Categoria: Marco Doria

  • OLI 381: COMUNE – Marco Doria tra Costa Flavio e una sinistra sbiadita

    Io mi chiamo Costa Flavio… e vorrei fare una semplice domanda al signor Doria: io è tre anni e mezzo, da quando è nata la bambina, che ho fatto domanda alle case popolari: prima ero senza reddito, mi è stato detto di dimostrare che io avevo un reddito, ho dimostrato che avevo un reddito, sono andato al Matitone e le signore del Matitone mi hanno detto: “Ma cosa mi porta a fare questa documentazione, tanto non serve a niente!” Poi sono andato a chiedere aiuto alle assistenti sociali al Matitone e mi sono sentito gridare in faccia di non stare a minacciare perché c’è gente che è peggio di me… Io vorrei sapere: chi è peggio di me? perché io per il Comune di Genova risulto senza fissa dimora e senza tetto e a carico ho una figlia di quattro anni che vogliono mettere in casa famiglia: ora lei mi guardi, guardi la bambina e guardi se è una bambina da mettere in casa famiglia e mi dia una risposta!
    L’unica cosa che le posso dire è che noi non siamo i suoi avversari! – ha risposto Silvio Ferrari

    8 giugno 2013 Teatro della Tosse: clima teso, palco occupato. Alle spalle di Ferrari e Calbi un gruppo di ragazzi ha steso uno striscione con la scritta: fermare gli sfratti, resistere agli sgomberi, casa per tutti subito.
    Prima di Costa Flavio, Marco Doria ascolta altre voci: quella di Annalisa Marinelli, di Quinto Marini del comitato contro il parcheggio al Bosco Pelato, e di Gigliola Barbieri, Gruppo donne di San Bernardo. Poi la voce di Domenico Chionetti – San Benedetto – con il dramma di 85.000 famiglie che in Italia hanno perso alloggio e proprietà, e mutui insoluti, pignoramenti, sfratti con una lista d’attesa di Arte che si assesta a 4.000 unità e l’urgenza di spostare finanziamenti da opere inutili – come la TAV o la Gronda – a grandi opere virtuose di risanamento patrimoniale e edilizia residenziale pubblica e sociale.
    Prima di Costa e della sua famiglia c’è chi dice a Doria che il compito di un’amministrazione è guardare lontano, che non si può fermare tutto all’emergenza. E c’è anche Caminito, Fiom, che chiede al sindaco di aprire un tavolo per provare a tutelare il lavoro e che non è vero che il lavoro si trova solo se si buttano tonnellate di cemento! Non è vero! Sono palle! Grosse come case!. La comunità europea ha stanziato 11 miliardi di Euro per le città Smart e 6 miliardi sull’agenda digitale. I soldi ci sono, i programmi ci sono, però c’è bisogno di una cultura differente, dice il sindacalista.
    Di Marco, del Laboratorio Sociale Occupato Autogestito Buridda, legge a Doria un volantino: quando cominciamo a fare le cose giuste?, invece che sgombrare case per destinarle ad alberghi di lusso con denunce a chi occupa? Il Buridda pretende l’interruzione degli espropri per il cantiere del Terzo Valico, spazi alternativi al mercato del pesce per il centro sociale, assunzione dei lavoratori di Amiu Bonifiche, stop ai tagli per i servizi sociali, moratoria per gli sfratti a data da destinarsi.
    Marco Doria rimane seduto accanto a Pippo Civati mentre sul palco occupato e in platea si alternano grida diverse: chi vuole risposte immediate, chi vuole la parola subito e chi segue il programma dell’incontro: Io penso che voi abbiate tutti dei problemi reali e ci stiate proponendo delle cose reali: c’è una sola cosa che non accetto: cambiare metodo. Se vuole venire qui a dire il suo cognome…, Silvio Ferrari risponde granitico, segna i nomi e da solo gestisce un’assemblea, a tratti, alla deriva.
    Prima di Costa Flavio si è parlato di Piano Regolatore Portuale e della necessità di trovare una sede condivisa per gestirlo, di Centro Storico, movida, spaccio e spiagge libere.
    E se il Buridda ha decisamente prevaricato ed in cinquanta hanno strattonato la kermesse, probabilmente è perché alla Tosse si raccolgono i frutti di una sinistra un po’ sbiadita, come fa notare Civati che richiama i sindaci delle grandi città a dare tutti insieme un segnale forte al governo. Io, ovviamente, venendo qui non sapevo che avrei trovato un clima così positivo nei tuoi confronti… sorride al Sindaco. Ma non pare solo una battuta.
    Marco Doria, a un anno dall’elezione, espone una realtà spietata: le risorse, spiacente, sono destinate all’emergenze ed elenca i rivoli sui quali investirle per arginare future alluvioni. Sogni elettorali sbiaditi, come la sinistra di governo, sbattono contro tagli, norme, graduatorie che vanno rispettate. Doria propone alla platea una riflessione basata sui numeri: i suoi elettori alle primarie erano 12.000, 128.000 quelli di coalizione: persone con posizioni diverse anche sul Terzo Valico. E racconta dei centocinquanta che hanno invaso il Comune per chiedere di procedere con Terzo Valico e la gronda, centocinquanta lavoratori edili, padri di famiglia che perdono il lavoro, fossero stati qua, li avrebbero presi a calci nel culo questi ragazzi… esclama Doria riferendosi all’occupazione promossa dai centri sociali. Dice che vuole partire da un progetto elettorale che sia largamente condiviso con la speranza di un quadro politico nazionale un po’ più favorevole al dialogo. Ma c’è anche la sensazione che il primo cittadino non possa fare tesoro sul serio di tutte le risorse intellettuali che al Teatro della Tosse si sono rivolte a lui.
    Ognuno torna a casa con un parere diverso sull’incontro: chi dice che il Sindaco è solo – nemmeno un assessore al suo fianco sul palco – chi gli riconosce onestà e rigore, chi lo apprezza comunque, chi pronostica una fine prossima della giunta, promossa dal Pd.
    Qualcuno suggerisce: ma se i centocinquanta edili venissero dirottati su un progetto di risanamento di edilizia sociale?
    I soldi non ci sono. Ci sono. Basta trovarli. No basta saperli richiedere.
    E c’è chi si domanda cosa ne sarà di Costa Flavio, della sua compagna e di sua figlia.
    (Giovanna Profumo – immagini dell’autrice)

  • OLI 359: POLITICA – Sempre gli stessi a vincere?

    A Genova “una qualità della vita di serie B” titolava la Repubblica qualche giorno fa dopo l’annuale indagine de il Sole 24 ore che fa scivolare di ben 22 posizioni il capoluogo ligure, al 47esimo posto fra le province italiane, la peggiore del centro nord.
    Sulla valutazione hanno influito scippi, rapine, truffe ed è ovvio purtroppo, visto l’alto numero di anziani, ci sono poi tanti pensionati risparmiosi con assegni più alti della media italiana, una città a metà classifica per disoccupazione e lavoro, nuove imprese, desolatamente 101esima per quanto riguarda le nascite.
    Una città in attesa, sfiduciata, orfana d’iniziative, sia pure migliorata nel suo aspetto, monocorde anche in politica, una città a sinistra, che al primo turno delle Primarie di coalizione premia il segretario PD. Bersani infatti in Liguria ottiene il miglior risultato del Nord, arrivando a Genova al 53 per cento (50,1 in Liguria). Pochi mesi sono passati dalle Primarie per l’elezione del Sindaco, ma se si va a spulciare i risultati la sorpresa è che i voti di Bersani e i voti di Marco Doria hanno ben poco in comune, ovvero là dove il segretario cresce nei consensi, il Sindaco era andato poco bene e viceversa.
    Non risulta lo stesso bacino elettorale. Se a queste Primarie si sono recati alle urne l’otto per cento in più, non è per questo che il profilo elettorale si mostra diverso. Anzi. La correlazione è chiara fra Bersani e Vincenzi-Pinotti, ma risulta strettissima tra Vendola e Doria, arrivato secondo in tredici seggi cittadini, dal centro storico ad alcuni in quartieri storicamente rossi come Lagaccio, Sampierdarena, San Teodoro.
    La correlazione più importante che appare poi è tra Doria e Renzi, la più alta: dunque dov’è andato a finire il patrimonio elettorale del Sindaco di Genova? Sono Vendola e Renzi che si fanno carico dei consensi di Marco Doria, secondo Luca Sabatini su la Repubblica del 27 novembre.
    Vendola va alla grande in quartieri popolari ma anche in quartieri-bene, dove ha successo pure il sindaco di Firenze fra gli elettori di sinistra e non per i famosi “infiltrati” di destra. Tutti elettori che in primavera avevano comunque consentito al centrosinistra di vincere le elezioni per il Sindaco della città di Genova, pur senza sindaco targato PD.
    Ancora una volta il risultato si ripete, un risultato su cui meditare per il Partito Democratico, che va ringraziato comunque per questo bell’esercizio di democrazia.
    E’ evidente che nonostante la crisi della politica il centrosinistra tiene a Genova, ma al primo turno non “sbanca” il solito PD, come fragorosamente hanno titolato alcuni giornali, e come hanno esultato i titolati del partito. Presso gli elettori del centrosinistra, che con fantastico entusiasmo hanno partecipato, quasi la metà non ha votato il segretario PD e non si potrà contare in eterno sui “vecchi” affezionati iscritti o simpatizzanti. Dal sito del Partito Democratico sono trentamila gli elettori del 2 dicembre e Bersani “sbanca” sì con il 70 per cento: un aiutino dal 15 per cento circa di Vendola?
    I cittadini genovesi hanno messaggiato che sul territorio, giovane segretario a parte, la gestione della politica, così com’è, non va, che si attendono con ansia le primarie per i futuri parlamentari. Si aspettano che il rinnovamento non sia una parola vuota, grazie a Nichi e a Matteo.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 359: DONNE – Femminicidio: la rete delle donne muove la politica

    Il 28 novembre, nella sala Consiliare della Provincia, è avvenuto l’incontro della “Rete di donne per la politica” e di “Se non ora quando” con il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, il sindaco di Genova Marco Doria e l’assessora regionale Rambaudi (vedi Oli 358, “Burlando, Doria e la rete delle donne“).
    Le donne ottengono un importante risultato: l’adesione di Regione e Comune alla Convenzione “No more”; l’aumento – previa approvazione del Consiglio Regionale – da 120.000 a 300.000 euro del fondo per i centri anti violenza, e l’impegno a salvaguardarne il sistema di ‘rete’ costruito in questi anni sul territorio dalla Provincia di Genova: centri anti-violenza, strutture di accoglienza, pronti soccorso, forze dell’ordine, servizi sociali, psicologi. 
    Ma al centro dell’incontro c’era anche l’aspetto politico e culturale e nell’affollata sala della Provincia sono stati espressi pensieri impegnativi. Anna Pesenti dell’Udi parla della violenza della negazione: quella di presentare come casi di ‘malamore’, e non come fatto politico, la violenza verso le donne, o quella della cancellazione dai libri di storia dello sguardo femminile, che produce un racconto non solo incompleto, ma falso: “le guerre non si raccontano così”. Poi Pesenti parla del ‘brivido’ che prova quando sente la parola famiglia, “perché è un coperchio su una pentola che ribolle”, e dice che dovremmo pensare a famiglie non solo ‘di sangue’. 
    Silvia Neonato, consapevole della difficoltà del confronto,  offre una sponda alle emozioni in campo sottolineando la diversità, rispetto ad  altri temi di confronto politico, di quello della violenza verso le donne  perché “suscita imbarazzi, vergogna, aggressività, impotenza”.
    Una donna del ‘Gruppo donne di Oregina’ che si occupa di Teologia femminista interviene indicando la responsabilità della gerachia cattolica nella diffusione della violenza di genere. 
    Nella discussione acquista evidenza anche l’inizio di una riflessione maschile che cresce nei gruppi “Maschile plurale”,  “Uomini in cammino”, in quello degli uomini ex clienti di prostitute, nei centri di ascolto per uomini che usano violenza nelle relazioni di intimità. 
    Anche gli amministratori accompagnano i loro impegni con riflessioni politiche. Burlando denuncia l’assenza, nell’azione del Governo, di qualsiasi riflessione e ‘cognizione’ dei costi in termini di perdita di coesione sociale che stiamo pagando a causa delle politiche di restrizione della spesa. In questa situazione mettere in campo una rete che permetta alla violenza verso le donne di venire alla luce è tanto più importante in quanto è difficile acquisire consenso, in tempi di ristrettezze, nel mettere risorse in un settore in cui ‘non c’è allarme sociale’. 
    Doria avverte che Regione e Comune sono ormai diventate istituzioni fragili, colpite da uno scarto sempre più grande tra risorse disponibili e necessità di dare risposte. 
    L’assessora Rambaudi sottolinea la necessità di promuovere cultura, fino dalla età primissima. Ringrazia la rete delle associazioni delle donne appunto per questo, perché in diverse forme “tutti i giorni fanno cultura”. Indispensable inoltre rafforzare una filiera di servizi in rete, e creare sul territorio punti di ascolto “dove ci sono non operatori, ma associazioni di donne che veicolano il rapporto con i servizi”. Forse più a suo agio dei suoi colleghi, Lorena Rambaudi offre anche qualche sorriso.
    Un appuntamento importante ora è per lunedì 10 dicembre alle 11 presso il “Tempio laico” al Cimitero di Staglieno dove, aderendo ad una proposta di “Usciamo dal silenzio”, il Comune scoprirà una targa “In memoria di tutte le donne morte per mano violenta di chi diceva di amarle. Perché le loro storie non affondino nel silenzio, ma risveglino coscienze e civiltà. Il Comune di Genova contro il femminicidio“. Interverranno l’assessora Fiorini e le donne della “rete”.
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)
  • OLI 358: LETTERE – 28 novembre: Burlando, Doria e la rete delle donne

    Cara Oli,
    vi scrivo per informare che “La rete di donne per la politica” mercoledì 28 novembre in Provincia (Sala Consiliare, ore 17, Largo Lanfranco 1) incontra il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando e il sindaco di Genova Marco Doria per parlare di violenza maschile sulle donne.
    Durante l’incontro, aperto al pubblico e a cui intervengono tra le altre Lidia Menapace e Rosangela Pesenti, la Rete, che raccoglie venti associazioni cittadine, chiederà al presidente e al sindaco di continuare a sovvenzionare i centri pubblici e privati operanti nella nostra Regione e di inserire nella loro agenda politica la Convenzione “No More” contro la violenza maschile sulle donne.

    La Convenzione No More – promossa da molte associazioni tra cui quelle impegnate nell’aiuto alle donne maltrattate e ai loro figli – chiede allo Stato italiano e a tutte le istituzioni di prevenire e combattere la violenza contro le donne, finanziando, prima di tutto, i molti Centri nei quali si sono già create competenze preziose. La Rete di Donne per la Politica si batte per l’applicazione di No More segnalando che sia le Nazioni Unite sia il Cedaw (Comitato internazionale per l’eliminazione di ogni discriminazione delle donne) hanno redarguito nel 2011 e 2012 lo Stato italiano per il suo scarso impegno nel contrastare la violenza contro le donne.
    In Liguria esistono centri pubblici (istituiti dalla Regione con la legge 12 del 2007) e centri privati. La Rete ha già incontrato il 19 novembre l’assessore regionale Lorena Rambaudi che si è impegnata a sostenere la legge 12 investendo risorse finanziarie e progettuali nei Centri antiviolenza. Nel 2012 in Italia oltre cento donne sono state uccise da un uomo che nel 70 per cento dei casi conoscevano e avevano anche amato: il marito o ex marito, l’ex fidanzato, l’ex compagno, il padre, un altro parente. Nel 2011 sono state 137, significa una donna uccisa ogni 2 giorni.
    La Rete di Donne per la Politica è punto di incrocio di molte associazioni o gruppi:  Laboratorio politico di donne, UDI Genova 25 novembre 2008, Generazioni di donne, Marea, UDI Genova Biblioteca Margherita Ferro, Società per Azioni Politiche di Donne, Coordinamento Donne CGIL Genova e Liguria, Coordinamento pari opportunità UIL di Genova e della Liguria, Asociazione Usciamo dal silenzio, Rete delle donne per la rivoluzione gentile, AIED, Archinaute, Laboratorio AG-AboutGender, Co.Li.Do.Lat, Legendaria, Gruppo Mafalda Sampierdarena, Il Cerchio delle Relazioni, Arcilesbica, Rete 194.
    Vi ringrazio dell’ospitalità, e mi auguro che le lettrici e i lettori di Oli  raccolgano l’invito.
    (Silvia NeonatoFoto di Paola Pierantoni)

  • OLI 347: POLITICA – Guerello bacia l’anello

    Bene ha fatto Marco Doria, neo sindaco di Genova, a non presenziare sabato scorso alla processione del Corpus Domini e, la domenica precedente, al pellegrinaggio del Mondo del Lavoro al Santuario della Guardia, riti cristiani cattolici.
    Meno bene ha fatto Giorgio Guerello, presidente del Consiglio comunale delegato a rappresentare l’intera Città, con tanto di fascia tricolore, a salutare l’arcivescovo baciandogli l’anello.
    Male hanno fatto alcuni sindacalisti e diversi operai di Finmeccanica, Fincantieri, Piaggio e Ilva partecipanti alla processione a rammaricarsi per l’assenza del sindaco alle due manifestazioni e a criticarlo, tirando addirittura in ballo l’“educazione istituzionale”.
    Si continua ad avvertire una grande confusione circa i diversi livelli e àmbiti, civili e religiosi, troppo spesso impropriamente mescolati. Sarebbe opportuno riflettere e giungere a una maggiore chiarezza, nell’interesse generale.
    Processioni e pellegrinaggi sono manifestazioni di fede, che tutti sono tenuti a rispettare, ma alle quali è giusto che partecipino senza esibizionismi solo coloro che condividono il sistema di valori e di verità della Chiesa romana, siano essi operai, figure pubbliche o altri, che in Italia, paese di millenaria presenza cattolica, sono la maggioranza – per convinzione o per consuetudine o per convenienza – ma non sono certo tutti. Sono molti infatti – da sempre e ora ancor di più, con l’arrivo di nuovi cittadini da altri parti del mondo – a credere altrimenti – aderendo ad altre confessioni religiose, o per agnosticismo o ateismo – convinti che quanto proposto dalla Chiesa non corrisponda al vero.
    Diverso è il discorso riguardante un evento come la processione il 24 giugno per san Giovanni, da secoli patrono della città, nella quale questioni di fede si fondono con istanze di identità civica e nella quale tutti possono riconoscersi indipendentemente dalle scelte religiose.
    Un civico amministratore, che in quanto tale rappresenta la totalità dei cittadini e dei loro differenti credi, non può nella sua veste pubblica fare ciò che sarebbe liberissimo di fare in privato, ossia con l’atto simbolico del bacio dell’anello riconoscere la superiore autorità del gerarca di una delle religioni professate sul territorio – sia pur radicata da tempo e numericamente preponderante – e ribadire di conseguenza la supremazia assoluta di tale religione, data per scontata quando non lo è affatto.
    Tale gesto, che non è passato inosservato, ricorda precedenti illustri: dall’ormai remoto genuflettersi a papa Pacelli del presidente della Repubblica Italiana Giovanni Gronchi nel 1955, al più recente duplice bacio del primo ministro Silvio Berlusconi all’anello piscatorio di papa Ratzinger nel 2008. Ne scaturirono dibattiti comprensibilmente accesi.
    Quanto all’attenzione che il cardinale manifesta per i gravi problemi che affliggono i lavoratori, ben venga! Però la concertazione tra Doria e Bagnasco per affrontare e tentare di risolvere le difficoltà della città non ha bisogno di plateali ostentazioni, ma si sviluppa in incontri privati già avvenuti e che verranno, come ha chiarito lo stesso sindaco nella replica alle critiche mossegli (vedi articolo di Raffaele Niri su la Repubblica, edizione di Genova, 11 giugno 2012, pag. IV).
     (Ferdinando Bonora, foto di Fabio Bussalino per la Repubblica, Genova)

  • OLI 346: COMUNE – Doria, Repetti, giunta: una telefonata cambia la vita

    Qualcuno osserva: “Ma perché non l’ha chiamato? Insomma vede il suo nome sui giornali per un mese e non gli dà un colpo di telefono? Ma non ha senso! Bastava che lo chiamasse!”
    Però, no. Dalla lettura di giornali pare non funzioni così la politica locale. Sembra invece caratterizzata da molti sussurri. Così è successo quando Burlando non parlava con Vincenzi e quando Vincenzi non veniva invitata a cena da Bersani e per quella passata alla storia come la cena dei bolliti, in cui si era parlato molto di sanità in assenza dell’assessore competente, Claudio Montaldo.
    Una politica in cui gli interessati anche se diretti, non si parlano direttamente e si affidano a “amici” comuni o personalità della vita pubblica per comunicare. La stampa asseconda questo sistema, agendo da portavoce, mescolando tempi istituzionali e gossip politico. Così da parer fuori dal mondo anche a me, lettrice, che il direttore del Teatro Stabile Carlo Repetti potesse chiamare Doria.
    Certo di cariche da vicesindaco non si può parlare al telefono, ma forse ha ragione chi suggerisce che un incontro vis a vis potevano concederselo.
    Il piatto più amaro è riservato ai lettori di Repubblica, edizione genovese, il 2 e 3 giugno con l’intervista a Carlo Repetti e la relativa risposta di Marco Doria .
    Il primo che – pur ammettendo di non aver “mai parlato” con il nuovo sindaco – dichiara che forse la sua presenza come vicesindaco era “troppo ingombrante” per Doria, “per età, esperienza amministrativa” e schiettezza. E aggiunge che il suo nome “è stato usato come coperchio di una pentola a pressione, il tam tam sulla giunta”, chiedendosi perché Doria non abbia avuto la cortesia di chiamarlo per avvisarlo che non se ne faceva nulla.
    Doria che risponde all’intervista riconoscendo che il nome di Repetti gli era stato fatto dal Pd, che “trova irriguardoso” che venga ipotizzato che franchezza ed autonomia siano ragioni che possano indurlo a “non avvalersi della collaborazione di persone valide e competenti”, che non ha bisogno di yes men o yes women e che a fronte di “un compito impegnativo” – quello di formare una giunta – ha compiuto autonomamente scelte in maniera meditata, senza chiamare tutti quelli che la stampa citava come possibili assessori.

    Che il nuovo sindaco abbia agito in totale autonomia non ci sono dubbi. Giunta più nuova non ci poteva essere. Peccato che in squadra ci sia anche chi, “disgustato dall’attuale sistema politico”, non ha nemmeno votato ma esita a lasciare la propria occupazione per calarsi nel ruolo politico di assessore perché non può “stare fuori dal mercato per cinque anni”.
    Peccato che Marco non abbia chiamato Carlo, e che Carlo non abbia chiamato Marco e che tutti i nomi che apparivano sui giornali non abbiano chiamato Marco perché, fedeli ai tempi istituzionali, aspettavano di essere chiamati.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice e di Ivo Ruello)

  • OLI 344: INFORMAZIONE – Il Doria conteso

    Sono le 17,40 di lunedì 21 maggio, i risultati del ballottaggio per l’elezione a sindaco di Genova sono ormai acquisiti: ha vinto Marco Doria con circa il 60% dei voti. A Palazzo Tursi, nel salone di rappresentanza, per le varie emittenti televisive sono collocati diversi separè, in ognuno una/un giornalista, un cameramen, ed un tecnico attendono di poter effettuare l’intervista al sindaco e a Musso.
    Al termine di un’intervista, Marco Doria viene condotto nello spazio dedicato alla RAI, il tecnico gli sistema l’auricolare, pare che tutto sia a posto, si parte: si avvicina un giornalista, anzi due, di RAI1 e RAI2, e comincia un duello su chi dei due dovrà intervistare il neosindaco. “Io sono in diretta!” “Ma questo è il mio spazio!” Uno smartphone cade, viene recuperato. Marco Doria assiste muto alla sfida, con l’aplomb che lo contraddistingue. Ad un certo punto arriva una giornalista di LA7: “Se non lo intervistate, me lo date, che sono in diretta!”, “me lo date” come se parlasse di un pezzo di formaggio, o di un cosciotto di agnello; gli uomini Rai non le danno ascolto, intenti alla contesa, che durerà alcuni minuti.

    Al termine, inizia l’intervista.
    (Ivo Ruello – foto dell’autore)

  • OLI 344: LETTERE – Caro Marco

    Caro Marco,
    qualche pensiero immaginando la città che andrai a governare.
    Se arrivi in cima a via Serra potrai vedere che a distanza di pochi centimetri uno dall’altro vi sono due targhe di marmo con scritto ‘ VIA SERRA’.
    Di sicuro sono due costi, di sicuro sono due i tempi di montaggio, di sicuro non è ad alcuno venuto in mente che forse sarebbe bastato un poco di smalto per rinfrescare la scritta della prima targa.
    Poco più avanti salita della Misericordia chiusa da anni .
    L’interesse di pochi è costato e sta costando disagi a molti.
    Il primo tratto, è in ordine e pulito e serve l’accesso al Tennis Club, il successivo, se pur non esattamente concesso, serve d’accesso a tossici e disperati.
    Sarebbe un sogno poterla ancora utilizzare come comoda scorciatoia, facile anche per passeggini per bimbi e sedie per invalidi.
    Poi il problema dei mezzi pubblici in città.
    Quando nevica, o a causa di altre forze maggiori, è possibile attraversare la città da Nervi a Sampierdarena in pochi minuti.
    Già, perché quando nevica le auto private non vi sono.
    Sicuramente sarebbe all’inizio scelta impopolare, ma se la città venisse inibita al traffico privato…
    Ti ricordi come è insorta quando è stato deciso di pedonalizzare via San Vincenzo, via San Lorenzo o Via Cairoli? Ed ora pensi che qualcuno vorrebbe tornare indietro su queste scelte?
    La città che andrai a governare ha necessità di scelte coraggiose che ci permettano di tornare a sentire questa, come la nostra città.
    Ha bisogno di un governo agito con buon senso, di buon senso che torni ad essere senso comune.
    Ti auguro buon lavoro,
    (Maria Profumo)

  • OLI 343: ELEZIONI – Intervista a Marco Doria

    Domenica 13 maggio pomeriggio, via del Campo.
    Marco Doria prende una pausa dal tour impegnativo che lo vede setacciare la città per la vittoria dell’ultima tappa, quella che gli può valere la conquista della fascia di sindaco, e in cui è venuto a contatto con tutti i volti della politica.
    Prima ancora che iniziamo a fargli delle domande parla del fenomeno dell’astensione, che a Genova ha avuto un peso particolare. Forse, dice, una piccola parte di chi non ha votato è recuperabile al voto ma “La grande maggioranza ha deciso almeno per il momentodi rompere i ponti con una partecipazione attiva alla politica intesa anche come voto”.
    E poi parla del Movimento 5 Stelle, un 14% di consensi in cui vede, in parte, le sfumature rabbiose dei cittadini attirati dalla parola d’ordine del ‘vaffa’: “Commercianti, esercenti che non avevano in testa un’idea di sviluppo alternativo, una filiera chilometro zero o un modello di sistema di mobilità vecchio da mettere sotto critica, ma che avevano in mente semplicemente l’idea del fanno tutti schifo, sono tutti dei ladri, sono tutti uguali”, ma anche la determinazione autentica di chi contesta “un modello di economia, di società”.
    I potenziali elettori genovesi oggi riflettono i molti stati d’animo della politica presenti anche a livello nazionale “Nello schieramento di centro sinistra c’è una consapevolezza, una voglia di fare che comunque riscontro; poi andando in giro riscontro anche quell’altro pezzo di società con cui diventa difficile, almeno nel breve periodo, ricostruire un rapporto, per cui ci vorrà più tempo. Ammesso che ci si riesca”.
    Riannodare il rapporto con coloro che, rispetto alla politica, provano depressione, scoramento è un lavoro “che richiede anni, e che ovviamente dipende da me, certo che dipende da me! Ci mancherebbe altro… però dipende anche da come si muovono gli schieramenti politici. Da come si muove il mio schieramento politico. Dare il senso che vale la pena andare a votare, è un lavoro che richiede tempo. Devi rovesciare una tendenza che si è andata consolidando da anni, quindi nel brevissimo periodo non si può fare. Si dovrebbe cominciare a fare un lavoro che si basa sull’esempio: chi si occupa della cosa pubblica deve dare proprio la dimostrazione di volerlo fare perché vuole servire la cosa pubblica, è al servizio, perché parla coi cittadini in modo chiaro, perché non racconta delle balle, perché non nasconde i problemi che ci sono, si sforza di presentare quelle che, a suo giudizio, sono le soluzioni possibili e accetta anche il confronto sulle stesse soluzioni e cerca di coinvolge i cittadini nel percorso per individuare le soluzioni. Sulla base peraltro di una visione, di un progetto. Non è un lavoro immediato. Uno dovrebbe mettere mattoncino dopo mattoncino”.
    Ora tocca a noi porre le nostre domande. La prima è: come stai?
    Sto come stavo prima, a parte la stanchezza, a parte lo stravolgimento della propria vita personale che è il risultato di due fenomeni combinati: da un lato di come si scarica sulla persona del candidato sindaco l’aspettativa, la delusione, la voglia di interlocuzione che non è più mediata da organizzazioni complesse o articolate, tutti vogliono me… Ieri a Vernazzola, per fare un esempio, mi parlavano dei problemi dei tombini, delle strade, di dove la gente va orinare, quindi aspetti di dettaglio che sono di pertinenza del Comune come regolazione generale dei fenomeni, ma che competono ai municipi. Il secondo punto è la spettacolarizzazione e la personalizzazione della politica per cui i media insistono molto a fare pressing sulla persona, e questo significa che la vita privata e i ritmi di vita vengono veramente modificati. Io cerco di comportarmi in maniera assolutamente normale, per cui sogno la Svezia dove il ministro a Stoccolma va a fare la spesa al supermercato senza che nessuno lo fermi. Detto ciò non sto male dal punto di vista della percezione degli umori, perché non sono stato sorpreso dal risultato, no, perché la percezione che ci fosse un bel segmento di popolazione lontano, deluso, anche rancoroso, l’avevo anche prima del voto“.
    E se dovessi fare un bilancio da quando è cominciata questa avventura?
    Dal punto di vista personale sicuramente non sono cambiato io, come persona, nel mio modo di vedere il mondo, di relazionarmi. Ma ora mi devo muovere in contesti in cui non mi muovevo due anni fa. Sai, le trattative … per dire: non si è mai parlato di poltrone. A oggi“.
    Anche se sono usciti dei nomi: Bernini, Repetti …
    Assolutamente senza che la cosa fosse passata da un contatto con me. Adesso, essendomi stato detto dalla maggioranza delle persone con cui ho parlato che Bernini è stato uno dei migliori presidenti di municipio, questo è un criterio che io posso considerare. Però non ho parlato con lui, e non ho parlato con nessuno dal punto di vista dei poteri politici di Bernini come assessore. Repetti è uscito sui giornali ed io sto considerando varie ipotesi, ma quello che è politicamente rilevante da dire al momento, quindi a sette giorni dal voto, è che davvero ad oggi nessun partito mi ha detto: io voglio questo, ti indico questo, ti indico quest’altro …
    Succederà.
    Succederà. Io quello che voglio fare è chiedere ai partiti delle rose di nomi con delle caratteristiche, come cerco di chiederle a varie persone fuori dai partiti. Cioè delle indicazioni, dei suggerimenti, perché alcuni li posso conoscere io personalmente, altri non li conosco. Quindi io vorrei dei suggerimenti e dei curriculum, in modo di provare a documentarmi, cosa che in parte sto già cercando di fare da solo. A oggi dai partiti non mi sono ancora arrivate le rose di nomi, né mi sono arrivate delle indicazioni di pressione; succederà, e poi sceglierò tenuto conto che questa scelta dovrà essere compiuta in tempi molto rapidi, l’approvazione del bilancio entro il 30 giugno impone che la giunta sia costituita molto rapidamente”.
    Cosa dici a chi pensa di non andare a votare domenica?
    Dico due cose. La prima è un richiamo, un po’ scontato, all’importanza del volto come diritto democratico da esercitare sempre, anche se mi rendo conto che in questo momento alcuni possono essere poco sensibili a questo richiamo. Però lo faccio.
    La seconda è l’invito a considerare le differenze, che mi sembrano assolutamente evidenti, tra i due candidati, i loro programmi e i valori delle proposte che avanzano. Una lettura comparata del programma mio e del programma di Musso consente di individuare molto rapidamente delle impostazioni molto diverse.
    Ci sono diverse questioni di fondo che mi sembrano evidenti, che fanno la differenza tra un programma e l’altro. Una è l’idea della politica. Nel nostro programma c’è un’idea della politica come servizio e come voglia di far partecipare i cittadini. Chi amministra non deve essere solo un buon amministratore ma deve assolutamente coinvolgere i cittadini in un percorso complicato di democrazia partecipata. Mentre dall’altra parte c’è uno che dice: io sarò efficiente, sarò un buon amministratore punto e basta. Quindi non pensa al ruolo dei municipi, al dialogo, alla costruzione di processi: questo è un primo elemento forte di differenza.
    Secondo: nel nostro programma c’è quest’idea di beni comuni, di beni pubblici, da fruire e da gestire in modo pubblico, mentre nell’altro c’è l’idea che certi beni possono essere fruiti e gestiti in maniera più efficiente interagendo con soggetti privati, questo modello viene presentato come ottimale.
    Ancora: il problema del rapporto tra lavoro e ambiente. Il nostro programma, in maniera anche faticosa, si sforza di collegare le attività economiche, il sostegno e l’attenzione ad un’economia che funzioni, ad un’idea di sviluppo ambientalmente sostenibile. Dall’altra parte magari si parla di ambiente, ma non c’è assolutamente lo sforzo, la consapevolezza di dover legare lo sviluppo alla sostenibilità ambientale: c’è un’idea di sviluppo-sviluppo, di incentivare l’impresa, il Comune amico dell’impresa… ma non c’è nessuna attenzione a cosa significhi un modello di sviluppo economico ambientalmente sostenibile.
    E ancora su bilancio, funzionamento del Comune e servizi sociali: noi ci poniamo il problema dell’uso di risorse finanziarie limitate e quello che cerchiamo di fare è avere i conti in ordine, ma non tagliare le prestazioni, i servizi che il comune eroga ai cittadini, perché si parte dall’idea che comunque questi servizi pubblici erogati dal comune siano assolutamente essenziali per ridurre le diseguaglianze, perché svolgono una funzione di riequilibrio sociale. E allora ci poniamo in maniera non demagogica il problema delle risorse e ci rifiutiamo di dire che riduciamo l’imposizione fiscale. Dall’altro canto Musso va a dire che non aumenterà le imposte, che farà la lotta agli sprechi, che sarà possibile recuperare nel bilancio comunale le risorse per garantire di tutto e di più. Che è una balla. Tra l’altro per garantire i servizi, ad esempio per quanto riguarda il trasporto pubblico urbano, nel dibattito che ho avuto con lui ha fatto riferimento a quest’idea di project financing per la metropolitana, il che significa individuare dei pezzi pregiati, magari una linea di metropolitana ad alta percorrenza di passeggeri che può avere un rendimento economico accettabile, da gestire in un certo modo, e tutto il resto del servizio gestito pubblicamente“.
    Quali forme di partecipazione prefiguri per i cittadini?
    Io vedo due percorsi paralleli, due strumenti diversi: uno è la partecipazione che passa attraverso un rapporto tra cittadini e istituzioni, per cui la giunta, il comune come struttura, il sindaco, gli assessori, i municipi, i presidenti dei municipi devono essere aperti e capaci di dialogare a diversi livelli coi cittadini. Quindi un percorso istituzionale. Il sindaco considera il presidente di municipio un suo interlocutore, con cui dialoga, con cui si confronta. Oggi ad esempio ero con il presidente di municipio del levante e con alcuni consiglieri di municipi, e dicevo ai cittadini: questi sono i vostri interlocutori, perché sono loro che devono avere il polso del territorio e devono aiutare me a comprendere e leggere il territorio e a trovare le soluzioni.
    Poi c’è un percorso parallelo, politico, all’interno del centro sinistra, quindi del mio schieramento, in cui, come persona che potrebbe avere un ruolo politico di un certo peso, vorrei che scattassero dei meccanismi di partecipazione politica. E allora lì ho uno strumento che è mio, i comitati per la lista Doria, e ormai c’è un gruppo consiliare in consiglio comunale non scarso, con sei consiglieri, attorno a cui ci sarà una struttura, attorno a cui vorrei che gli altri candidati della lista continuassero a svolgere un ruolo … Poi non è che si possa separare a compartimenti stagni il percorso di partecipazione istituzionale da quello di partecipazione politica”.
    C’è poi la rete delle donne per la politica… In giunta vogliamo sei donne
    “Questo è uno dei punti … accetto suggerimenti … che vadano ad aggiungersi a questa rosa di nomi che mi sto costruendo nella mia testa, poi naturalmente ho anche il dovere di rappresentare uno schieramento. Quando mi sono candidato alle primarie, per quanto volessi essere diverso dalle altre persone candidate, partivo dall’assunto che mi candidavo alle primarie del centro sinistra. Ecco, non ho fatto come Leoluca Orlando che si è candidato al di fuori. Io ho scelto quel percorso, ho detto: per me lo schieramento è questo e lì dentro sono, nel senso che vorrei anche che domani governasse il paese, con tutti i limiti che può avere e che dovrebbe cercare di superare … però è questo”.
    Sorprese e delusioni di questa campagna elettorale
    Sorprese … una parziale sorpresa positiva è avere percepito in un pezzo del nostro schieramento la capacità di entusiasmarsi. In alcuni ho trovato una ripresa di entusiasmo positivo per dire: ecco adesso ricominciamo ad occuparci di politica come piace a noi, ragionando dalla società, dal particolare, per arrivare al generale. Era una cosa che speravo che accadesse, che quindi non mi ha sorpreso del tutto, e che mi ha fatto piacere“.
    E le delusioni?
    No, delusioni no. Anche perché ero così arrabbiato, così indignato per come andava il Paese che non mi sembra che stia andando peggio. Quello che poteva esserci di marcio lo sapevo già“.
    Come intendi attuare il tuo impegno verso il quarantesimo candidato?
    Il quarantesimo candidato era questa voglia di mandare un messaggio forte, simbolico, che venisse raccolto, sulla mancanza di diritti importanti per un pezzo della nostra comunità, e sulla nuova cittadinanza. Allora: dovrebbe attribuita all’assessorato sui diritti una specifica competenza di Giunta e competenze specifiche ad alcuni uffici dedicati. Ma più in generale dobbiamo fare lo sforzo di dare un’impostazione al Comune in quanto tale, in modo che tutti gli uffici che interagiscono con una comunità variegata abbiano una sensibilità sul problema.
    Poi, anche in questo caso, secondo me è utile avere un’interlocuzione non soltanto con gli individui in quanto singoli cittadini, ma individuare delle aggregazioni sociali con cui interfacciarsi. Ad esempio le comunità degli immigrati. Mi rendo conto che esiste un problema che non posso eludere: chi rappresenta chi? Però la ricerca di interlocutori è comunque importante. E poi sono necessarie campagne di sensibilizzazione sui diritti, fare uno sforzo per trasmettere agli immigrati questo messaggio: voi, cittadini, avete dei diritti. Io vi informo dei diritti che avete. E poi, se fossi sindaco, vorrei trovare il modo di rapportarmi ad altri sindaci sensibili a questo tipo di impegno. Ecco, questo è importante per dare più forza: non un sindaco che va da solo, ma quattro o cinque sindaci che all’unisono iniziano a sollevare certi temi, e trovano dei modi simili per affrontarli“.
    Una rimostranza che viene fuori spesso è che la qualità dei servizi pubblici diventa sempre peggiore per via delle esternalizzazioni. Quale è la tua posizione a riguardo?
    Sono consapevole della questione: da sindaco mi troverò a difendere la presenza e la qualità dei servizi pubblici gestiti direttamente dal Comune, sapendo che in parte, già ora, certi servizi non sono gestiti solo dal Comune e che, realisticamente, non potrebbero esserlo nemmeno se lo volessi. Quindi si impone il problema della qualità di questi servizi. Ad esempio per la manutenzione delle strade: è chiaro che l’Aster non riesce a fare manutenzione generale delle strade, e che la qualità può essere considerata scadente. Partendo dal presupposto che l’Aster non farà mai tutta la manutenzione complessiva, il problema è quindi come controllarne la qualità. Un modo può essere quello di coinvolgere molto di più i municipi, dando loro risorse da gestire, in un rapporto diretto coi lavori non mediato dall’ufficio comunale, nella speranza che essendo un intervento molto più prossimo sia ai cittadini che al centro di controllo decentrato sul territorio, questo possa significare un maggior controllo sulla impresa che svolge il servizio.
    Poi c’è il discorso delle cooperative, ma questo è un altro campo: quello dei servizi alla persona“.
    Qui c’è il problema delle gare al ribasso.
    E’ necessario rivedere il modo di formulare i bandi per i servizi alla persona e per i servizi sociali evitando due trappole: una è quella delle gare al massimo ribasso che si traducono in uno scadimento del servizi e/o in una compressione dei diritti dei lavoratori. La seconda è la durata dell’appalto: gli appalti brevissimi inibiscono ai soggetti che vincono la gara ogni possibilità di programmazione. Tutto ciò deve essere unito a una capacità di controllo delle prestazioni, il che richiede una competenza interna all’amministrazione comunale“.
    Hai una idea della disponibilità di soldi su cui puoi contare?
    “Si, ho una idea della disponibilità di soldi. I numeri – quelli che ho – sono che il Comune di Genova può avere realisticamente un monte spesa di 800 milioni di Euro, ma di questi la parte flessibile, non vincolata, ammonta soltanto – arrotondo – a circa105 milioni. Tutto il resto sono stipendi, e ammortamento mutui. Questa è la parte su cui si può fare politica di spesa.
    Questi 104 / 105 milioni potrebbero garantire per il 2012 un flusso di spesa simile a quello dell’anno scorso. Ma non è scontato arrivare a questa cifra, e quindi c’è un problema di reperimento di risorse. I tagli ai trasferimenti sono un dato oggettivo, c’è una banda di oscillazione possibile di 22/25 milioni di Euro che se non si recuperano significano proprio azzerare una serie di servizi: questo è il punto del bilancio 2012.
    Poi c’è un discorso di qualità della spesa, e una politica di regolazione: se si adotta un Puc piuttosto che un altro, o se si vincolano determinate aree, se si fanno bandi di un certo tipo per le cooperative.
    Quello che mi dispiace è che avrei preferito di gran lunga, e avrei trovato più giusto, che il bilancio 2012 fosse stato approvato dalla giunta in carica, perché approvarlo a fine giugno, entrando in carica a fine maggio, vuol dire sostanzialmente dover ratificare un lavoro degli uffici. E c’è l’impossibilità di fare operazioni, magari di recupero di risorse aggiuntive all’interno del comune, che richiederebbero più tempo.
    Il bilancio 2013 in teoria potrebbe essere un po’ diverso, a) se cambia il quadro normativo nazionale, e la politica dei trasferimenti. Ma su questo, chissà … b) perché magari nel giro di dodici mesi si potrebbero fare una serie di azioni, di riorganizzazioni all’interno del comune.
    Per converso potrebbero essere previste, purtroppo, delle emergenze – vedi Amt – che in qualche modo chiederebbero a Regione e Comune di tirare fuori risorse aggiuntive per evitarne il collasso. Questo è il primo pericolo grosso, assolutamente realistico“.
    La mancanza di lavoro per le persone giovani, la crisi dell’industria e del porto. Come intendi dare un contributo, nei limiti delle prerogative del comune?
    Secondo me l’amministrazione comunale deve utilizzare il suo ruolo e tutto il peso che può avere per difendere le imprese esistenti. Ci sono casi diversi. Rispetto all’ipotesi di vendita di Ansaldo Energia e Ansaldo STS c’è da considerare l’importanza di mantenere italiane delle imprese che sono un patrimonio comune di qualità dell’industria. Nel caso Ilva le sollecitazioni che ricevo sono di segno più contraddittorio, perché questa impresa, che io comunque da vecchio industrialista voglio cercare di difendere, ha un rapporto tra addetti e territorio assolutamente non ottimale, anche se è del tutto logico per una attività siderurgica, e c’è questo discorso che dal punto vista occupazionale non ha rispettato i patti sottoscritti a suo tempo. Poi se lo spazio fosse occupato da containers sarebbe peggio ancora … ”
    Vorresti ritoccare l’accordo di programma?
    No, dovrei discutere con l’impresa. Dovrei cercare di capire le diverse situazioni con tutte queste imprese e con i loro proprietari, capire come stanno le cose per fare tutto il possibile per dare un sostegno. Certo, per Ansaldo Energia, dovrei parlare non solo con l’amministratore delegato, ma con Finmeccanica e anche oltre, e non solo io come sindaco, ma insieme al presidente della Regione, per dire che la comunità genovese è unita nelle sue richieste al Governo.
    Poi l’altro aspetto è il tessuto delle piccole e medie imprese: l’esigenza è quella dell’efficienza, della velocità nel dare risposte. E magari immaginare – ma non voglio improvvisare – se è possibile per certi settori delle medie imprese creare dei fondi di garanzia, forme di sostegno al credito, ragionando con Banca Carige, e con l’assessorato alle attività produttive della Regione. Poi la politica urbanistica: vincolare delle aree ad attività produttive. Quindi, strumenti diversi per sostenere le Pmi. E per il turismo vincolare la tassa di soggiorno al circuito del turismo, e mantenere un’interlocuzione e un rapporto con gli operatori del settore turistico. Questo è quello che secondo me è ragionevole provare a fare“.
    Con la Vincenzi sindaco si era parlato della necessità di una cabina di regia.
    No, non mi appassiona proprio per niente. Invece quello che ritengo importante è che a livello istituzionale ci sia un’interlocuzione tra i soggetti pubblici che dovrebbero convergere nella loro azione per ottenere un certo scopo. Ad esempio, per la difesa dell’assetto idrogeologico del territorio, ci vuole un’interlocuzione con la Regione e con la Provincia, finché fa i Piani di bacino. Ci sono enti che hanno compiti più di programmazione, di inquadramento legislativo, tipo la Regione, e altri soggetti hanno compiti più di intervento. Non è che ognuno possa andare per conto proprio; qui sì, ci vuole una costante ricerca di interlocuzione tra tutti i soggetti pubblici che si occupano di una certa cosa“.
    Sogni una mostra a Palazzo Ducale: che titolo ha e cosa contiene?
    Non la sogno. Sogno che ce ne siano. E’ un compito della Fondazione Palazzo Ducale immaginare una politica di mostre. Io vedo Palazzo Ducale come un contenitore di iniziative diverse e di mostre diverse. Le ultime due che ho visto, quella di Uliano Lukas, e quella di Goldin su Van Gogh, erano completamente differenti come costi, come taglio, come oggetto, e secondo me stavano bene tutte e due nel contenitore Palazzo Ducale“.
    E una tua? Avrai una mostra nel cassetto!

    Non so … ma sarebbe una mostra proprio di nicchia … una mostra sulla storia della città nelle lotte del novecento …  ma no! Che noia … interessa solo a me“.

    Se dovessi scegliere, come evento, tra Notte Bianca e Genova città dei diritti cosa sceglieresti?
    Città dei diritti.
    Pensi che andrà avanti?
    Vorrei che andasse avanti. Da quello che mi è giunto, ma non ho avuto ancora il tempo di approfondire, ho l’impressione che per il 2012 c’era il rischio che tutto fosse congelato, che c’erano problemi di rapporti, perché la doveva seguire Nando della Chiesa, che era lasciato così un po’ da solo. Siamo già a fine maggio: essendo per me importante, una soluzione potrebbe essere far slittare i tempi all’autunno“.
    (Paola Pierantoni e Giovanna Profumo foto di Giovanna Profumo)