Ist 1. Il dopo Luzzatto senza più ricerca?

Il 17 maggio, in un’aula della facoltà di Scienze, si è svolto un dibattito pubblico sui rapporti tra università ed enti di ricerca. Il caso IST è ritornato continuamente in ballo, nè poteva essere altrimenti.


Ormai non ci s’interroga più sul se la ricerca all’IST stia morendo, ma sul perchè abbiano deciso di farla morire (non ci s’interroga sul chi lo abbia deciso, perchè gli attori, a Roma e in Liguria, sono noti). Sono stati proposti nel corso del dibattito alcuni scenari verosimili e l’ipotesi che da qualche tempo si ripresenta insistentemente è quella che si voglia concentrare la ricerca oncologica in Lombardia e trasformare l’IST in un centro dedicato essenzialmente all’assistenza.
La recente notizia che alla direzione scientifica andrà un clinico (un bravo clinico, va detto), laddove c’era uno scienziato di fama, con contatti internazionali eccellenti e con invidiabili e collaudate capacità scientifiche e gestionali, va in questa direzione. Ma allora, se esiste una pianificazione su chi e dove nel Nord-Ovest debba svolgere la ricerca sul cancro, perchè i nostri amministratori non ce lo dicono esplicitamente? E comunque, anche se non è una questione di competizione regionale e le motivazioni sono altre, perchè tanti misteri? Perchè usare metodi subdoli per riconvertire un istituto? Perchè far morire la ricerca di morte lenta?
Molti anni fa, quando lavoravo a Parigi, un istituto del CNRS fu chiuso per decisione governativa. Ebbene, tutti furono messi a conoscenza di tutto: dal grande pubblico ai ricercatori che in quell’istituto lavoravano e ai quali venne assicurato un futuro altrove. Già, i Francesi sono sempre stati dei grandi programmatori.
Ma ho lasciato delle domande in attesa di risposta. Per me i casi sono due: o a Genova si sta facendo una buona operazione, ma si ritiene che il pubblico non sia maturo per capirla, o si tratta di una cattiva operazione; in ambedue i casi è bene (?) stare zitti.
(Angelo Abbondandolo)