Ilva – A Taranto e a Genova Riva fa come vuole

Tamburi di Taranto è il quartiere più inquinato d’Italia, ma come scrive l’edizione locale di Bari di Repubblica il 4 giugno, altri veleni stanno inquinando il clima istituzionale pugliese. “Il difficile rapporto tra enti locali e aziende” si manifesta, in particolare, con quella “più invasiva di tutte in tutti i sensi: l’Ilva”. La lunga storia di conflitti con l’Ilva (anche sul fronte della sicurezza: due operai morti nell’ultimo anno, Domenico Occhinegro e Gjoni Arjan) ha recentemente subito una brusca accelerazione.


Un ricorso presentato al Tar di Lecce da “Taranto futura” (coordinamento di associazioni ambientaliste) per annullare l’accordo anti-inquinamento firmato l’11 aprile scorso tra ministero dell’Ambiente, Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto e tutte le grande aziende operanti nell’area (Ilva inclusa) è stato all’origine dell’ultimo scontro tra Regione e Ilva.
Il 28 maggio, “alla vigilia della scadenza fissata dall’accordo entro la quale le aziende dovevano consegnare il piano di interventi per ridurre le proprie emissioni”, l’Ilva manda una lettera al ministero dell’Ambiente e all’assessorato all’Ecologia della Regione Puglia annunciando unilateralmente l’autosospensione (“momentanea”) dell’invio del programma di interventi in attesa della delibera del Tar. L’autosospensione è stata subito da tutti interpretata come un ricatto. «Se non ci diranno quando e come verranno ridotte le emissioni di diossina, daremo parere negativo all´Autorizzazione integrata ambientale (Aia), necessaria per proseguire l’attività» attacca l’assessore regionale all’Ecologia, Michele Losappio. Interviene anche il presidente della Puglia Nichi Vendola con una dura lettera inviata a Riva: “In questi mesi la Regione ha provato a camminare, insieme al sistema d’impresa, costruendo equilibri difficili ma indispensabili fra ambiente e sviluppo, fra occupaz ione e salute. Ma per far questo […] occorre che l’Ilva non giochi su tavoli diversi e capisca che non c’è più tempo da perdere”.
La storia palese dello scontro finisce il 5 giugno, quando il Tar di Lecce respinge la richiesta di sospensiva dell’associazione “Taranto Futura”. Restano gli strascichi. Per Losappio l’autosospensione dell’Ilva rimane “inspiegabile”, ma fa aleggiare il sospetto di un pretesto, di un segnale, che Riva da Taranto, per la serie “qui comando solo io”, ha voluto inviare ai nuovi interlocutori a livello nazionale.
A Genova, al momento della verifica dell’Accordo di programma e del Piano industriale dell’Ilva, Riva ha chiesto la proroga della cassa integrazione per 600 lavoratori, ha licenziato sette apprendisti (poi riassunti), ha denunciato 27 sindacalisti per i recenti scioperi e ha accusato gli enti locali di ritardi e contenziosi pretestuosi, inviando un segnale simile e altrettanto eloquente di quello di Taranto. Qualche settimana fa (La Stampa 26 aprile), il segretario della Fiom genovese commentava, evidentemente a nome di tutta la controparte, “Ai suoi metodi siamo abituati”. Il fatto è che, abituati o no, Riva continua a fare il bello e il cattivo tempo.
(Oscar Itzcovich)