Festa Unità Nazionale. La schiarita Prodi nella maccaia genovese

Quando ero ragazzo la chiamavano “Settembrata”. La frequentavo in corso Italia, di nascosto e con senso di colpa, trasgredendo l’austero “stile della casa”. Poi è diventata “la festa de l’Unità”, ci andavo con moglie e figli. Mi sentivo come a casa. Mi piacevano dibattiti e stand, ero pieno di speranze. Ricordo Berlinguer su quel palco immenso della Foce, lui in alto, così piccolo ma così autorevole. Difficile dimenticarselo.


Oggi ritorno alla “FESTA UNITA’ NAZIONALE GENOVA”. Le solite facce negli stand, invecchiate. Mi par di avvertire meno entusiasmo. Io di pessimo umore per un rovello: Genova è stata, nel bene e nel male, quasi sempre anticipatrice di cambiamenti. Che stiano preparando il “compromesso storico n° 2”? Il dubbio mi viene pensando a certe “nomination” nate dalla carta stampata, da “meeting point”, da associazioni culturali che tali non sono, ma riflettono un modo di far politica e relazioni che non condivido. Queste malinconie si rafforzano leggendo certi inviti a personaggi che non apprezzo sul piano umano, ma rispetto solo in quanto rappresentanti delle istituzioni. Anche se vedrei volentieri altri al loro posto. Infine la recentissima candidatura del centro sinistra al collegio senatoriale mi lascia lievemente perplesso. Bisognava proprio tirar fuori il presidente degli industriali di una città in cui l’imprenditorialità non brilla? Il neo candidato è indubbiamente intelligente e valido. Migliore di molti altri. Ma mi infastidisce anche il ricordo di una sua frase da salotto: “Se Biasotti mi da ancora del comunista lo denuncio!”. Al di là delle tessere non può esservi nessuna vergogna per il proprio passato, soprattutto se stimolante, incisivo e vissuto con onestà.
Fortunatamente sentendo Prodi mi sono ricreduto e mi è tornato il buon umore. Intanto una platea da grandi occasioni, con applausi sentiti, partecipati e non a comando. Ancora più numerosa ed appassionata di quella registrata all’incontro con Cofferati-Sansa. E questo per una città dedita al mugugno ha il suo valore.
Poi molto apprezzata la serenità, la chiarezza, l’arguzia ed il buon senso con cui il leader rispondeva alle insidiose domande di Mauro. Mi ha colpito soprattutto una sua frase: “per battere Berlusconi bisogna non nominarlo”. Credo questo valga anche per i suoi collaboratori di cui sopra. Quindi, per ora, nessun compromesso storico numero due, almeno a livello nazionale… Meno male.
(Vittorio Flick)