Sicurezza – Un’informazione da far paura

“Sebbene per il momento in città io non veda emergenze vere sulle problematiche legate agli extracomunitari perché siamo sul fisiologico, sento una percezione di insicurezza che non va trascurata” (questore Salvatore Presenti, Repubblica-Lavoro, 27 luglio). Passata l’estate, dopo una riunione del “Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza”, Marco Preve registra le dichiarazioni del prefetto Giuseppe Romano (“L’andamento della criminalità a Genova è in decisa flessione. E questo vale per tutti reati tranne uno: i furti”). Preve osserva che “nonostante nella graduatoria dei reati sia in posizione medio basse, Genova vive periodicamente delle emergenze, più sociali che criminali” e si chiede il perché della continua mobilitazione e di “tavoli” e “patti” per la sicurezza. Perché, dice Marta Vincenzi, “in alcuni quartieri la vivibilità è drasticamente peggiorata e crescono il disagio e il senso di insicurezza dei cittadini” (Repubblica, 11 ottobre).


Domanda: se la presenza di lavavetri, graffitari, venditori abusivi, mendicanti, vagabondi, prostitute, immigranti contribuisce al “senso di insicurezza” dei cittadini, per quanto vi concorrono i media, i giornali? Per restare in ambito cittadino, quanto hanno contribuito al “senso di insicurezza” i giornali che in questi ultimi mesi si sono contraddistinti nel riversare, quasi senza soluzione di continuità, titoli cubitali (“Notte di paura”, “E’ emergenza”, “Allarme sicurezza”, per citarne solo alcuni) e notizie sempre più allarmanti? Ma forse i media non fanno che amplificare quello che avviene in modo bipartisan nell’ambito della politica dove la sicurezza viene sempre più intesa solo come problema di ordine pubblico.
E’ significativo a questo proposito il disegno di legge predisposto dal ministro Amato e voluto dal sindaco di Bologna Sergio Cofferati e dal sindaco di Firenze Leonardo Domenici che sarà portato alla discussione del Consiglio dei Ministri il prossimo 23 ottobre. Il “pacchetto sicurezza” (così si chiama) prevede tra le altre cose, l’ampliamento dei poteri ai sindaci, che diventavano di fatto anche “ufficiali del governo”, la tolleranza zero contro degrado e manifestazioni, il rafforzamento della custodia cautelare per tutti i reati di cosiddetto “allarme sociale” (furto, scippo, rapina), di fatto equiparati ai reati di mafia o di terrorismo e l’allargamento ai prefetti del potere di espulsione dei cittadini comunitari per motivi di “ordine pubblico”.
Il “pacchetto sicurezza” è fortemente contrastato da sinistra, che ha avanzato dubbi di costituzionalità (Liberazione, 14 ottobre), e da gran parte delle associazioni di volontariato impegnate nel sostegno delle persone in difficoltà, in parte anche italiani. E’ passata quasi in silenzio l’iniziativa di una decina di queste (tra le quali, Arci, Cantieri Sociali, Gruppo Abele) che hanno chiesto un incontro urgente con il governo perché temono che il pacchetto “non solo non risolva ma, nei fatti, alimenti i fenomeni e gli spazi di illegalità”. Più che a politiche di repressione e di “allontanamento degli indesiderati”, chiedono le organizzazioni, il governo deve lavorare per “la realizzazione di azioni positive a tutela delle fasce marginali” (L’Unità, 12 ottobre). Chiedono, infine, “che nei territori vengano attivati tavoli di concertazione per la costruzione della sicurezza sociale in forma partecipata e concordata (testo integrale della lettera: http://www.fiopsd.org/?q=node/106). Finora non sembra abbiano avuto risposta.
(Oscar Itzcovich)