Quarto potere 4. La donna fa notizia ma non fa il giornale

Il 23 Aprile nel convegno “Quando la donna fa notizia” organizzato dalla CGIL sul rapporto tra donne e informazione, Tiziana Cresci, responsabile del Coordinamento Donne CGIL, ha posto queste domande: esiste un approccio femminile all’informazione? La condizione professionale delle donne giornaliste si differenzia da quella degli uomini?


Che informazioni ci vengono date attraverso la stampa e la televisione? Il giro degli interventi ha espresso pensieri e osservazioni secondo me importanti. Provo a sintetizzarli per voi.
Anna Giacobbe, segretaria generale della CGIL Liguria: i diritti del lavoro e i diritti di cittadinanza e della persona avanzano e regrediscono insieme, sono legati da un nesso inscindibile che per le donne è ancora più forte. Non ci si può occupare del lavoro e trascurare la cultura dei diritti, della legalità, dell’informazione.
Giuliano Carlini, docente universitario: occupiamoci piuttosto di quando la donna “non fa” notizia. Nella mia attività di ricerca vedo che vi sono tanto meno ricerche quanto più ci avviciniamo ai luoghi e ai periodi concreti del conflitto di genere, e che la spinta forte oggi è all’omologazione, anche tra le donne.
Marcello Zinola, giornalista: quella dei giornalisti sta diventando una corporazione dove vi è scarsa considerazione verso le donne, pochissime tra loro le grandi firme. La maggioranza delle colleghe, entrata negli anni 90′, ha un rapporto di collaborazione ed è mal pagata. In questa situazione si accende una forte competizione tra le donne. Durante il G8 operavano tantissime piccole testate e il 50% degli operatorie dei giornalisti erano donne… La precarizzazione sempre più spinta nella professione giornalistica non solo aumenta lo sfruttamento, ma espone al rischio di doversi prostituire e incide anche sulla sostanza della notizia: si offre sempre meno il racconto dei fatti perché sempre meno si va sui luoghi, ci si serve sempre più di service esterni. In giro, alle conferenze stampa, vedrete sempre più giovani donne precarie.
Donatella Alfonso, giornalista: esiste un modo al femminile di fare informazione? In genere noi donne siamo particolarmente apprezzate dalle fonti, perché siamo più corrette, meno strumentali. Quindi veniamo molto utilizzate come croniste, e mentre noi siamo in giro a raccogliere notizie, gli uomini sono in redazione a decidere come fare il giornale. Noi donne giornaliste inoltre viviamo il conflitto tra le esigenze della professione e quelle della famiglia. In TV vi è poi la questione della bellezza.
M.Maduoni, segretaria nazionale CGIL: in Italia viviamo ormai un problema di democrazia. Se l’informazione è concepita solo come mezzo per la formazione del consenso, come è vissuta da chi ci lavora? L’informazione dovrebbe avere invece la capacità di favorire la coscienza critica, di farci vedere l’altro lato delle cose: le donne hanno maggiore potenzialità di sviluppare questa coscienza critica perché hanno meno storie di potere alle spalle. Sono state le donne del resto a stabilire il nesso tra diritti di cittadinanza e del lavoro, ma ora manca un pensiero collettivo femminile. Certo, abbiamo improntato di noi tanta parte del mondo, ma questo pensiero collettivo ora manca.
(Paola Pierantoni)