell’Autorità portuale, Giovanni Novi, un galantuomo per tutti, critici compresi.

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  • Porto/2 – Sparato dal bar il primo siluro

    6 febbraio 2004. Novi si insedia all’Autorità portuale. Regione (Biasotti), Provincia (Repetto) e Comune (Pericu) gli assicurano “massima autonomia”. Lui dichiara: “Non cederò a pressioni né a condizionamenti”. Sembra uno che sappia di cosa parla. Della legge 84/94 in un’intervista (26 febbraio) dice che andrebbero modificate le modalità macchinose di nomina dei presidenti delle Autorità Portuali e la composizione del Comitato Portuale … eccessiva nel numero dei delegati e molto sospetta di conflitti d’ interesse. Il 9 marzo invita il nuovo Comitato portuale a lasciar da parte risse, carte bollate e cavilli giuridici “per impedire che l’avversario-concorrente imponga le legittime ragioni del suo business”.

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  • Città – Se lo Zenzero apre dialogo e speranze

    A Genova le cose possono accadere per caso, ad esempio ad una festa, nella quale il vicesindaco ha ascoltato le voci dei presenti per farsene carico. E’ stata l’occasione amicale da cogliere al volo praticando quel “Yes, we can” – tanto di moda di questi tempi – per guardare le persone negli occhi con la volontà precisa di cancellare la distanza tra politica e i cittadini. Per caso è nata l’idea di potersi incontrare ogni quindici giorni con un’agenda per fare il punto su obbiettivi e percezioni, desideri e praticabilità degli stessi, per parlare di un’idea di città che, volenti o nolenti, passa attraverso giunta, consigli comunali, municipi, riti e processi definiti. E’ “la chiacchierata da trasformare in qualcosa di più sistematico” nella quale al centro è Genova e la sua amministrazione per “creare un rapporto tra chi prende le decisioni e chi le vive”.
    Il 6 febbraio al circolo Zenzero il vicesindaco Paolo Pissarello dà il via agli appuntamenti del mercoledì. Alcuni dei presenti lo conoscono. Con loro la scelta di iniziare – anche in pochi e proprio lì – gli incontri; e l’aria che si respira è davvero leggera. Perché si può parlare, criticare, obbiettare, divagare, lamentarsi, ma soprattutto credere che ci sia una strada per partecipare davvero. Si tratta di individuarla.

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  • Al telefono – Contro le vigliaccate invocate benedizioni

    Repubblica 9 febbraio ’08. “Lo sapete come si chiama questa cosa? Una vigliaccata”. La frase per telefono è di Casini e a ricevere sono Fini e Berlusconi. Lui è sull’Eurostar che accompagna la moglie a Bologna, loro sono a Roma e hanno appena deciso di fare la lista unica. “Ma come, io sto qui in treno e voi state lì tutti insieme e mi dite che sta nascendo un nuovo partito? Ma vi pare il modo di fare? Mi annunciate una operazione di questo tipo tra una galleria e l’altra?… No, questa è una vigliaccata, un complotto bello e buono”. Fini dall’altra capo del telefono prova a rabbonirlo poi, di fronte alle rimostranze che non cessano suggerisce “A questo punto forse ti conviene andare da solo”. “Sì, certo, a questo punto mi conviene andare da solo” replica infuriato Casini e click, chiude il contatto.

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  • “Rapimenti” elettorali

    Disagio. Grandissimo disagio, imbarazzo, e un sentimento di vergogna per interposta persona mi colgono mentre leggo i nomi della caccia alla candidatura “di richiamo” che iniziano ad affollare le notizie di stampa. Tanto maggiore questo imbarazzo, questa vergogna, quanto più alto è il profilo etico, umano, intellettuale, il valore simbolico di testimonianza civile delle persone tirate a mezzo. Don Andrea Gallo, Roberto Saviano, e l’operaio Antonio Boccuzzi sopravvissuto alla Thyssen vengono corteggiati. Tentativi di seduzione in corso, a cui mi sembra (e mi auguro) stiano resistendo.
    Nelle precedenti elezioni era toccato a Sabina Rossa e ad Heidi Giuliani. Incapace di dare prova del proprio contatto con la realtà sociale, e del proprio profilo etico, la politica di sinistra e di centro sinistra, colta dal panico di non riuscire a comunicare le sue buone intenzioni, tenta la via del rapimento. Come se la lotta alla camorra, alle morti sul lavoro, alla esclusione si potesse fare sequestrando le persone, strappandole alle cose che sanno fare così bene. Basterebbe ascoltarle, queste persone. Lasciarle operare dove operano, ed ascoltarle.
    (Paola Pierantoni)

  • Burocrazia – Manuale di sopravvivenza per coppie miste

    Tra i vari manuali che le librerie propongono e che dovrebbero insegnarci a fare questo e quello, purtroppo non si trova questa bibbia delle procedure per vivere felici con un partner straniero: “Manuale di sopravvivenza burocratica per italiani con partner straniero”, di Amedeo Intonti (http://www.tuttostranieri.it/Manuale-Amedeo.htm, attenzione è in ristampa). L’autore, dopo le vicissitudini che hanno reso assai difficile la sua storia con una donna straniera, ha cominciato a scrivere su un blog/forum (www.moldweb.it). Sulla base delle molte testimonianze raccolte ha quindi messo insieme questo manuale, un vademecum utilissimo per chi si dovesse mettere sulla strada minata di un matrimonio “misto”.

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  • Graffiti – Doveva parlare alla Sapienza

    Enorme errore quello di aver fatto in modo che Benedetto XVI evitasse di parlare alla Sapienza! Più il Papa parla, più si rivela la natura del suo pensiero, e – nella misura in cui coincidono – quello della Chiesa cattolica: lo scorso anno Benedetto XVI si è messo nei pasticci a Ratisbona, qualche tempo dopo ha avuto il coraggio di dire che gli spagnoli nell’America precolombiana hanno rispettato le religioni indigene, recentemente ha rivendicato l’eternità dell’inferno… ora salta fuori con l’affermazione che “correnti culturali e politiche cercano di eliminare, o almeno di offuscare e confondere, le differenze sessuali”.
    Francamente, non mi pare che il grido “Vive la différence” sia sortito dai seminari o dai conclave, né che mai ci sia stato da parte di chicchessia il tentativo di eliminare le differenze sessuali. A parte il fatto che la cosa mi sembrerebbe d’ardua esecuzione (“è Romeo che se lo taglia o è Giulietta che se la cuce?”), se questo pensiero del Papa l’avesse formulato un altro, non avremmo riguardi nel liquidarlo come una sesquipedale sciocchezza.
    Ma quel che dice un Papa deve pur essere discusso, e allora discutiamolo. Su quali basi biologiche, mediche, anatomiche, psicologiche o altro, B XVI fonda la sua teoria di una contrapposizione netta ed esclusiva tra maschio e femmina? Come negare che tra maschio e femmina – così come tra vita e morte – esistano stadi intermedi che conducono dall’uno all’altra senza soluzione di continuità? Altro che negargli la parola! Parli, parli, ci dica, citi, sentenzi, chiosi…
    (Luigi Lunari)

  • Perché non si applicano le leggi sulla sicurezza

    Sono un operaio portuale della compagnia “Pietro Chiesa” e faccio parte del coordinamento regionale RdB-CUB Liguria. In riferimento alla nota di OLI su “sicurezza, gli operai invisibili e le guardie rosse” vorrei precisare quanto segue.
    All’incontro pomeridiano con il prefetto Giuseppe Romano, ci è stato impedito, su pressioni della Cgil (tramite due agenti della Digos) di poter esprimere la nostra posizione sulla sicurezza in porto e riguardo la morte di Formenti.
    Per quanto riguarda il “Sistema operativo integrato” a cui noi siamo totalmente contrari essendo un’invenzione che non ha nessun tipo di fondamento giuridico; è stato varato non solo sull’onda dell’emotività ma anche su forti pressioni di iscritti Cgil della “compagnia unica” che non solo hanno molti problemi di sicurezza al loro interno (come si evince dall’articolo di p.p., OLI n° 173) ma non hanno la minima conoscenza della attuale legislazione in termini di sicurezza.
    Ha ragione Umberto Masucci, quando dice che “l’accordo viola la normativa in vigore”. In porto come in ogni posto di lavoro c’è bisogno di applicare semplicemente le leggi che già sono operanti, 272- 626, leggi e regolamenti che ad ogni modo possono essere migliorati, ma unicamente solo dopo una loro applicazione. E in ultimo vorrei ricordare che inizialmente le nostre proposte erano sull’applicazione della 84/94, sul riordino della legislazione portuale, materia che i sindacati confederali continuano ad ignorare.
    (Giuseppe Sassone, RdB-CUB)

  • Un sistema informatico non “salta” per caso

    Ho seguito sui quotidiani la vicenda riguardante il blocco del sistema informatico del VTE: lavoro in una grande azienda genovese che si occupa di impianti di segnalamento ed automazione nel campo dei trasporti: francamente non riesco a capire cosa stia accadendo. Un sistema informatico, oltre a svolgere le sue mansioni, deve essere dotato di una serie di accorgimenti tali da ridurre al minimo i danni derivanti da guasti “meccanici” (in termini tecnici l’hardware), o da malfunzionamento del “programma” che gestisce il sistema (il software).
    Questi accorgimenti sono di vario tipo, dalle ridondanze, ossia usare più macchine che svolgono le stesse funzioni, a vari meccanismi automatici di salvataggio e recupero dei dati, onde evitare perdite degli stessi dati: non sto parlando di meccanismi astrusi, ma di accorgimenti ormai scontati senza i quali un sistema informatico si può considerare una “patacca”. Senza parlare del fatto che all’atto della consegna del sistema sono di norma previsti test di accettazione, che condizionano il pagamento della fornitura del sistema stesso, ma forse vado troppo nel dettaglio. Occorre capire dove stiano le responsabilità di questo blocco: in quale punto del ciclo di produzione ed utilizzo del sistema informatico (stesura dei requisiti, realizzazione, test, corsi agli utenti, utilizzo e manutenzione) qualcosa non abbia funzionato. Insomma parlare di generico “blocco” non spiega veramente nulla.
    (Ivo Ruello – Genova)