Boccadasse – Ma perché non pensarci prima?

Una piazza verde al posto delle torri dell’architetto Botta e un edificio ad “U” e gradoni. Queste le proposte del Comune nell’Assemblea conclusiva del percorso di Città Partecipata per la riqualificazione dell’autorimessa di Boccadasse, tenutasi lunedì 6 aprile presso la sala parrocchiale: via, con i porticati, i centri commerciali, la palestra e le ipotesi di trasferimento della Polizia Municipale e della scuola elementare Don Milani: 3500 metri quadrati di verde e le torri sparite come a scacco matto. Dopo l’esposizione degli Uffici Tecnici del Comune e del Direttore di Urban Lab è scoppiato un grande applauso: soddisfatti residenti, tecnici, assessore, municipio. Breve dibattito, in sostanza un generale consenso, pare. Anche Legambiente non ha avuto nulla da ridire ed ha apprezzato.


Quando in pochi si è rimasti e si commentava qua e là più d’uno si chiedeva: “Ma perchè non l’hanno proposto prima? Non avremmo neppure fatto il Comitato!”
Già, perché? Perché smontare, come gli ingegneri del Comune hanno fatto in quella sede, pezzo per pezzo, il progetto dell’archistar? Secondo loro non rispondeva ai criteri approvati per il futuro PUC, ed elaborati da Urban Lab: in primis non era dimensionalmente omogeneo con il contesto e soprattutto il “verde” non era un vero spazio pubblico, cioè non era fruibile appieno dal quartiere. Ma lo si poteva verificare prima tutto questo. Prima di scatenare quel feroce dissenso culminato con la presentazione pubblica al Conservatorio, trasformatasi una fastidiosa assemblea condominiale. Dove una brutta figura l’ha fatta l’architetto svizzero, che era parso non avesse neppure visitato il luogo del contendere, nonostante la sua idea di richiamare le vecchie “mura” e Porta Soprana. Non da meno però gli amministratori nel difendere il progetto a tutti i costi, benché le motivazioni della Sindaco sulla scelta di una grande firma fossero più che comprensibili: un’eredità, un progetto ineludibile, facciamolo almeno un po’ speciale, che lasci un segno. Già, un botto, che botta, come dicono quelli di Sarzana, dove la torre di 68 metri è stata invece approvata dal Consiglio comunale. Questione di skyline e di mentalità.
Una domanda però si pone anche a chi faticosamente ha provato a difendere l’architetto e l’operato del Comune: perché i cittadini devono per forza trasformarsi in Comitato per esporre le loro ragioni? Meglio sarebbe verificare prima tramite Istituzioni, associazioni, Civ o quant’altro esiste sul territorio. Quando soprattutto, come in questo caso, non ci si oppone con una “opzione zero”, ma si è sempre riconosciuto il diritto altrui a procedere poiché di un progetto privato si trattava. Quindi, onore al percorso pubblico di Città Partecipata, apprezzato e comunque migliorabile, all’aver riconosciuto legittime le obiezioni presentate dai residenti. Ma perché farci del male, ridicolizzare un’amministrazione che della democrazia ne fa giustamente un vanto? Pensiamoci, visto che altre prove ci attendono, in particolare nel Levante, dal Carlini, a Villa Gentile, agli spazi che in futuro saranno lasciati liberi da Ingegneria, alla riqualificazione del Lido: Gronda doc et e a Carignano si sono già attrezzati.
(Bianca Vergati)