Categoria: Bianca Vergati

  • OLI 374: CITTA’ – Boccadasse, l’ultima spiaggia

    È un luogo incantato… Con la persona amata è poetico. Consiglio a tutti di farci un salto al tramonto..” Così l’ultimo Tripadvisor  (17 aprile), postato su Boccadasse, dove i genovesi portano gli amici, che arrivano da fuori per godere la vista inaspettata di uno dei più  affascinanti borghi marinari d’Italia, dove lo scrittore Camilleri fa abitare la fidanzata del famoso commissario Montalbano.

    Tanti luoghi patrimoni dell’Unesco non reggono il confronto. Ci si va per guardare il mare con le case colorate dei paesini  di Liguria, a pochi passi dalla spiaggia i bambini a tirar pietre nell’acqua sotto gli occhi di nonni o di mamme. Basta il sole e mangi il gelato anche se fa freddo, è un via vai di grandi e di piccoli, che passano il tempo a fare i salti dal muretto per atterrare sul morbido della coltre di pietrine.
    “Una  miniportofino nel cuore della city”, lo descrive un altro post e gli Uffici del Commercio hanno pensato bene di concedere ad un ristorante di collocare i suoi tavolini in uno spazio  tale, che gli accessi alla spiaggia e alla piazzetta si sono ridotti della metà.
    Dalla Costa Azzurra a Cadaques, nessuno ti impedisce di arrivare al mare: baretti, ristoranti, pub, tutti hanno uno spazio ben definito, mentre  a Genova, nell’unico incantevole luogo che c’è in città, una corolla di tavolini circonda l’arco della spiaggia ed ha ristretto il passaggio a chi scende la mattonata. Proseguendo, dopo i tavolini di quasi un metro di lato con poltroncine da regista, sono posizionati un contenitore dei rifiuti,  legittimamente due cassoni di pescatori, alcune barche ( ma soltanto due hanno il permesso) e quindi per arrivare in spiaggia un varco di tre metri e basta. Una nonna ha protestato, scrivendo al Comune.
    Ben vengano attività che animano i luoghi d’attrazione per il turismo. Fanno allegria i tavolini in blu, sono accoglienti, ma s’impedisce di arrivare al mare, è rimasta da un lato soltanto una piccola scala, ora non ci si può più sedere sul muretto le gambe ciondoloni: si è risposto, scherzando ma non troppo, che quelli che arrivano non hanno più l’età per saltare.
    Due maestre volenterose hanno portato ieri i loro alunni a Boccadasse, era uno sgusciare impervio, stretti fra zainetti e gambe di tavolini a un palmo di naso e la spiaggia sottostante.

    Questa la cronaca del 23 aprile e chi scrive fa un giretto a Boccadasse, interpella un vigile che passava di lì, fa notare la situazione al ristoratore, che asserisce essere tutto regolare, ha già ricevuto un sopralluogo.
    Oggi 24 aprile, magia però,  i tavolini sono stati assiepati, allontanati di un metro dal bordo del muretto e dalla scaletta: evviva, è stato lasciato più spazio per potersi sedere di nuovo a ciondoloni!
    A pensare male… Non è proprio tutta colpa degli uffici, che comunque pare concedano ad occhi chiusi suolo pubblico, come se un marciapiede o il posto più bello che Genova ha, fossero la stessa cosa, con tutto il rispetto per chi lavora.
    Chi abita lì da generazioni assicura che i boccadesini sono sollevati quando c’è lo “sciocu”, il vento di scirocco, così non viene nessuno – peccato! è così bella – e tutti i cittadini ne dovrebbero poter godere.
    Dispetto ed indignazione ha sollevato il respingimento da parte della Regione circa la richiesta di mettere una pedana sulla spiaggia per piazzarci tavolini (Decr. R. n.3 del 7/1/2013), mentre altri ambirebbero ad una bella squadra di lettini: in fondo occupano lo spazio di un asciugamano. Ma non tutti hanno i soldi per il lettino e tanti fanno le vacanze in città. E Boccadasse ha un vincolo di paesaggio, è spiaggia libera, è spazio di tutti, è un bene da preservare, forse c’è in giro uno strano concetto di bene comune.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)
  • OLI 373 – CITTA’: L’ultimo stadio e il patron della Samp

    “Perché, vede, noi abbiamo una tradizione in città, noi rappresentiamo qualcosa che quelli del Genoa non hanno, non c’è la cultura, non potremmo fare uno stadio con il Genoa, il nostro è un brand da difendere… per restare in serie A”  sottolinea il figlio di Edoardo, durante  il buffet offerto ai Consiglieri dopo la Commissione-fiume, in cui è stato presentato il progetto Stadio in Fiera.

    Comprensibile l’incompatibilità con la squadra rivale di sempre, non si capisce però la storia della serie A, non è che la Sampdoria brilli: e comprare qualche giocatore in più? direbbero i tifosi, anche loro presenti tra il pubblico di Sala Rossa, pazzi per uno stadio tutto Samp come per il Manchester, l’Arsenal, la Juve.
    Il progetto è interessante, non si evidenziano però operazioni finanziarie da capogiro, come per  il nuovo impianto dell’Arsenal: emessi persino dei bond per 250 milioni sterline, occupati 24 ettari di una fabbrica dismessa, edificati migliaia di appartamenti, bar, ristoranti al posto del leggendario stadio Highbury di Londra.
    Sono altri numeri, milioni di sterline e giri di sceicchi.
    E perché noi no? Il gruppo Union Calcio Sampdoria accarezza l’idea, è un fatto che con gli stadi nuovi i grandi club europei stanno guadagnando parecchio, pure la Juventus, con un aumento di quasi il 12 per cento di abbonamenti e del 30 per cento di ricavi. Nessuna intenzione speculativa, sottolineano.
     L’iniziativa nasce su input del disegno di legge per gli stadi, presentato ma non approvato che, con  generose agevolazioni, cercava di risolvere l’annoso problema dell’impiantistica di proprietà pubblica: anche a Genova abbiamo un problemino, perché Genoa e Samp fanno a gara a chi paga per ultimo l’affitto di Marassi; spesso interviene la Carige.
    L’Union Club Sampdoria nella sua brochure di presentazione, distribuita ai Consiglieri comunali, elenca sette buoni motivi per fare lo Stadio in Fiera e li citiamo in ordine: miglioramento della sicurezza contro la violenza negli stadi, qualificazione dell’impianto come polo sociale e culturale, diminuzione dei costi per la collettività con la riduzione di spese di manutenzione, nuove opportunità occupazionali, riqualificazione urbana, ambientale e territoriale, diversificazione delle forme di ricavo della Società, maggiore competitività dello sport italiano.
    Alcuni si commentano da sé, su altri si potrebbe discutere. Su tutti però il tema del lavoro: un migliaio di edili impegnati, mentre, ad opera finita, i lavoratori saranno tra le 15 e le 30 unità. Cifre da sballo.
    Per contro la Società potrebbe avere “un riequilibrio delle voci del conto economico e, in ragione della titolarità dell’impianto, la conseguente patrimonializzazione”: bel colpo, si tratta delle aree più pregiate di Genova, in riva al mare e in centro città, valutate sui venti milioni di euro dalla presidente di Fiera Armella, che intanto vuole mandare a casa 31 su 54 lavoratori e un indotto di quasi cinquecento piccole imprese.

    E’ sulla crisi di Fiera che conta la Sampdoria, sui conti che non tornano per il Comune, principale azionista?
    Sorvolando pure sull’impatto paesaggistico di uno stadio piéd dans l’eau da trentamila posti e mille parcheggi, ci si chiede perché farlo proprio lì. Di certo fa gola anche l’eventuale saldo dell’ex palazzo Nira-Ansaldo e qualche immobile del Comune nei dintorni. In cambio si avrà un modesto palazzetto dello Sport per altre discipline, alto circa trenta metri, al posto della ariosa tensostruttura; un po’ di centro commerciale che non guasta mai. E sperando nei nuovi accessi di ponente, che si otterrebbero tirando giù 500 metri di fine sopraelevata per arrivare direttamente in Fiera (costo un milione al metro, fonte Autostrade), trentamila persone si riverserebbero nell’arco di poche ore in un luogo già intasato.
     Ma l’interesse pubblico qual è?
    Il disastro è che non s’intravede proprio una visione di potenzialità economico-lavorative per la città, ma soltanto un progetto dall’utilizzo alterno, rivolto essenzialmente ai tifosi e non per attrarre turismo, forse la nostra ultima speranza. 
    (Bianca Vergati – immagine da internet)
  • OLI 372: URBANISTICA – Corso Italia, la fuffa certificata delle spiagge libere

    Nel marzo 2012 l’assessore al Demanio Farello della Giunta Vincenzi annunciava con toni trionfali novità importanti per l’estate, in particolare per Corso Italia – “la parte di litorale più in sofferenza” ammetteva – dove ci sarebbe stato un aumento del 20% di spiaggia libera con l’ampliamento di spazi già pubblici fra S. Nazaro e Punta Vagno e fra i bagni Squash e Capo Marina con la riduzione di spazi in concessione, togliendo pure un po’ di cementificazione.
    Inoltre si sarebbe potuto mettere la barca in mare senza pagare su quattro nuovi scali fra Nervi e Punta Vagno e chiunque avrebbe potuto fermarsi gratis per fare il bagno, perché “La battigia si allargherà e dovrà avere una profondità non inferiore ai dieci metri per consentire sosta gratuita per la balneazione”, affermava.
    Evviva, finalmente. Il Pro.u.d., Progetto di Utilizzo del Demanio, licenziato dal Consiglio Comunale, prevedeva il nullaosta della Regione entro un paio di mesi. Gli uffici regionali però, hanno prodotto le loro osservazioni soltanto a gennaio di quest’anno e con qualche sorpresina niente male.
     Innanzitutto è stata smontata la tesi che a Genova si ottemperi alla legge regionale che prevede il 40% di spiagge libere, dove si dichiara di arrivare oltre il 54%, compresi gli scogli, come sottolineato dall’allora assessore.
    Nell’incontro del 5 marzo 2013 fra Municipio Medio Levante e gli uffici comunali  è uscita invece una percentuale assai diversa per il litorale fra Boccadasse e Punta Vagno: le spiagge libere arrivano ben all’ 11%! Come mai? Semplice: la Regione ha chiesto di “eliminare tra le aree libere quelle dichiarate non accessibili o non praticabili, …foci di torrenti, scogliere impraticabili… ed integrare …dettagliato Municipio per Municipio..” (Decreto n.3 del 7/1/2013). Ovvero di considerare i tratti liberi e accessibili per ogni porzione di costa, cioè per corso Italia, Quarto, Quinto, ecc.
    Il computo era stato invece redatto in maniera complessiva. Non solo. Si sono messi nel conto il tratto di spiaggia libera della Marinetta , che sarà interessato dal miniscolmatore del Fereggiano, rio che sfocia proprio a metà di corso Italia, la nuova spiaggetta della Motonautica, con accesso chiuso dai cancelli del club, e pure la nuova spiaggia che ancora non c’è accanto al depuratore.
    Il Progetto presentato “non risolve efficacemente il nodo della carenza di spiagge libere e libere attrezzate nel litorale cittadino con particolare riferimento a Corso Italia…” dichiara la Regione, che per contro ha stralciato “la previsione di una fascia intermedia tra le concessioni e la battigia, utilizzabile liberamente e in cui è permessa la sosta per la balneazione… in quanto costituisce una modifica e una servitù ai concessionari balneari. E ci si arriverebbe fra cancelli e barricate soltanto piedi in acqua dalla spiaggia libera di S.Giuliano, aggiungiamo noi: un aiutino ai balneari tanto perseguitati, alcuni dei quali sono anche in causa per i canoni giudicati troppo elevati, poveracci.
     Come clou dell’incontro alla richiesta di aprire gli stabilimenti Comunali tutto o parte dell’anno, come propone la nuova L.R di febbraio 2013, viste le perdite finanziarie della partecipata del Comune, la risposta dei Bagni Comunali ( con presidente in scadenza mandato) è stata: “ci sono problemi di personale”. Peccato che pochi giorni dopo in Consiglio Comunale l’assessore al Bilancio abbia dichiarato che per i due stabilimenti comunali ci sono in organico trentasette bagnini ( Mercantile, 21/3).
    (Bianca Vergati – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 371: URBANISTICA – Mal di park in Caravelle

    Puc- 2000
    La zona rossa è tutta esondabile , anche il marciapiede alla base delle caravelle.
    Si deduce che non sia possibile costruire un parcheggio interrato.

    Appare, scompare, riappare, su e giù come le onde il progetto delle Caravelle in piazza della Vittoria a Genova, accantonato dopo l’approvazione del Puc del sindaco Vincenzi e la tragica alluvione. Sembrava disperso, invece eccolo di nuovo alla ribalta l’autosilo sotto i giardini in onore di Colombo, ultima certezza che i genovesi hanno come paesaggio cittadino dopo le matitone-grat-en-ciel, che oscurano la vista della Lanterna amata.
    Con una proposta-spot il Municipio del Medio Levante ha presentato in Commissione Territorio il Park Caravelle, a cui maggioranza ed opposizione, tranne Sel, hanno dato “parere favorevole”.
    Ancora? Già ancora, pur se la precedente Giunta di centrodestra aveva votato il sì al progetto, ci si è presi la briga di riproporlo una seconda volta, senza che nulla fosse cambiato nella proposta. Iter inusuale a dire poco: se ogni volta che cambia “colore” un’Amministrazione, si dovessero rifare i percorsi di approvazione di un progetto saremmo ai castelli medievali, burocraticamente parlando.
    La prassi di solito è che il progettista chieda parere al Comune e che lo domandi al Municipio e non viceversa. Nel merito non si è nemmeno entrati, con le tecnologie attuali che importa se fino al marciapiede del liceo Doria secondo il Piano Urbanistico Comunale è “zona rossa”, cioè esondabile, perciò avanti tutta con tre piani di parcheggio interrati e tre sotto la collina delle Caravelle, per 400 posti.
    Le motivazioni del sì del Municipio?
    Liberare i posti occupati dalla Questura, assegnandogliene 150: sorpresa, neppure è stata interpellata ed è già ospite in un edificio della Provincia, che non ha un soldo, figurarsi se paga i parcheggi per gli impiegati delle Forze dell’Ordine. Così si prospetta l’idea di poter liberare Piazza della Vittoria dalle auto, e chi non la vorrebbe questa bella piazza sgombra! Ma le Società di Parcheggi hanno una concessione sessantennale rinnovabile su questo spazio.Dura convincerle a sloggiare, quando hanno già tre piani sotterranei e due di questi sempre deserti, per un totale di 750 posti. A progetto, gli ascensori interni e le scale mobili ai lati delle Caravelle, tutto a carico del Comune s’intende, potrebbero collegare la Foce all’ospedale Galliera e chi abita su potrebbe venire a parcheggiare giù in piazza. Il nodo di fondo è un altro però, sono gli elettori della Foce, che lamentano carenza di parcheggi. Eppure gli abitanti sono diminuiti: giustamente, c’è l’anziano pensionato bisognoso dell’auto, ma forse ci saranno anche più auto per famiglia, o magari sono stati concessi troppi permessi per zone ai non residenti, d’altra parte però, ormai la Foce è “centro città” con uffici ed esercizi commerciali. Non si sentono ragioni. La Mobilità è prima di tutto quella privata.
    Corsie gialle? Ma tolgono parcheggi! E che importa se i bus si devono fermare per le auto in doppia fila. Gli autobus sono meno, è vero, e non per 24 ore, ma dobbiamo battagliare per avere un trasporto pubblico efficiente e non una vita a quattro ruote
    (Bianca Vergati)

  • OLI 363: ELEZIONI – Non sarà il solito Benvenuti al Sud

    Si fa un gran parlare della Lombardia come ago della bilancia alle prossime consultazioni elettorali, ma sotto sotto s’indovina il Sud come altra incognita, una parte del Paese dal voto volatile, che premia con furore una parte o l’altra della politica, sperando ogni volta invano che ci si ricordi delle sue belle terre non soltanto quando si devono appiccicare i manifesti.
    Se infatti contano i seggi al Senato della Puglia, ben più determinanti sono quelli della Sicilia. E se là il territorio appare più felice, omettendo l’Ilva, qui imperano disgregazione sociale, disoccupazione giovanile al massimo dei record europei, mafie dai molti nomi, dai colletti bianchi e dall’accento anche nordista.
    Molto tempo e macerie sono passate dalla prima volta di B. in Sicilia, un sessanta a zero che lasciò tramortita la sinistra, ed ecco far capolino sondaggi da brivido, a pochi mesi dalla vittoria alle Regionali del centrosinistra, sia pure con la metà dell’elettorato: un 29 per cento per il centrodestra, contro il 29 e mezzo della controparte secondo La7 a Ottoemezzo del 30/1 e un pareggio sul Tg3 del 29/1, senza contare il M5Stelle.
    Hai voglia a nominare assessori regionali come Zichichi. L’illustre scienziato di Erice pare ancora immerso nel suo incantato e foschioso borgo medievale, mentre l’altro assessore, il menestrello Battiato, per ora non ha fatto presa con le sue note.
    Non soltanto il Palermo, una squadra di calcio dal cuore grande, scivola in serie B, persino la città di Palermo, che aveva salutato con i tamburelli il ritorno del sindaco Orlando, sembra sopita in una stratificata inerzia. Nulla è cambiato, neppure nell’immagine; un traffico da Shangai, puzzolente e irriverente persino nei suoi angoli più belli, non esiste un pezzetto di area pedonale neanche davanti alle sue architetture meravigliose.
    Spazzatura ovunque, dai vicoli alle cittadine intorno.
    Eppure non tutta la Sicilia è così, trovi città tirate a lucido, spazzate, con il passeggio sul lastricato splendente, distese di ulivi e aranci in una campagna curata, costellata di fiori azzurri e gialli anche in gennaio.
    Forse per risollevarsi non basta più la delega passiva al leader taumaturgo, ma una diversa cooperazione sociale tra i cittadini e chi li rappresenta. Per restare nella metafora calcistica, Palermo, la Sicilia, il Sud soffrono della disaffezione di un pubblico volubile e al tempo stesso esigente che ha dato molto e al tempo stesso troppo poco. Le giuste pretese di una vita migliore al Sud si scontrano magari quotidianamente con una certa latitanza del senso civico, a fronte di un autentico anelito al cambiamento, a cui la politica non riesce a dare un senso.
    Ecco dunque che forze nuove come quelle messe in campo da un disinvolto magistrato insulano spaventano non soltanto il Pd, ma anche chi dello psiconano e della sua cerchia, per dirla alla Grillo, non ne può più. Forze nuove di tutto rispetto s’intende, che fanno della legalità una bandiera, ma candidano in Campania un tale Aniello Di Nardo, capopopolo dallo slogan “condono edilizio passato, presente e futuro”, mentre  “Napoli non merita soltano promesse” titola l’Unità del 31 /1 dopo che gli autobus hanno smesso il servizio perchè senza benzina: amministra la città un volenteroso sindaco-ex magistrato, altro leader del movimento delle toghe.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 362: VOTO ALL’ESTERO – Diritto negato a temporanei e precari

    Forte la polemica in questi giorni sugli studenti Erasmus lontani dall’Italia che non possono votare, mentre ancora si rabbrividisce al ricordo dei pasticci dei parlamentari eletti all’estero con la giustissima legge voluta da Pino Tatarella, che colmò un vuoto legislativo davvero indegno. Su modello anglosassone con il Decreto-legge 18 dicembre 2012, n. 223 si è ampliata ulteriormente la platea degli elettori e così alcune categorie di cittadini residenti temporaneamente all’estero e ai quali non è richiesta l’obbligo di iscrizione all’Aire, Anagrafe italiana residenti all’estero, possono votare per corrispondenza.
    “Le categorie individuate sono: appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all’estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali; dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente all’estero per motivi di servizio, qualora la durata prevista della loro permanenza all’estero sia superiore a tre mesi e inferiore a dodici mesi i loro familiari conviventi; professori e ricercatori universitari che si trovano in servizio presso istituti universitari e di ricerca all’estero per una durata complessiva di almeno sei mesi e non più di dodici mesi che, alla data del Decreto del Presidente della Repubblica di convocazione dei comizi, si trovano all’estero da almeno tre mesi, nonché, qualora non iscritti nelle anagrafi dei cittadini italiani all’estero, i loro familiari conviventi.” 
    E tutti gli altri? Lodevole la legge, ma assolutamente discriminante, infatti dai “temporaneamente all’estero” sono esclusi non soltanto gli Erasmus, ma tutti i cittadini italiani che sono fuori dall’Italia, come ad esempio i ragazzi che frequentano corsi di studio più lunghi di un Erasmus, durevole al massimo un anno, ma anche coloro che sono andati via perché nel nostro Paese non hanno trovato lavoro e magari sono partiti per una sistemazione precaria, un contratto a termine, una chance altrove.
    In realtà iscriversi all’Aire sarebbe obbligatorio, trascorsi tre mesi dall’arrivo in un altro Paese, ma molti non lo fanno e non per una mera questione di tasse, bensì perché si viene cancellati automaticamente dall’assistenza sanitaria nazionale quando si comunica al proprio Comune la diversa residenza: se si rientra in Italia si ha diritto all’assistenza sanitaria per 90 giorni e soltanto per cure urgenti, salvo ricambiare la residenza. Tutto ciò se non si ha distacco per lavoro, un lavoro ufficiale, certificato da un’azienda e se si è nei paesi Ue o in Paesi che prevedono accordi sanitari: se si ha bisogno meglio presentare il proprio tesserino Asl e basta.
    Almeno in Europa, altrove il Ministero degli Esteri consiglia “la stipula di un’assistenza sanitaria privata”. Quanti sono in realtà gli italiani all’estero che non sono dichiarati con lo status di “emigranti”? Una marea e tantissimi sono i giovani, che vagano per un lavoro o per studio e non certo per turismo. Ma il loro voto non interessa alla politica, che ne fa un gran parlare ma non li considera ”cittadini aventi diritto al voto”. Se ne sono dimenticati, anche se ora farebbero comodo almeno un po’ di migliaia di voti in più.
    (Bianca Vergati)
  • OLI 362: TERREMOTO – “Teniamo botta”

    Arrivano con la “sbrisolona”, il libro e l’acquarello incorniciato della loro scuola con su scritto “Grazie per averci aiutato in questo momento difficile”: sono gli studenti del Galilei, Scuola Tecnica Superiore e liceo di Mirandola, piccolo comune in provincia di Modena dell’Emilia terremotata in primavera. Sono a Genova per partecipare alla semifinale di Robotica, la First Lego league, dove gareggeranno scolaresche da tutta Italia. Tante famiglie genovesi li hanno ospitati e hanno fatto il tifo domenica 13 gennaio al Palacus della facoltà di Ingegneria. Nell’evento organizzato dalla scuoladirobotica.it, roboethics.org, gli under ’97 illustreranno anche i progetti immaginati per migliorare la vita dei senior, dei ragazzi che hanno avuto la testa per pensare a chi ha bisogno come gli anziani, loro che hanno iniziato la scuola in un gazebo. Ora le aule sono in un prefabbricato e anche se fa freddo, va meglio di prima quando si sentivano rieccheggiare le lezioni l’una con l’altra. Meno male che sono venuti in aiuto i robottini, regalati dalla Lego, che gli studenti hanno messo a punto perché superino ostacoli, si muovano in percorsi ad hoc nel minor tempo possibile, aggiungendo degli accessori rielaborati da loro.

    Un esperimento che ha dato loro il turbo, in cui si sono impegnati al massimo, riuscendo in due classi su tre ad accedere alla finale. Una vittoria speciale, conquistata studiando in un precario edificio, mentre intorno il paese è distrutto e la scuola nuova chissà quando si farà, anche se il padrone del Mulino Bianco ha versato un milione di euro per ricostruirla. Con cantilena morbida, entusiasti di trenette al pesto e farinata, raccontano pure degli aiuti di quelli della Ceramica di Sassuolo, venuti a fare frittelle con i forni delle piastrelle.
    Dopo il liceo c’è chi vorrebbe fare Ingegneria – che bello studiare qui a Genova dove c’è il mare! – là, adesso, per andare a scuola i ragazzi devono attraversare a piedi una statale e con la nebbia che c’è al mattino non prendono nemmeno la bicicletta. Andranno a Bologna, se possono, perché almeno lì ci arriva il treno, un’ora di tragitto, mentre per andare a Modena c’è soltanto il pullman e ci si mette un sacco. I collegamenti sono uno strazio, e pensare che la zona di Mirandola è stata definita la “Biomedical valley” e ancora oggi i camionisti del nord Europa diretti alle aziende del biomedicale, si perdono nelle valli prima di arrivare a destinazione. Mirandola e dintorni sono divenuti l’ombelico del mondo della plastica al servizio della sanità. Da zona contadina a sito di studio da parte di istituzioni culturali per un fenomeno unico in Europa. Prima c’era lo zuccherificio perché si coltivavano le barbabietole, ora c’è il biomedicale, ovvero la produzione dapprima artigianale e poi industriale di prodotti usa e getta sterilizzati. Ecco l’eccellenza degli istituti tecnici. “Noi teniamo botta” è lo slogan che si sono scritti sulle magliette, come racconta la Stampa il 23 dicembre 2012, definendo i liceali di Mirandola “diplomati sul campo”, facendo da spalla, loro adolescenti, agli adulti. Prodigandosi dalle tendopoli alla parrocchia, dall’animazione con i bambini allo scaricare decine di casse d’acqua, fino a fare la spola in scooter tra i paesi con il pane fresco. “Noi teniamo botta”, cerchiamo di reagire, andiamo avanti, dicono: teste belle e coraggiose di questi (non) eroi del terremoto, che, a partire da gennaio racconteranno la loro vita anche su Mtv, con Radio 5.9 Emilia.
    Per non essere dimenticati.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 361: PRIMARIE – Ah les femmes di Capodanno!

    “Vorrei fare la madre nobile”, dichiara a Il Secolo XIX ( (16/12)  Marta Vincenzi, in risposta alle voci che la danno in corsa alle Primarie Pd dei candidati parlamentari, che si svolgeranno il 29 e 30 dicembre. 

    Una dichiarazione puntuale per smentire indiscrezioni di parte e non della stessa parte, come quelle di Italia Oggi del 15 dicembre, testata nazionale  non di sinistra e magari velenosa, che già ipotizzava la stessa guerra fratricida dell’elezione a sindaco di Genova: tanto che per non fare incontrare Marta e Roberta una la si vorrebbe destinata per un seggio al Senato, l’altra alla Camera.
    Ecco tornare l’antico rito, parafrasando l’adagio “un posto per uno non fa male a nessuno”, un rito che fa male agli elettori però. Chi ha detto che i cittadini  liguri del centrosinistra vogliano di nuovo essere rappresentati dai carini che circolano ora?
    Ci piacerebbe tanto si facesse una verifica di quanto fatto per la nostra Liguria in Parlamento dagli onorevoli che oggi vi siedono: strusci di salotti tv, qualche interrogazione sulla vendita di Ansaldo adesso, mai lamentati prima ai tempi di Belsito e ancor prima quando nel cda ha troneggiato per anni  il compagno Margini. Per Fincantieri fraterne partecipazioni a cortei quando ormai i cantieri si sono smobilitati, non quando già languivano ai tempi del governo Prodi. Così per l’Ilva: ma dov’erano i nostri parlamentari “tutto lavoro-operai” mentre gli operai inferociti presidiavano giorni fa la questura e il sindaco Doria finiva sui giornali di tutta Italia per aver mediato da solo presso i lavoratori? Sono arrivati alla chetichella, quando tutto si era ormai risolto, il vicepresidente della Regione Scialfa e il deputato Mario Tullo, considerati zero dalla folla.
    “Ma che vuoi, dice una vecchia iscritta, in fondo Tullo ha fatto solo una legislatura e ha lasciato la segreteria…” Forse intendeva dire che perdiamo chissà quali preziose esperienze e competenze acquisite by Roma capitale. Di tornare alla vita di prima neppure si parla, al lavoro di prima se mai c’è stato: in fondo fare carriera nel partito è diventata professione ambita e dunque da qualche parte devono pur essere ricollocati per una regola non scritta e ormai insopportabile.
    Vedi Giovanna Melandri, eletta in Liguria, rioccupata al museo Maxxi di Roma, dopo due elezioni da paracadutata qui. Vedi Saretta Armella, che, da presidente rampante di Fiera in crisi, si dice sia in partenza per Roma, moglie del segretario provinciale di Genova, il savonese Lunardon, che rinuncia al seggio, tanto rimane in famiglia.
    Così in nome delle “dannate” quote rosa pare si presentino anche la moglie di Walter Ferrando, consigliere regionale e poi la figlia di Paolo Emilio Taviani, mentre rinuncia invece la dignitosa figlia di Guido Rossa, Sabina. Indovina un po’ chi sarebbe in tandem con Tullo? La moglie del responsabile dell’apparato elettorale del partito Bartolozzi.
    Decisamente un rinnovamento, come chiedeva l’elettorato, tanto fanno i conti con il 70 per cento del secondo turno di Bersani, dimenticandosi delle contemporanee primarie del partito di Nichi Vendola, detentore del 15 per cento di quel 70 per cento uscito il 2 dicembre. 
    Per fortuna pare ci sia tra le papabili la sindacalista Anna Giacobbe, insieme all’altra novità, se varranno le preferenze doppie, il ticket Lorenzo Basso con la new entry renziana Sara Di Paolo, un volto nuovo e speriamo di qualità.
    (Bianca Vergati)
  • OLI 360: POLITICA – Le retour de la momie

    Le retour de la momie.
    Crudamente titola così Libération alla notizia della ricandidatura di Berlusconi, un evento che ha scorato tantissimi italiani, ma non tutti, visti i sondaggi di lunedì 11 dicembre su La7. Per il Popolo della Libertà c’è stato nel giro di pochi giorni un aumento dell’uno per cento e spiccioli, pur sempre significativo. Dunque una fetta d’Italia crede ancora al Cavaliere, mentre due terzi dell’elettorato di destra pensa, sempre secondo il servizio di Otto e mezzo de La7, che  “B. potrebbe risollevare le sorti e ritiene che non ci siano altri che lo possano fare, anche se crede che sia troppo tardi, il Paese è cambiato, ormai non è più il tempo”. Ok è il mese dell’Imu, ma inquieta non poco.
    “Allora mamma, sei contenta di poter votare di nuovo il tuo cavaliere?”.
    Ecco il saluto di mio figlio su Skype, citando il “Mamma mia ritorna” dell’Economist. Lui, giovane ingegnere che lavora all’estero, ragazzo di 25 anni, che frequentava le elementari quando vide per la prima volta il “faccione” di Berlusconi sui manifesti giganti lungo la strada per la scuola, una scuola che gli regalava un po’ di vacanze per le elezioni, una consuetudine di tutti gli anni o quasi, come imparò da studente.
     Lo stesso ragazzo entusiasta di poter votare on line per le Primarie del centrosinistra: un piccolo tamtam, più che altro un ping pong fra amici per avvisare che loro dall’estero avrebbero potuto votare sin dal sabato, non soltanto la domenica come in Italia. Da Londra, dove ha vinto Renzi, da Bruxelles, che ha visto Bersani vincitore, da Parigi che ha incoronato Vendola. Pochi voti ma importanti.
     Non più sorrisetti come un anno fa, battutone non appena si parlava d’Italia, ma voi avete Ruby, l’han votato in Parlamento e poi la dacia e le ragazze, le televisioni del cavaliere: un tormento e una resa senza storia, inutile ribattere che non tutti tifavano per B., come non tutti impazziscono per il Milan.
     Vent’anni sono una vita: era da poco caduto il muro di Berlino, è arrivato internet, gli americani hanno eletto e rieletto un nero a presidente degli States, poi c’è stata la primavera araba… E noi? Ancora lui, il Berlusca. Domenica scorsa il giovane emigrante è stato da Cécile, tirocinante francese insegnante di lingue, per il suo flat warming, ovvero la festa d’inaugurazione dell’appartamento, preso con un gruppo di amici, tra cui Giovanni, architetto valdostano, partito dall’Italia con EurOdyssée, programma di scambio tra regioni europee per giovani lavoratori e Nicola, matematico da Forlì.
     “Ancora?” commentavano, rabbrividendo ai titoli dei media planetari.
    Quasi centomila le nuove iscrizioni all’Aire già a giugno di quest’anno, secondo Rapporto Migrantes, italiani all’estero che cercano chance altrove, hanno nel cuore l’Italia e tante sono le Associazioni dai diritti ai talenti, dalla Nave di Barcellona a Fonderia Oxford, a InnovItalia: quando li senti parlare sono felici dell’esperienza all’estero, da chi ancora studia, da chi già lavora, da chi racconta i benefit se hai figli piccoli. In tutta Europa, negli States, ma anche in Australia, risorse umane che l’Italia sta regalando al mondo.
     Chissà se riusciranno a tornare prima o poi, senza rivedere e risentire l’intramontabile Berlusconi: ma chi l’ha detto che vecchio è prezioso sempre?
    (Bianca Vergati – immagine di Guido Rosato)

  • OLI 359: POLITICA – Sempre gli stessi a vincere?

    A Genova “una qualità della vita di serie B” titolava la Repubblica qualche giorno fa dopo l’annuale indagine de il Sole 24 ore che fa scivolare di ben 22 posizioni il capoluogo ligure, al 47esimo posto fra le province italiane, la peggiore del centro nord.
    Sulla valutazione hanno influito scippi, rapine, truffe ed è ovvio purtroppo, visto l’alto numero di anziani, ci sono poi tanti pensionati risparmiosi con assegni più alti della media italiana, una città a metà classifica per disoccupazione e lavoro, nuove imprese, desolatamente 101esima per quanto riguarda le nascite.
    Una città in attesa, sfiduciata, orfana d’iniziative, sia pure migliorata nel suo aspetto, monocorde anche in politica, una città a sinistra, che al primo turno delle Primarie di coalizione premia il segretario PD. Bersani infatti in Liguria ottiene il miglior risultato del Nord, arrivando a Genova al 53 per cento (50,1 in Liguria). Pochi mesi sono passati dalle Primarie per l’elezione del Sindaco, ma se si va a spulciare i risultati la sorpresa è che i voti di Bersani e i voti di Marco Doria hanno ben poco in comune, ovvero là dove il segretario cresce nei consensi, il Sindaco era andato poco bene e viceversa.
    Non risulta lo stesso bacino elettorale. Se a queste Primarie si sono recati alle urne l’otto per cento in più, non è per questo che il profilo elettorale si mostra diverso. Anzi. La correlazione è chiara fra Bersani e Vincenzi-Pinotti, ma risulta strettissima tra Vendola e Doria, arrivato secondo in tredici seggi cittadini, dal centro storico ad alcuni in quartieri storicamente rossi come Lagaccio, Sampierdarena, San Teodoro.
    La correlazione più importante che appare poi è tra Doria e Renzi, la più alta: dunque dov’è andato a finire il patrimonio elettorale del Sindaco di Genova? Sono Vendola e Renzi che si fanno carico dei consensi di Marco Doria, secondo Luca Sabatini su la Repubblica del 27 novembre.
    Vendola va alla grande in quartieri popolari ma anche in quartieri-bene, dove ha successo pure il sindaco di Firenze fra gli elettori di sinistra e non per i famosi “infiltrati” di destra. Tutti elettori che in primavera avevano comunque consentito al centrosinistra di vincere le elezioni per il Sindaco della città di Genova, pur senza sindaco targato PD.
    Ancora una volta il risultato si ripete, un risultato su cui meditare per il Partito Democratico, che va ringraziato comunque per questo bell’esercizio di democrazia.
    E’ evidente che nonostante la crisi della politica il centrosinistra tiene a Genova, ma al primo turno non “sbanca” il solito PD, come fragorosamente hanno titolato alcuni giornali, e come hanno esultato i titolati del partito. Presso gli elettori del centrosinistra, che con fantastico entusiasmo hanno partecipato, quasi la metà non ha votato il segretario PD e non si potrà contare in eterno sui “vecchi” affezionati iscritti o simpatizzanti. Dal sito del Partito Democratico sono trentamila gli elettori del 2 dicembre e Bersani “sbanca” sì con il 70 per cento: un aiutino dal 15 per cento circa di Vendola?
    I cittadini genovesi hanno messaggiato che sul territorio, giovane segretario a parte, la gestione della politica, così com’è, non va, che si attendono con ansia le primarie per i futuri parlamentari. Si aspettano che il rinnovamento non sia una parola vuota, grazie a Nichi e a Matteo.
    (Bianca Vergati)