Tragico rogo. Imputato in tribunale non solo il Comune

Tra breve, il prossimo 30 Marzo, approderà al Tribunale Civile di Genova un episodio doloroso avvenuto ormai tre anni fa. Si tratta del processo in cui viene richiesto un risarcimento, per comportamento colposo del Comune, per la morte di un ragazzino rumeno di 14 anni nell’incendio della roulotte dove viveva con i genitori, all’interno dell’area “Ex squadra Rialto FS”, di proprietà AMIU.


Per chi non la ricordi la storia è la seguente. Un gruppo di immigrati di origine rumena si era accampato in città a partire dal 1996. Il loro stato, destino, posizione giuridica fu oggetto di un tira e molla durato anni: proteste della popolazione, minacce di espulsione, rifiuto della questura di concedere i permessi di soggiorno, prese di posizione, interventi di solidarietà e tentativi di pressione per risolvere il problema da parte di qualche associazione.
Si arriva in questo modo al 6 Marzo del 2001. Il Comune sequestra l’area “Ex Miralanza” dove alla fine si erano accampati i rumeni, e ne dispone il trasferimento in un’area di proprietà AMIU, situata in Via Campi. Esattamente un anno dopo, il 15 Marzo 2002, la tragedia: Bujor Bruzli, figlio quattordicenne della famiglia Sau, muore bruciato nell’incendio della baracca dove dormiva. Causa presumibile: candele usate per l’illuminazione o stufetta alimentata con GPL.
La famiglia Sau ricorre in giudizio imputando al Comune la responsabilità dell’accaduto per la totale assenza di allacci per l’energia elettrica e per il gas: giocoforza quindi servirsi di sistemi pericolosi per illuminare e riscaldarsi. Mancanza inoltre di qualsiasi presidio antincendio. Nell’Ottobre 2001 il responsabile del Distretto sociale Centro Ovest aveva in effetti segnalato una situazione di “gravissimo rischio”: “manca la corrente elettrica e tutti i nuclei utilizzano candele, che tenendo conto della presenza di bombole e di diverse paratie in legno … potrebbero essere causa di incendio”
Il Comune si difende imputando ai rumeni una negligenza colpevole: hanno ignorato ogni norma di sicurezza e non hanno rispettato le indicazioni dei tecnici comunali e della ASL (non usare bombole pericolose in baracche di legno). Dotare il campo degli allacci alla energia elettrica e al gas, avrebbe del resto comportato una spesa incompatibile con la temporaneità (?) della collocazione dei rumeni nell’area e avrebbe richiesto un tempo a sua volta incompatibile con l’urgenza dell’interevento.
Il tribunale deciderà sugli aspetti civili e penali della vicenda.
Nel frattempo la questura ha negato, in quanto disoccupato, il permesso di soggiorno al padre del ragazzo morto, gravemente malato per le conseguenze di una emorragia cerebrale e per le gravi ustioni riportate tentando di salvare il figlio dall’incendio.
Difficile non provare un sentimento di colpa e di vergogna. Collettivo.
Gli Amministratori saranno infatti chiamati a rispondere, qualunque ne sia l’esito, di fronte ad un tribunale. Ma saranno mai chiamati a rispondere tutti coloro che contribuiscono attivamente a costruire una cultura comune, che rende così impolitico ed elettoralmente pericoloso occuparsi a dovere di nomadi e rumeni?
Preoccuparsi di questo potrebbe essere una buona idea per un programma politico di centro sinistra.
(Paola Pierantoni)