Costituzione – “Senza uguaglianza la democrazia è un regime”

Non necessariamente un regime “fascista” o “dispotico” che sono aggettivi che spesso si accompagnano alla parola regime. Ma pur sempre un “regime”, cioè un sistema che affossa la democrazia. La tesi di Gustavo Zagrebelsky su Repubblica di 26 novembre 2008 è che oggi in Italia ci sono molti segni dell’affermarsi di un regime. Deviazioni e illegalità giudicate accidentali o momentanee, e per questo quotidianamente sottovalutate (o, peggio, condivise, magari con la riserva che si tratti di fatti temporanei), costituiscono l’accumulo progressivo – “che prima o poi farà massa”- dei materiali del nuovo regime che sta prendendo corpo nel nostro paese. Quando tutti potranno vedere chiaramente di quale regime si tratti, allora, scrive Z., “sarà troppo tardi”.


Zagrebelsky è stato membro della Corte Costituzionale sino al 2004 ed è considerato un giurista tra i più prestigiosi. A volte scrive su Repubblica e capita che, ad una prima lettura, i suoi articoli appaiano difficili. Eppure il loro linguaggio è semplice e l’impianto logico rigoroso e accessibile. Da dove nasce allora il senso di difficoltà che si prova affrontando la lettura ad esempio dell’articolo citato? Forse dal fatto che il suo autore costringe ad osservare e a mettere assieme materiali che di solito consideriamo separatamente. E così ci invita a trarre conclusioni politiche generali là dove siamo abituati a trarne solo di parziali. E, trattandosi di conclusioni generali inquietanti, e siccome nessuno gioisce di un simile stato d’animo, preferiamo non capire.
L’articolo citato di inquietudine ne produce molta. Qui se ne richiama solo il filo conduttore. L’Italia, la Repubblica, quella della Costituzione del ’48, sta cambiando. Proprio a cominciare dalla sua Costituzione. Prima o poi i fautori della rottura costituzionale daranno l’inizio ai giochi sul terreno che da tempo vanno battendo; un gioco facile perché di fronte, a contrastarli, hanno solo ignavi.
Al centro dello scontro c’è la questione che più di ogni altra qualifica e distingue i regimi politici: l’uguaglianza, valore politico oggi disconosciuto e spesso deriso, a destra come a sinistra. Senza uguaglianza la libertà è solo garanzia di prepotenza dei forti e i diritti diventano privilegi di chi sta in alto che – è esperienza quotidiana – quando la legge è d’ostacolo, la piegano a loro vantaggio o la cambiano. Senza uguaglianza a vincere è la società stratificata – dove solo la nascita determina il destino di ognuno – organizzata attorno ad una oligarchia partitica allergica ad ogni forma di controllo (legge elettorale!). Per tutti gli altri, specialmente per gli invisibili, i clandestini, non ci sono diritti e quindi non c’è legge.
Il disconoscimento del valore dell’eguaglianza è la strada maestra del regime che verrà. Pensare di contrastare le tante ingiustizie e le tante forzature istituzionali senza affrontare questa che è la causa prima significa girare a vuoto e farsene complici.
L’articolo di Z. meriterebbe una lettura e una discussione pubblica per l’importanza del problema posto e per la lucidità con cui permette di attribuire un significato a quanto quotidianamente ci affligge. Sarebbe bello se qualcuno in città si facesse promotore di un invito e di un dibattito.
(Manlio Calegari)