Libri – Storie di donne nel bene e nel male

C’è un modo per parlare di donne? Quali storie circolano? Cosa vorremmo si dicesse di noi?
Donne buone e donne cattive. Ecco cosa si può trovare in giro, e a fissarle questa settimana, bastano due libri. Uno di Nando dalla Chiesa, “Le ribelli” (Editore Melampo, 2006, 13 euro), l’altro di Vitaliano Trevisan “Il ponte. Un crollo” (Einaudi, 2007, 13 euro).


Sembrano non avere nulla in comune i due romanzi, se non fosse che entrambi raccontano di noi e di quel legame tutto familiare che intrecciamo nei nostri rapporti affettivi. Trasudano famiglia. L’uno mafiosa, l’altro della provincia vicentina. Famiglie assassine entrambe dalle quali non si può che fuggire o ribellarsi in quanto figli, o in quanto madri, sorelle di vittime della mafia.
Nel libro di Nando dalla Chiesa sei “scene” che inquadrano, come in un film, il crescendo di altrettante storie tragiche personali, nelle quali le donne diventano protagoniste – loro malgrado – nella lotta contro una mafia che uccide il loro cari e contro uno stato che le abbandona. Si tratta di donne sole, che hanno varcato la seconda metà del secolo scorso battendosi – anche al posto di chi ne aveva il compito – per la verità e la giustizia. Sarà anche la leggerezza del libro ad incantare il lettore, una fluidità di facce, una restituzione dei gesti, che isolano la Sicilia in un quadro completo. Sono le donne di cui vorremmo fosse pieno il mondo.
Più in là, Vitaliano Trevisan ne “Il ponte” racconta del potere distruttivo di una madre, del seme deviato che può abitare una famiglia. Scrive – in prima persona – dei suoi ricordi vicentini e dell’isolamento atroce che un bambino può vivere in una famiglia perfettamente omologata, finanziariamente appagata, con un padre che lavora per lasciare al figlio la sua avviatissima attività. E’ il tuffo nella follia dei ricordi, spietati anche nei confronti del paese Italia, di cui nulla si può salvare – a partire dai quotidiani – e che sembrano percorrere il libro su due livelli distinti per incontrarsi a tratti. La donna madre e le donne sorelle, alleate contro il personaggio lo accompagneranno sin dall’infanzia verso la malattia, di cui la lucida consapevolezza non serve al superamento del trauma. “Il ponte” è un libro in cui nulla viene salvato, perché tale è per l’autore il potere distruttivo di una madre di cui si ha paura.
Si consiglia la lettura di entrambi i testi alle donne che fanno politica o che desiderano farla, per l’opportuna riflessione sul “valore aggiunto femminile” e su quella affettività negata di cui talvolta siamo le migliori rappresentanti.
(Giulia Parodi)