Giochi-vacanze: conclusioni. Informazione non è cronaca dei balletti

Scriveteci cosa c’è che non va, e al ritorno dalle vacanze pubblicheremo le vostre lettere. E’ l’idea che, amici della Newsletter, avete lanciato all’inizio dell’estate. Buona idea: un piccolo gruppo di persone che si assume il compito civico di riflettere e far riflettere. Servirà?


La politica, quella ufficiale, non si confronta con le opinioni dei cittadini. Possiamo consolarci osservando come non vada meglio ai quotidiani locali, il Secolo e il Lavoro, organi di informazione più blasonati della vostra NL. A parte lo spazio, preponderante in questi giornali, concesso a questo o a quel dirigente politico o quella autorità dello stato, le notizie che pure vi compaiono vengono per lo più ignorate dai “politici”. Altra cosa se è il “politico” (importante o meno, non importa) a fare notizia. In questo caso i suoi colleghi “politici” si animano e, a volte, rispondono. Ma se si tratta di osservazioni del cronista o del semplice cittadino è difficile che vengano prese in considerazione.
Il cronista ha scritto che le strutture (abusive?) degli stabilimenti balneari di corso Italia impediscono di percorrere la battigia? Nessuna autorità del Demanio marittimo, della Capitaneria, del Comune ha ritenuto di dover rispondere. Vari cittadini hanno osservato in più occasioni che il comportamento delle forze (o forse) dell’ordine (poliziotti, finanzieri, carabinieri, vigili) che percorrono la città in servizio di ordine pubblico, stando seduti in macchina, fumando e telefonando con i propri cellulari, sia un comportamento incongruo per non dire supponente e aggressivo, ma anche omissivo? Osservazione ignorata; nessuna risposta. Se la stampa, anche la più ossequiente, lascia trapelare il disgusto dei cittadini o lo stupore del cronista, la parola d’ordine del potere è lasciar perdere, far finta che nulla sia stato detto. Poche ore e nessuno ricorderà più.
Se invece a parlare o a scrivere è un assessore, un consigliere, un membro di qualche partito o di una sua corrente – che non a caso ha scelto il giornale per assicurare uno spazio a proposte che diversamente non l’otterrebbero – allora è tutto un balletto di polemiche e precisazioni con la solita pace finale. Questa è la loro massima concessione: permettere al popolo di fare da spettatore ai loro chiacchiericci. Come nella discussione che, sotto forma di lettere al Lavoro, ha di recente coinvolto tre assessori comunali, in merito a “città educativa”, “vivibilità” e “traffico”. Frasi incomprensibili che hanno spinto i lettori a chiedersi perché mai queste persone (membri d’una stessa giunta) si parlassero attraverso le colonne d’un giornale. Se era per aiutare i cittadini a capire perché i parchi di Nervi – questa l’occasione del loro dibattito – sono ridotti in uno stato di penoso abbandono e perché bisognerà spendere milioni di € per rimetterli a posto, lo scopo è fallito. Quegli articoli parlavano d’altro e apparivano al lettore come una prepotenza; una colpevole privatizzazione di spazi che la stampa avrebbe fatto bene ad assicurare all’opinione pubblica.
Ci sono delle eccezioni? Sì, naturalmente. Se uno, per richiamare l’attenzione sul proprio problema, si dà fuoco e (dopo almeno un’agonia di tre giorni) muore, o se cade da una impalcatura (in tal caso però la caduta deve essere mortale o produrre almeno una paralisi permanente), o se muore soffocato tentando di entrare clandestinamente in Italia nascosto in un portabagagli, o se un centinaio di “neri” manifesta pacificamente gridando “pace e libertà” o se… Insomma se l’evento è tale da non poter essere ignorato allora il politico una qualcosina è costretto a dirla o almeno deve mostrare di essersene accorto. Come? Ad esempio mettendosi tutti in posa – come è successo il 25 agosto, giorno successivo alla protesta-corteo dei senegalesi – attorno ad una bambina senegalese convocata urgentemente per tagliare il nastro della festa dell’Unità, anzi FESTA-UNITA’-NAZIONALE, come recita esattamente o astutamente il logo. Conclusione: la politica è autoreferenziale, riponde solo a se stessa, ai suoi associati. Noi, voi, “la società civile” – e non “la gente” come ormai anche a sinistra si ama dire – facciamo bene ad insistere, a pubblicare le nostre Newsletter. E loro? Loro dovrebbero provare a migliorare almeno un po’. Buon lavoro.
(Manlio Calegari)