Informazione – L’anoressia spiegata ai media

Attraverso la prima pagina dei quotidiani online ci si imbatte ormai con frequenza nell’incubo anoressia gridato dalle braccia troppo esili della Paris Hilton di turno o nel dimagrimento malsano-miracoloso di Lindsay Lohan dovuto al cibo-spazzatura. Non c’è scampo neanche dal sito della propria web mail, prima ancora di raggiungere la casella di posta elettronica si è rassicurati che Katie Holmes, la moglie di Tom Cruise, è dimagrita sì molto, ma a causa dello stress lavorativo.
Gli allarmi lanciati nella rete sono solitamente corredati da nutriti album di fotografie, sulle quali gli occhi anoressico/bulemici indugiano con desiderio ed attenzione.


È importante sensibilizzare attraverso l’esempio, coinvolgendo persone che hanno superato o imparato a convivere con la malattia, ma è essenziale comprendere che le immagini di corpi fragili dalle linee cubiste contribuiscono a sviluppare una mitologia agli occhi del malato.
L’informazione dovrebbe sapere che i disturbi alimentari si accompagnano ad un disturbo di immagine, inteso come falsata percezione di se stessi. Chi è affetto da anoressia o bulimia è incapace di vedersi e realizzare le dimensioni del proprio corpo, al contrario, si sente sempre fuori forma e con una taglia in più. Alla personale inadeguatezza risponde la perfezione delle foto, che siano di una testimonial della campagna contro l’anoressia di 35 kg di peso o di una sana modella con la quarta di reggiseno.
La restrizione assoluta di un anoressico e la fame smisurata seguita dal colpevole rigurgito di un bulimico non sono motivate dalla copertina di Vogue. Le fotografie sono una semplice manifestazione della perfezione a cui una persona sofferente anela.
La maniacale attenzione che l’anoressico rivolge al proprio peso è motivata dalla necessità di una approvazione assoluta, che soddisfi un’incolmabile mancanza di stima in se stessi e nelle proprie capacità. Per assurdo, soffrono spesso di queste patologie quelle persone alle quali non è stato necessario “chiedere mai”, perché sempre responsabili e determinate sul lavoro, servizievoli in famiglia, brillanti a scuola.
L’obbiettivo, l’infallibilità dei sentimenti e l’eterna accettazione, viene raggiunto mantenendo il proprio peso sottocontrollo, verificando il menù composto da mele golden e gallette di riso al grammo ed irrorando il tutto di iperattività su tutti i fronti. Quest’ultima si lega spesso nel caso delle donna al ribaltamento del ruolo femminile nella società, non più solo madre e casalinga, ma anche donna d’affari, sportiva e con una vita sociale attiva. L’attenzione esasperata al cibo pone dei limiti insormontabili ad una sana socialità e condivisione della quotidianità con gli altri, il moto perpetuo si dissolve in una serie di compiti da svolgere in modo rigoroso e distante dagli altri. Al danno la beffa, una informazione infarcita di fitness, successi e spadellamenti in cucina.
Probabilmente per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla realtà dei disturbi alimentari sembrano sufficienti questi articoli usa e getta. In realtà si rischia di banalizzare la complessità di questi problemi, allontanando i possibili interlocutori.
Non è ingrassando le modelle che si sfonda il muro del corpo dietro il quale gli anoressici/bulemici si sono barricati. L’invisibilità dell’effetto non elimina la causa, solo attraverso la sua comprensione, di cui un’informazione responsabile si dovrebbe far portavoce, si può fare un passo avanti verso la risoluzione di questi disagi.
(M. Alisia Poggio)