Minori stranieri – Ma la polizia non vede le ragazzine-schiave?

Domenica 21 gennaio Il Secolo XIX riporta la notizia di una azione di polizia contro “la gang delle schiave romene”, una banda che importava ragazze minorenni dalla Romania e le faceva prostituire a Sampierdarena, tra Viale Canepa e Via Sampierdarena. L’articolista dice che l’indagine è partita dalle rivelazioni di una delle ragazze, che si era confidata con una prostituta italiana, e si era poi rivolta alla polizia. L’articolista sottolinea che “senza la collaborazione della ragazza non si sarebbe approdati a nulla”.


Ma perché, per incastrare la banda degli sfruttatori, deve essere necessario il disperato eroismo di una minorenne? L’esistenza di prostitute giovanissime in quella zona è evidente da moltissimo tempo: possibile che non si possano individuare gli sfruttatori, intercettarli, svolgere indagini che li inchiodino, senza attendere che l’iniziativa parta da chi è sfruttato, violentato, minacciato, ricattato, e si trova qui senza risorse di nessun tipo: minorenne, solo, straniero? E’ davvero questione di impossibilità, o piuttosto di volontà insufficiente, di mancanza di intenzione di indirizzare in una certa direzione tempo, risorse, intelligenze? In quella stessa direzione, tra l’altro, oltre agli sfruttatori romeni, si potrebbero incontrare, e sarebbe un atto di giustizia individuarli, anche i clienti italiani.
Alcuni anni fa Giuliano Amato, allora ministro del Tesoro, aveva detto parole chiare a proposito del caso di una prostituta quindicenne “richiestissima” dai clienti: “Dunque il cliente distingue, e questa è complicità nel reato di schiavitù. Perché questa gente non è in galera? E’ intollerabile che resti impunito colui che consente, attraverso la propria complicità, che il delitto si rinnovi ogni giorno”. Amato aveva anche aggiunto, era l’aprile del 2000, che serviva un intervento mirato: “Si mirano le operazioni sulla lotta antimafia, su quella anti-corruzione… Perché non si lavora con la stessa intensità in questo campo, come in quello della violenza che le donne subiscono in casa o sul lavoro?”.
Appunto.
(Paola Pierantoni)