Primarie – Cose dette e taciute all’incontro Vi.Za.Sa.

Da registrare ci sono i fischi e i buu che quasi a dibattito concluso una parte del pubblico dedica a Marta Vincenzi. Marta non ha resistito a rivendicare il suo ruolo guida qualora vincesse primarie ed elezioni a sindaco. “Visto? Lei è così… E’ una questione di carattere. Perchè lei, dentro di sè, non ascolta nessuno…”, “Il modo poi! Non è possibile!”, “Bastava che parlasse di sintesi, di ascolto, di unità della sinistra… con Sanguineti e Zara. Era andata bene!”, “E’ la sua vera anima…Che ci possiamo fare?”


A Palazzo Ducale sabato 20 gennaio i tre candidati della sinistra hanno parlato a lungo – interrotti da un gong – di liberalizzazioni, giovani, emigrazione, moschea, lavoro, proletariato, Renzo Piano, industria. Le differenze si coglievano a fatica.
Tutti e tre – più che un programma – hanno portato la loro storia e quella di chi li sostiene (per Marta di chi non la sostiene). Storie personali. Senza far nomi. Veniva da chiedersi perchè proprio loro? Veniva da domandare: chi vorreste nella vostra giunta? Perchè in una città – descritta da Maltese su Repubblica come roccaforte di poteri antichi – i cognomi, finalmente declamati a Palazzo Ducale, sarebbero stati una bella mappa dalla quale partire per l’elettore. Le differenze, impossibile coglierle, se non dici con chi farai squadra, a chi vorresti destinare il tal assessorato, la tal poltrona.
Primarie dell’istinto saranno queste per l’elettore di sinistra e primarie di appartenenza per chi questa coalizione la vive già come la più sgretolata, costretto a scegliere tra filosofia e pratica.
Marta Vincenzi poteva mentire. Invece è rotolata sulla sua storia, sottolineando le differenze che la distinguono dagli altri due. Un volo alto per una platea che prima di tutto chiedeva unità formale. Lei si è immusonita per i fischi. Nello sguardo arrabbiato si coglieva la sua solitudine nel partito e nelle giunte passate.
Fuori dalla sale di Maggior e Minor Consiglio, Giuliano Giuliani invitava a firmare per la Commissione d’inchiesta parlamentare sui fatti del G8. Nemmeno un richiamo al “banchetto” durante il dibattito.
“Tu firmi?” ha chiesto qualcuno all’uscita. “Non so nemmeno per cosa si firma…”
La politica del silenzio nella nostra città.
(Giulia Parodi)