Trailers – Quando il pubblico vuole ridere

Disorientata dalla totale incongruenza del film “Home” di Ursula Meier con quel che ricordavo del suo trailer visto qualche sera prima in una sala cinematografica, sono andata a rivedermelo su You Tube: non mi ero sbagliata. Le sequenze proposte dal trailer sono tutte buffe ed allegre, situazioni un po’ surreali di una famigliola che affronta scherzando con filosofia le complicazioni e i disagi del vivere in una casa confinante con una trafficatissima autostrada. I titoli di critica che intervallano le immagini ne confermano il carattere di commedia leggera e spensierata: “geniale”, “da non perdere”, “90 minuti di puro divertimento”.


Il film invece è drammatico, angosciante, pessimista. La famigliola che ne è protagonista si è costruita con fatica e sacrifici una casa nella aperta campagna, ma il giardino è adiacente ad un tracciato di autostrada dimenticato. Il rischio che prima o poi venga aperto è totalmente rimosso dalla madre, e la vita scorre in apparente letizia e armonia, anche se alcuni tratti di disagio già traspaiono nei comportamenti dei genitori e dei tre figli: un bambino sugli otto anni, una ragazzina adolescente, ed una ventenne. Quando l’autostrada alla fine viene aperta e tutti vengono gettati nell’inferno del rumore e del traffico, la famiglia va in pezzi, e precipita gradualmente in una follia di gruppo da cui si sottrae, grazie alla sua totale anaffettività, solo la figlia più grande.
E il pubblico? In perfetta sintonia con la negazione della realtà che è al fondo del dramma rappresentato dal film, un gruppo di giovani spettatori, si aggrappa ostinatamente alla falsa promessa di svago e letizia del trailer, e continua a ridere anche quando la situazione sullo schermo precipita in patologie da brivido.
(Paola Pierantoni)